“Perciò il figlio dell’uomo è signore anche del sabato”. Non bisogna confondere le priorità e le destinazioni. Il sabato non è il signore dell’uomo, perché il sabato, il riposo settimanale, è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato. Forse il precetto è signore dell’uomo perché l’uomo osserva il precetto? Il precetto è al servizio dell’uomo poiché il precetto non può essere un idolo posto accanto al Creatore del mondo!
Leggiamo nella Genesi: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando” (Gen 1,31-2,3). Il Signore osserva il sabato, dunque, e però non è il sabato a essere il signore del Signore, è il Signore che è il signore del sabato, perché è il più grande che benedice il più piccolo. Quindi il Signore osserva il sabato perché il sabato è al suo servizio, non perché il sabato sia il suo padrone. E noi, che siamo a immagine e somiglianza del Creatore, dovremmo fare qualcosa di diverso?
Quando il Creatore osserva il sabato? Quando ha portato a compimento la sua opera, e non compiuta così per fare, ma fatta molto bene: “Ecco era cosa molto buona, e bella”. Per il Signore il sabato è la pace del compimento, per noi che siamo nella storia il sabato è la memoria e la speranza del compimento. Osservare il sabato ci è di grande insegnamento, ma la nostra opera non è compiuta anche se ci è concesso di osservare il sabato.
E così, quando la mancanza diventa urgenza non possiamo restare nel sabato: se il povero ha fame, non possiamo restare nel sabato. Chi ha fame è testimone della nostra incompiutezza e della nostra inadempienza, chi ha fame ha fame perché noi non lo accogliamo nel sabato, e la Torà ci dice che il sabato è per tutti: “È il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te” (Es 20,9).
Matteo e Luca ci dicono che Gesù stette nel deserto per quaranta giorni e quaranta notti ed ebbe fame, ma rinunciò al miraggio di onnipotenza che il tentatore gli insinuava, e gli rispose: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Eppure di fronte al bisogno dei suoi discepoli, Gesù lascia che si sfamino, tralasciando l’osservanza esteriore del sabato che avrebbe impedito sia il cammino sia il lavoro.
Gesù sa imporre a sé grandi ascesi, ma verso gli altri si mostra pieno di misericordia, e non di sacrificio. Così hanno fatto i santi, capaci di essere esempio di grande ascesi, e capaci di cura materna nei confronti dei loro fratelli e delle loro sorelle, magari donando loro non solo il pane, ma anche il motivo per mangiarne senza vergognarsene.
Gli uomini religiosi, invece, sono soliti imporre grandi ascesi agli altri, trovando il modo di evitarle per sé. E, sappiatelo, hanno anche una grande capacità di spionaggio: sanno osservare benissimo agli altri, ma badano molto meno a se stessi…
La vita dei santi è come un commento vivente al vangelo, e oggi vorrei ricordare un episodio della vita di Francesco d’Assisi narrato nella Leggenda Perugina (c. 1).
“Nei primordi dell’Ordine, quando Francesco cominciò ad avere dei fratelli dimorava con essi presso Rivotorto. Una volta, sulla mezzanotte, mentre tutti riposavano sui loro giacigli, un frate gridò all’improvviso: “Muoio! muoio!”. Tutti gli altri si svegliarono stupefatti e atterriti. Francesco si alzò e disse: “Levatevi, fratelli, e accendete un lume. Accesa la lucerna, il Santo interrogò: ‘Chi ha gridato: Muoio?’. Quello rispose: ‘Sono io’. Riprese Francesco: ‘Che hai, fratello? Di cosa muori?’. E lui: ‘Muoio di fame’. Francesco, da uomo pieno di bontà e gentilezza, fece subito preparare la mensa. E affinché quel fratello non si vergognasse a mangiare da solo, si posero tutti a mangiare insieme con lui. Sia quel frate sia gli altri si erano convertiti al Signore da poco tempo, e affliggevano oltremisura il loro corpo. Dopo la refezione, Francesco parlò: ‘Cari fratelli, raccomando che ognuno tenga conto della propria condizione fisica. Se uno di voi riesce a sostenersi con meno cibo di un altro, non voglio che chi abbisogna di un nutrimento più abbondante si sforzi di imitare l’altro su questo punto; ma, adeguandosi alla propria complessione, dia quanto è necessario al suo corpo. Come ci dobbiamo trattenere dal soverchio mangiare, nocivo al corpo e all’anima, così, e anche di più, dalla eccessiva astinenza, poiché il Signore preferisce la misericordia al sacrificio’”.
fratel Stefano della comunità monastica di Bose
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!».
E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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