Sesta domenica durante l’anno
Sir 15,16-21/ 1Cor 2,6-10/ Mt 5,20-22.27-28.33-34.37
Nemmeno una virgola
Se non lasciamo che la pagina delle Beatitudini ci illumini, dia sapore alla nostra vita, ci faccia diventare come una città sul monte a cosa serve dirsi cristiani?
E ancora per qualche settimana Gesù insiste su questa sua rivoluzione interiore.
Non è un anarchico che abolisce le norme, o un pacioccone che dice “liberi tutti” come vorrebbero alcuni adolescenti cresciuti che confondono l’amore con i propri appetiti e piegano Dio alle proprie teorie.
Non vuole gettare alle ortiche la Torah, ma riportarla alla sua origine, al suo cuore. Perché la parola stessa impropriamente tradotta come Legge, in realtà deriva dalla radice iaràh, che descrive il volo della freccia. La Torah, quindi, è stata data da Dio come indicazione per la felicità dell’uomo.
E la norma diventa la veste dell’amore, la forma dell’impegno, la struttura che sorregge e rende credibile l’emozione.
E Gesù, con le Beatitudini, è venuto a completare quella indicazione.
Guai a chi si permette di cambiare anche solo una virgola di quelle indicazioni, guai a trasgredire anche un solo precetto del discorso della montagna, anche solo minimo. Significa diventare minimo davanti a Dio.
Solo che, siamo, sinceri, nemmeno ci ricordiamo quali siano le beatitudini.
Ahia.
Memento
Gesù, tanto per non essere frainteso, affronta sei questioni specifiche, sei interpretazioni della Legge che, dal suo punto di vista, sono state ampiamente tradite. Quattro le affrontiamo oggi, due la prossima domenica.
Accusato di non voler rispettare le prescrizioni, Gesù ribalta le accuse mostrando come sono proprio i suoi avversari a non volerci avere nulla a che fare.
E allora rilegge la Scrittura e la riporta all’origine. Prende le leggi fatte dagli uomini per tentare (ingenui!) di proteggere la Legge di Dio e le smonta.
Quel ma io vi dico, perentorio, folle, inconcepibile perché pronunciato da un falegname fattosi profeta, ci dicono la misura dell’autorevolezza di Gesù, capace di mettere in discussione ciò che nessuno mai avrebbe osato contestare.
La violenza e il perdono
Sull’invito a non uccidere c’è poco da discutere. E, in un modo o nell’altro, tutti rispettavano tale norma, eccetto il caso di legittima difesa.
Quello che fa Gesù è molto più radicale: ricorda a tutti che possiamo uccidere in mille modi.
Col giudizio, con la critica, con l’indifferenza, con il pettegolezzo…
Mille modi di uccidere che contrastano chi osserva i comandamenti senza fare la volontà di Dio.
I miei avversari politici, quei parenti scorretti, il collega arrampicatore e scorretto non sono pazzi, folli, stupidi ma, dice bene il Signore, sono anzitutto fratelli.
E se posso avere usato violenza interiore, e accade, allora ho uno strumento prezioso: la richiesta di perdono, l’ammettere di avere oltrepassato il limite, chiedere scusa.
Un perdono che è superiore al culto.
Per i rabbini non bisogna interrompere lo Shemà, la preghiera più sacra per un ebreo, nemmeno se un serpente sale sulla gamba. Gesù chiede di interrompere la preghiera e l’offerta al tempio (!) per tentare di riconciliarsi col fratello che ce l’ha con te.
Non farlo, non mettersi d’accordo, non tentare una conciliazione, significa rischiare di presentarsi davanti al giudice, a Dio, senza essere ascoltati.
Adulteri
I farisei e i rabbini interpretavano la Legge a svantaggio delle donne, autorizzando il divorzio maschilista. Gesù nega questa opportunità, chiarisce che questo modo di fare piega la volontà di Dio, la tradisce.
Dio pensa che un uomo e una donna possano vivere insieme tutta la vita e che le passioni e i sentimenti sono al servizio della persona e non dominano le sue scelte.
Occorre vigilare con lo sguardo e con le azioni sapendo che la tentazione di tradire un progetto, una persona, se stessi, è sempre presente.
Il rischio è quello di giustificarsi sempre (di questi tempi, poi!) e si finisce nella Geenna, una delle vallate che circonda Gerusalemme dove veniva bruciata l’immondizia della città.
Se non vigili su te stesso sei una discarica…
Autenticità
E sempre di autenticità Gesù parla condannando severamente la brutta abitudine, ereditata dall’esilio in Babilonia, di intercalare il discorso giurando continuamente.
Abitudine orribile che ha alle spalle una visione superstiziosa di Dio, chiamato a giudice e vendicatore degli uomini e una sfiducia totale verso i fratelli.
Il nostro linguaggio deve essere trasparente e libero, autentico e corretto.
Il di più viene dal maligno.
Gesù non va per il sottile ed è esigente.
Talmente esigente che, spesso, anche noi viviamo la tentazione di annacquare le sue parole.