La vita e il messaggio del Signore Gesù nel racconto della sua Passione.
Il rischio di scambiare i libri sacri per normali testi di storia o di altre scienze umane, e di ascoltarne la lettura come fonte di informazioni e di nozioni è sempre in agguato. Sarebbe disastroso se questo accadesse nella Domenica delle Palme (peggio se nel Venerdì Santo!) con il racconto della Passione del Signore, perché come informazione e nozione non ci direbbe niente per averlo sentito chissà quante volte. Facciamo, perciò, di tutto per accoglierlo per quello che è e deve essere: l’invito più potente e toccante a una vita cristiana chiamata a rinnovare e approfondire la sequela al Maestro. Tra i tantissimi stimoli alla riflessione e alla conversione ci soffermiamo su alcuni episodi “esclusivi” con i quali l’evangelista Luca si differenzia dagli altri tre.
Il sudore di sangue.
«Il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra». Gesù non è l’eroe solitario che va impavido incontro alla morte. Non è il fanatico prigioniero delle sue fissazioni, incurante della concretezza della realtà. Gesù è uomo vero, e ha paura della sofferenza e della morte. Una paura terribile, tanto che il suo sudore diventa come “gocce di sangue”. La paura, però, non intacca la sua coerenza e la sua fedeltà alla volontà del Padre che ha promesso di compiere.
Ci possono essere stimoli e incoraggiamenti più forte di questa testimonianza, quando la coerenza e la fedeltà ci mettono difronte a prove difficili? Se siamo uomini e donne veri possiamo seguirlo.
Lo sguardo di Gesù.
Nel racconto di Luca, il “pianse amaramente” di Pietro non scaturisce dal canto del gallo che richiama all’apostolo le sue promesse di fedeltà, ma dallo sguardo di Gesù: «E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”. E, uscito fuori, pianse amaramente».
Quando il “canto del gallo” della nostra coscienza ci ricorda incoerenze, cadute, rinnegamenti…, non c’è niente di più salutare che cercare lo sguardo di Gesù per un “pianto amaro” che ci risollevi e riporti a lui. Come Pietro. Se anche Giuda avesse incontrato lo sguardo di Gesù…
Il perdono settanta volte sette.
«Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
“Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”».
Quando perdonare senza conservare rimasugli di indifferenza e malumori verso chi ci ha offeso, o non ci ha trattato come avrebbe dovuto, senza avere nemmeno accennato a segnali di scusa, ci sembra una croce difficile da portare, confrontiamoci con Gesù che chiede perdono per i suoi crocifissori, e porta con sé un pentito dell’ultimo minuto. Allora “la croce” non ci spaventerà più.
Nelle mani del Padre.
Nel racconto di Luca non c’è il drammatico: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». L’evangelista della misericordia di Gesù ha preferito cogliere il momento della ritrovata sicurezza nell’amore misterioso del Padre: «Gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò». Nei momenti in cui il Padre ci sembra lontano, assente, addirittura nemico, c’è questa preghiera: “Padre, nelle tue mani mi consegno”.
Fonte: Paoline