Dio sa cogliere in noi la bellezza
Il lungo vangelo di questa domenica presenta tre parabole: la pecora e la moneta perdute, il padre misericordioso. Avendo già meditato su quest’ultima ci concentreremo sulle prime due, le uniche presenti nella forma breve del lezionario.
Gesù propone questi esempi perché accusato dai farisei di accogliere i peccatori e mangiare con loro, di non riprovare il loro comportamento. Tanto più che i pubblicani erano ebrei considerati peccatori pubblici, poiché riscuotevano le tasse per conto di Roma e, da veri aguzzini, tormentavano il popolo con richieste di danaro ingiuste. Se qualche lettore ha mai ricevuto una cartella esattoriale errata su soldi non dovuti all’erario, può capire l’odio nutrito verso costoro. Matteo l’evangelista era uno di essi.
Per uscire da una mentalità giustizialista ed entrare invece nella relazione che Dio, in quanto padre, vuole stabilire con il peccatore, che resta sempre suo figlio, Gesù racconta le due parabole citate. Il pastore e la donna cercano rispettivamente la pecora e la dramma perduta. Perché? Sanno che ci sono da qualche parte e non hanno pace finché non le trovano. Perché Dio è insistente e misericordioso con noi? Perché vede cos’è latente in noi, momentaneamente perduto; vede cosa ci siamo persi di noi stessi, ossia il nostro essere suoi figli.
Quante volte si guarda una persona e la si disprezza non vedendoci niente di buono! Dio, invece, la guarda in un’altra maniera perché conosce le sue potenzialità. Egli può trarre da un peccatore un santo, da un violento un misericordioso, da chi ha compiuto un errore madornale, terribile, indicibile una persona mite, tenera, sapiente, che saprà aiutare qualcun altro. La storia della santità è colma di casi simili: san Camillo de Lellis, ad esempio.
Cosa cerca Dio in noi? Quello che non sappiamo esistere. Quella moneta, un valore nascosto. Ecco perché Gesù accoglie i pubblicani e i peccatori: sa che dentro di loro esiste una potenzialità e distingue la persona dall’errore compiuto; anche chi ha fatto cose indicibili, dopo aver toccato il fondo, può prendere lo slancio per un salto nella sublimità. Dio come Padre ci vede con lo sguardo dell’innamorato. E il difetto principale degli innamorati è che hanno le fette di prosciutto davanti agli occhi, non riescono a vedere i difetti della persona amata ma solo i pregi e le potenzialità belle. Pensiamo ai disegnini dei bambini: sono oggettivamente composti di forme quasi incomprensibili, eppure per i loro genitori quegli scarabocchi sono capolavori assoluti, contemplati con gli occhi lucidi per la commozione. E tutti noi, almeno una volta, abbiamo dovuto fingere la medesima ammirazione per non deludere la gioia dei genitori.
Dio, guardandoci, ritrova in noi la sua immagine stampata nel profondo dell’essere, magari sepolta sotto le stupidaggini, smarrita nelle più scoscese parti della nostra interiorità. Ciò che conta per Lui è chi siamo: suoi figli! Quante volte ci siamo rassegnati a noi stessi, dandoci per persi, abbandonandoci a vizi e bruttezze, perché abbiamo sentenziato che tanto in noi non esiste alcuna bellezza… Invece quella bellezza c’è e si può sempre ritrovare.
Con la parola di questa domenica Dio viene a cercarci: facciamoci trovare. Se una pecora bela può darsi che il pastore la recuperi in fretta: mettiamoci a belare, chiediamo aiuto, crediamo al pastore che ci sta cercando, nella consapevolezza che Dio è nostro padre.
Letture della
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Prima Lettura
Il Signore si penti del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.
Dal libro dell’Esòdo
Es 32,7-11.13-14
In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.
Parola di Dio
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 50 (51)
R. Ricordati di me, Signore, nel tuo amore.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro. R.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. R.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. R.
Seconda Lettura
Cristo è venuto per salvare i peccatori.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
1 Tm 1,12-17
Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Parola di Dio
Vangelo
Ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 15, 1-32
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Parola del Signore
Oppure forma breve: Lc 15,1-10