Il vino nuovo non si versa in otri vecchi, una pezza nuova non si cuce su un vestito vecchio, non si digiuna quando lo sposo è presente. Gesù utilizza il linguaggio del comune buon senso che riguarda le cose ovvie per dire però una cosa del tutto inconsueta. Sta annunciando in qualche modo che è lui lo sposo atteso da Israele, lo sposo riconosciuto da Giovanni Battista, che si descrive come l’amico dello sposo. Nella profezia di Isaia Dio si presenta a Sion come il suo sposo: “Tuo sposo è il tuo creatore … tuo redentore è il Santo di Israele, è chiamato Dio di tutta la terra” (Is 54,5). L’evangelista Marco ci pone davanti a un Dio che in Gesù rinnova l’alleanza eterna dello sposalizio con il suo popolo e con tutta la terra.
Gesù sta dicendo ai suoi interlocutori, certamente sconcertati, che tutto ormai prende un senso nuovo ⎯ anche la pratica del digiuno ⎯ a causa di una novità: la presenza dello sposo.
“Vino nuovo in otri nuovi”, è la chiamata di Gesù in questo vangelo indirizzato a noi oggi.
Come può l’alleanza eterna che Dio ha tante volte stretto con il suo popolo, restandogli fedele, essere una novità? Eppure Gesù parla di nuovo e di vecchio, e di un nuovo che strappa o lacera il vecchio.
L’insegnamento di Giovanni invitava alla conversione, a prendere coscienza dei propri peccati per accogliere il perdono di Dio; l’insegnamento dei farisei era focalizzato sull’osservanza dei comandamenti come obbedienza e compimento gradito a Dio, insegnamenti che Gesù non rinnega né cancella. Lui ha sposato la Torah, cioè l’insegnamento di Dio dato al suo popolo.
Gesù scava fino al cuore della Torah per rivelarne la perenne possibile novità: l’alleanza, amore eterno, si incarna. Dio si incarna nello sposo per far sì che questo suo amore possa incarnarsi in noi e renderci nuovi. Poco a poco il cuore di pietra può diventare cuore di carne. “Come avverrà questo?”, chiese Maria (cf. Lc 1,34); “Come può accadere questo?”, chiese Nicodemo (cf. Gv 3,9). Sono le nostre stesse domande quando ci sentiamo interpellati dal vangelo, eppure conosciamo le risposte: “Lo Spirito scenderà su di te, Maria” e “Se uno non nasce da acqua e Spirito non può entrare nel regno di Dio, quello che è nato dalla carne è carne (otri vecchi), e quello che è nato dallo Spirito è Spirito (vino nuovo)”.
Siamo tutti degli otri vecchi e tutti chiamati a diventare degli otri nuovi per contenere il vino nuovo, è la vocazione cristiana.
Gesù utilizza delle immagini per farsi capire, ma non bisogna assolutizzarle: non gli otri, ma solo un cuore vecchio può diventare un cuore nuovo. È questa l’incarnazione.
Dio sceglie la nostra carne con le sue ferite, paure, difese per farla rinascere della sua vita. Nella nostra realtà umana niente di nuovo può uscire se non dal vecchio.
La nostra carne è stata “sposata” da Dio. Il nostro problema è di accettare di diventare la sposa, di assumere tutto quello che consideriamo “vecchio” (non amabile) in noi e nella nostra storia, affinché lui, con il suo Spirito, versi un’effusione di vino nuovo che rinnoverà la nostra vita.
sorella Sylvie della comunità monastica di Bose
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui