Commento al Vangelo del 17 aprile 2011 – don Mauro Pozzi

Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.

SACRIFICIO REGALE

Gesù sa perfettamente a quale fine si sta avvicinando, ma non vi si sottrae, anzi gli va incontro decisamente: non ci può essere resurrezione senza la morte. Il tradimento di Giuda è imminente e non cerca di evitarlo perché bisogna morire al mondo per entrare nel Regno. Il Maestro non ha paura e ci dà l’esempio. La sua passione è straziante, viene umiliato, oltraggiato, coronato di spine, flagellato, cioè ferito scientificamente in ogni parte del corpo, trascinato sotto il peso del suo stesso patibolo e infine lasciato soffocare inchiodato a un legno. Pensate al dolore di sua Madre, della Maddalena e di chi lo amava, nel vederlo morire così, goccia a goccia, sotto i loro occhi. Uno strazio infinito. Avrebbero voluto sollevarlo in qualche modo, ma non si poteva. Gesù ha voluto sopportare que- sto enorme peso da solo, a immagine del peso del nostro peccato che Lui porta sulla croce per farlo morire con sé. C’è un episodio narrato nel libro dei Numeri (cap. 21), che aiuta a capire. Gli ebrei si lamentavano del viaggio nel deserto e del cibo leggero, la manna, e furono assaliti da dei serpenti velenosi che li mordevano uccidendoli. Per fermare il castigo Dio dice a Mosè di fabbricare un serpente di bronzo e metterlo su un palo, chiunque fosse stato morso e avesse guardato il serpente sul palo si sarebbe salvato. Questi serpenti sono il simbolo del peccato che distrugge e uccide, ma sul palo della salvezza non c’è un fiore o un sole o il simbolo della salute, ma ancora un serpente. Gesù è come quel serpente, si fa peccato, assume le sembianze di quel peccato, perché noi possiamo vol- gere lo sguardo a colui che hanno trafitto ed essere salvati. La sua passione e morte diventano un dono per tutti, un’offerta al Padre per la salvezza di ogni uomo. Quando il Maestro dice: rinnega te stesso, prendi la tua croce e seguimi, ci invita a partecipare alla sua passione. Ciò non significa che ci dobbiamo far crocifiggere o che dobbiamo cercare delle sofferenze speciali, ma che possiamo trasformare ogni piccolo o grande dolore della nostra vita in un’offerta al Padre come ha fatto Lui. Questo ci permette di vivere ogni sofferenza, dalla piccola contrarietà al dolore fisico, come un gesto di amore per Dio e per il prossimo.

 

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