Quanto è difficile che un ricco entri nel regno dei cieli!
Riassumiamo brevemente l’intero brano evangelico di oggi, per concentrarci poi su alcune frasi di esso che ci interessano più da vicino. Un giorno si presenta a Gesù un giovane e gli chiede cosa deve fare per avere la vita eterna. Gesù gli risponde: “Osserva i comandamenti!”. Lui: “Li ho osservati fin dalla fanciullezza”. Gesù, guardandolo “con amore”, gli lancia una proposta radicale: “Va’, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”. A queste parole, il giovane si allontanò triste, poiché aveva molti beni. Allora Gesù, rivolto ai suoi, disse:
“Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!… È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio!”.
È arrivato il momento di ascoltare quello che il Vangelo ci dice sui ricchi e la ricchezza. Ma anzitutto un’osservazione preliminare, necessaria per sgombrare il campo da possibili equivoci. Mai Gesù condanna la ricchezza e i beni terreni per se stessi. Tra i suoi amici, vi è anche Giuseppe d’Arimatea “uomo ricco”; Zaccheo è dichiarato “salvo”, anche se trattiene per sé metà dei suoi beni, che dovevano essere considerevoli. Ciò che egli condanna è l’attaccamento esagerato al denaro e ai beni, il far “dipendere da essi la propria vita” e “l’accumulare tesori solo per sé” (cfr. Luca 12, 13-21).
Due motivazioni sono alla base di questa denuncia evangelica. La prima è una considerazione di saggezza e fa leva sul fatto che è pazzia considerare scopo principale della vita ammassare ricchezze, costruirsi ville su ville, quando si sa che da un momento all’altro si può essere chiamati a lasciare tutto: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?” (Luca 12, 20). La seconda è una motivazione di fede.
La ricchezza rende difficile entrare nel Regno. Più difficile che per un cammello passare attraverso la cruna di un ago.
La parola di Dio chiama l’attaccamento eccessivo al denaro idolatria: “Quell’avarizia insaziabile che è idolatria” (Colossesi 3, 5 ; Efesini 5, 5). Mammona, il denaro, non è uno dei tanti idoli; è l’idolo per antonomasia. Letteralmente, “l’idolo di metallo fuso” (cfr. Esodo 34, 17). E si capisce il perché. Chi è, oggettivamente (cioè nei fatti, se non nelle intenzioni), il vero nemico e il concorrente di Dio, in questo mondo? Satana? Ma nessun uomo decide di servire, senza motivo, Satana. Chi lo fa, lo fa perché crede di riportarne qualche beneficio temporale. Chi è, nei fatti, l’altro padrone, l’anti-Dio, ce lo dice chiaramente Gesù: “Non potete servire a Dio e a Mammona” (Matteo 6, 24).
Mammona è l’anti-dio perché crea una specie di mondo alternativo, cambia oggetto alle virtù teologali. Fede, speranza e carità non vengono più riposte in Dio, ma nel denaro. Si attua una sinistra inversione di tutti i valori. “Niente è impossibile a Dio”, dice la Scrittura, e anche: “Tutto è possibile a chi crede”. Ma il mondo dice: “Tutto è possibile a chi ha il denaro”. E, a un certo livello, tutti i fatti sembrano dargli ragione.
L’avarizia, oltre che idolatria, è anche fonte di infelicità. L’avaro è un uomo infelice. Sospettoso di tutti, si isola. Non ha affetti, neppure tra quelli della sua stessa carne, che vede sempre come sfruttatori e i quali nutrono, a volte, nei suoi confronti un solo vero desiderio: quello che muoia presto per ereditare le sue ricchezze. Teso allo spasimo a risparmiare, si nega tutto nella vita e così non gode né di questo mondo, né di Dio, non essendo le sue rinunce fatte per lui. Anziché ottenerne sicurezza e tranquillità, è un eterno ostaggio del suo denaro.
Carlo Marx, che ha fatto del denaro una delle analisi più penetranti, parla della “onnipotenza alienante del dio denaro”. “Ciò che mediante il denaro è a mia disposizione, ciò che io posso pagare, quello sono io stesso. Quanto grande è il potere del denaro, tanto grande è il mio potere. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella tra le donne, e quindi io non sono brutto. Sono zoppo, ma se posso comprarmi due magnifici cavalli, è come se avessi otto gambe”.
Ma la critica di Marx, per quanto penetrante, non è in grado di cambiare le cose e non è neppure del tutto coerente. Se i soli bisogni dell’uomo sono quelli economici, come si fa a dimostrare che quello del denaro è un potere alienante e disumano? Non ammette egli stesso che esso serve a meraviglia a soddisfare tali bisogni? Su questa base, non si va molto al di là delle tradizionali invettive contro il denaro che si leggono nei poeti e nei filosofi. Virgilio parlava già della “esecranda fame dell’oro” (auri sacra fames). Anche Shakespeare si era scagliato contro di esso: “Dannato metallo, tu prostituta comune dell’umanità, che rechi la discordia tra i popoli… Tu dio visibile che fondi insieme strettamente le cose impossibili e le costringi a baciarsi!”. Sono gridi di rivolta impotenti. Il “dio” denaro, per così dire, se ne ride di tutto ciò. Una critica efficace dell’onnipotenza alienante del denaro si può fare solo se si conosce un altro ordine di ricchezza, un’istanza superiore che lo relativizza e lo giudica. Gesù non si è limitato a descrivere o esecrare il potere del denaro; lo ha infranto, rivelando un bene alternativo infinitamente più prezioso: il regno di Dio.
L’attaccamento al denaro e alla ricchezza rende difficile, se non impossibile, entrare nel regno di Dio; impedisce di ottenere quella “vita eterna” che il giovane ricercava (“che devo fare per avere la vita eterna?”) e che, nella sua risposta, Gesù definisce “il tesoro nei cieli”. Cos’è che la ricchezza rende propriamente difficile accettare? Forse Dio? Al contrario! Il ricco è prontissimo ad accogliere Dio, finché questi gli viene presentato come il garante dell’ordine stabilito, del diritto di proprietà, un Dio che è contro la violenza. Quello che il ricco non accetta, del regno di Dio predicato da Gesù, è che esso esige l’amore del prossimo, esige che non si lasci Lazzaro a morire fuori della porta. Qui finisce l’idillio. Il giovane ricco ha inorridito al pensiero di dover dividere le sue ricchezze con i poveri.
“L’attaccamento al denaro – dice la Scrittura – è la radice di tutti i mali” (1 Timoteo 6, 10). Poche frasi della Scrittura gli uomini di oggi sarebbero disposti a sottoscrivere di buon grado, come questa. Dietro ognuno dei più gravi mali della nostra società (commercio della droga, mafia, sequestri di persona, corruzione politica, fabbricazione e commercio delle armi, sfruttamento della prostituzione) c’è il denaro, o almeno c’è anche il denaro.
Ma noi non siamo chiamati solo a denunciare l’idolo denaro e la ricchezza iniqua. Gesù non lascia nessuno senza una speranza, neppure il ricco. Quando i discepoli, in seguito al detto sul cammello e la cruna dell’ago, sgomenti, chiesero a Gesù: “Allora chi potrà salvarsi?”, egli rispose: “Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio”. Dio può salvare anche il ricco. Il punto non è “se il ricco si salva” (questo non è stato mai in discussione nella tradizione cristiana), ma è “quale ricco si salva”.
Ai ricchi Gesù addita una via d’uscita dalla loro pericolosa situazione:
“Accumulatevi tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano”. “Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quando essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne” (Matteo 6, 20; Luca 16, 9).
Gesù consiglia ai ricchi di trasferire i loro capitali all’estero. Ma non in Svizzera, in cielo! Molti – dice Agostino – si affannano a seppellire il proprio denaro sotto terra, privandosi anche del piacere di vederlo, a volte per tutta la vita, pur di saperlo al sicuro. Perché non seppellirlo addirittura in cielo, dove sarebbe ben più al sicuro e dove lo si ritroverebbe, un giorno, per sempre? Come fare questo? È semplice, continua il santo. Dio ti offre, nei poveri, dei facchini. Essi si recano là dove tu speri un giorno di andare. Dio ha bisogno qui, nel povero, e ti restituirà quando sarai di là.
Ma è chiaro che l’elemosina spicciola e la beneficenza non è più oggi l’unico modo per far servire la ricchezza al bene comune, e neppure forse il più raccomandabile. C’è anche quello di pagare onestamente le tasse, di creare nuovi posti di lavoro, di dare un salario più generoso agli operai quando la situazione lo permette, di avviare imprese locali nei paesi in via di sviluppo. Insomma, far servire il denaro, farlo scorrere. Essere dei canali che fanno passare l’acqua, non laghi artificiali che la trattengono solo per sé.
La Scrittura ci ha tracciato una specie di ritratto del ricco cristiano, in cui si elenca ciò che egli deve fare, o non fare, per essere salvato. Con esso chiudiamo la nostra riflessione:
“Ai ricchi di questo mondo raccomanda di non essere orgogliosi, di non riporre la speranza sull’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza perché ne possiamo godere; di fare del bene, di arricchirsi di opere buone, di essere pronti a dare, di essere generosi, mettendosi così da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera” (1 Timoteo 6, 17ss.).
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 14 Ottobre 2018 anche qui.
- Colore liturgico: Verde
- Sap 7, 7-11; Sal. 89; Eb 4, 12-13; Mc 10, 17-30
Vendi quello che hai e seguimi.
Mc 10, 17-30
Dal Vangelo secondo Marco
17Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». 18Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». 20Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». 22Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
23Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». 24I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! 25È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». 27Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
28Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, 30che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 14 – 20 Ottobre 2018
- Tempo Ordinario XXVIII
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 4
Fonte: LaSacraBibbia.net
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