Commento al Vangelo del 14 Novembre 2021 – don Giovanni Berti (don Gioba)

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Parole sconvolgenti

Affermare che il sole si oscurerà insieme agli altri astri e ci saranno sconvolgimenti nelle potenze del cielo, più che dalla bocca di Gesù sembra una previsione uscita dalla Cop26 di Glasgow, dagli scienziati del clima e dagli attivisti dell’ecologia.

Anche l’altra espressione che troviamo in questo Vangelo, “il cielo e la terra passeranno…”, appare davvero come la costatazione di quella che è la situazione del nostro pianeta e del suo clima, che secondo le previsioni sono incamminati sempre più velocemente verso uno stravolgimento dovuto proprio ai cambiamenti climatici fortemente se non principalmente provocati dall’uomo. Ma se allarghiamo lo sguardo oltre le questioni climatiche, sembra che tutto questo sconvolgimento drammatico riguardi anche le relazioni umani. Anche da questo punto di vista tutto quello che ci sembrava stabile e sicuro appare venir meno tra le persone. Persino la nostra millenaria tradizione cristiana ci sembra quasi alla sua fine e in forte decadenza, per la poca partecipazione e anche i tanti scandali.

Tutto passa e viene sconvolto, nel clima, nelle relazioni umane, nelle tradizioni religiose… e ad una velocità inarrestabile e inevitabile. E tutta questa precarietà esterna a noi ci colpisce nel profondo, dentro le nostre piccole e grandi fragilità personali e ci sentiamo più insicuri, tristi… Ma non c’è proprio nulla di stabile sul quale contare per davvero se nemmeno la terra, il cosmo, la religione sono stabili?

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Le parole del Vangelo ovviamente sono state scritte dall’evangelista Marco in un altro tempo e in tutt’altra situazione rispetto la nostra, e si riferiscono a parole di Gesù anch’esse pronunciate lontano dalla nostra situazione. Ma siamo sicuri che sono proprio così distanti? Leggerle come credenti ci fa cercare dentro quelle parole lontane un messaggio vicinissimo a noi, a quello che viviamo come comunità umana e come singoli.

È prima di tutto fondamentale sapere che Gesù con queste parole vuole lanciare un messaggio assolutamente positivo e profondamente consolatorio. Non vuole spaventare e tantomeno deprimere i suoi discepoli di allora, e nemmeno noi, discepoli di oggi.

Il primo e fondamentale messaggio è che Dio è dentro la storia umana, ne è profondamente coinvolto, anche quando essa sembra scivolare nel caos e nel male. Gesù parlando delle potenze celesti sconvolte, usa un linguaggio a noi distante e a rischio di fraintendimento. Non sta parlando di cataclismi da film catastrofico, ma del fatto che l’ultima parola di tutto è sempre quella di Dio, ed è una parola molto semplice: “vita”… e anche “amore”.

Tutto è destinato ad essere precario, e persino il Creato ha un inizio e una fine, nel senso che l’unica cosa veramente stabile in eterno rimane Dio. Il Cosmo con tutti i suoi astri era pensato come un enorme sipario che alla fine si deve aprire, riavvolgere, perché è Dio l’unico vero astro e potenza che rimane. Tutto passa e questo lo sperimentiamo anche noi come lo sperimentavano gli uomini e le donne di 2000 anni fa, in un mondo anche allora in trasformazione. La paura di essere travolti dai cambiamenti e le insicurezze sul futuro sono sempre state una caratteristica del cuore umano. Ecco, Gesù si propone come stabilità nell’amore, come stabilità di futuro e senso del vivere.

Avere fede in Dio non è avere tutto sotto controllo e non avere problemi. Essere credenti non significa essere immuni dalle fragilità dagli sconvolgimenti che colpiscono tutti gli uomini e donne. Vivere dentro la nostra tradizione religiosa non è garanzia che tutto rimane immutato e sicuro. Tutto passa, ma solo Gesù con la sua proposta di vita non passa. Le sue parole se non sono lasciate sulla carta o dimenticate come un discorso antico fatto ad altri, sono una proposta quotidiana di vita e di felicità anche dentro tutto quello che cambia nella storia generale e personale.

Ci sono i segni di questa presenza anche dentro quello che accade nel mondo, sono dei piccoli germogli di vita e positività, come i germogli di una pianta di fico alla fine dell’inverno. Come cristiano sono impegnato nel mondo così fragile, perché credo nei piccoli germogli, nei piccoli segni che parlano e annunciano la vita, quella di Dio.

 


Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)