Commento al Vangelo del 17 febbraio 2015 – don Antonello Iapicca

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Sulla barca per discernere

“Comprendiamo” quello che sta accadendo? Le immagini di queste ore non possono lasciarci insensibili. I ventuno copti sgozzati in Libia dai miliziani dello Stato Islamico “dicevano solamente ‘Gesù aiutami’. Il sangue dei nostri fratelli cristiani è una testimonianza che grida” (Papa Francesco). Il mare solcato dalla barca di Gesù si tinge dunque di rosso, e noi? Ci giunge oggi il grido dei fratelli che hanno offerto la vita per amore a Lui? Riesce a scartavetrare le pareti del cuore levigate come il marmo di una tomba? La loro testimonianza ci interroga oppure siamo indifferenti, sedotti dal mondo e dai crampi della fame? Forse cominciamo a sentire un po’ di paura per il pericolo così vicino, ma è cosa molto superficiale, vero? Ti infilerai in macchina o sulla metro e via, dentro un’altra giornata nella quale, come i discepoli saliti sulla barca con Gesù, “discuteremo perché non abbiamo pane”. Mettiamola come vogliamo, dipingiamola con i colori più romantici che abbiamo, ma l’unico problema che ci assilla davvero è “il pane”. Sono anni che non si parla d’altro: crescita, consumi, stipendi, pensioni. E’ una vita che noi non parliamo d’altro. Per questo ci infiliamo nell’indifferenza come in un’armatura, illudendoci di poterci difendere dal grido dei martiri che si impone dinanzi a noi come un segno di contraddizione della nostra vita. Il loro sangue, infatti, disinfetta la realtà strappando la coltre d’ipocrisia con cui l’abbiamo avvolta. E’ inutile, non potremo fuggire in eterno dalla verità che si cela negli eventi che ci attendono ogni giorno. Anche oggi, che in virtù della testimonianza dei nostri fratelli può essere finalmente diverso dai troppi ieri incartati nell’inautenticità. E’ vero, anche noi come i discepoli “abbiamo dimenticato” di prendere i pani che Gesù ha moltiplicato; abbiamo cioè “trascurato” (secondo l’originale greco) i segni del suo amore nella nostra vita. Quando siamo stati amati, perdonati, curati e rigenerati “quante ceste colme di pezzi abbiamo portato via?”. Tante, e nella sua sovrabbondanza siamo diventati sacerdoti, suore, mariti, mogli, e padri e madri. Quante volte il Signore ha moltiplicato il nostro piccolissimo desiderio di perdonare marito o moglie spingendoci ad umiliarci, e ha così risuscitato un matrimonio ormai spacciato… “Non vi ricordate quando” vi ho salvati da adulteri, furti, divisioni, peccati spesso gravi, traendo dalle situazioni più difficili e di peccato un’abbondanza di vita impensabile? Sì, lo ricordiamo, eppure il nostro cuore è ancora preoccupato per il pane, perché è una massa “indurita” infettato dal “lievito dei farisei e da quello di Erode”. Siamo fermentati dallo stesso lievito che cortocircuita purezza religiosa e avidità della carne, preghiere e potere, sacrifici e prestigio, digiuni e successo. Siamo schiavi del sogno di una vita diversa che si nutre dell’idolatria perché abbiamo creduto al demonio che ci ha travestiti da dio. E così ci siamo allontanati dalla realtà che nega il carnevale nel quale riduciamo la nostra vita. Per questo, nonostante le esperienze dell’amore di Dio, siamo “ciechi” e “sordi”, e “ancora non comprendiamo” chi Egli sia e come agisca nella storia. Ma coraggio, sulla barca che è immagine della Chiesa, basta “un solo pane”, Cristo, l’unico necessario! Possiamo salirvi così come siamo, con il lievito ancora nel cuore, perché in essa vi è Lui, che ha il potere di farci “azzimi” per compiere nella Pasqua la nostra vita. Nella Chiesa, infatti, il Signore ci accoglie nel suo perdono che ci “purifica” sino in fondo, per affrontare con Lui la traversata che è immagine del cammino verso una fede adulta capace di “stare attenta e guardarsi” dal lievito del demonio. Solo essa ci dona il discernimento con cui “comprendere” gli eventi della nostra storia per riconoscere nel sangue dei nostri fratelli la chiamata del Signore ad offrire, in ogni circostanza, la nostra vita per testimoniare il suo amore. Nella certezza che il messaggio insanguinato dei fondamentalisti è l’ennesimo segno con cui Dio chiama i suoi figli a salire sulla Croce uniti a suo Figlio e amare. Anche loro.

Fonte

Lc 9,28-36
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Don Antonello Iapicca
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