Commento al Vangelo del 13 novembre 2011 – don Mauro Pozzi

Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.

PORTARE FRUTTO

Non si sa con precisione quanto valesse un talento, sappiamo però che corrispondeva a una cifra molto elevata; quindi il padrone affida ai suoi servi qualcosa di rilevante. In effetti noi non abbiamo ricevuto poco, anche se ci lamentiamo sempre che non basta quello che abbiamo. Proprio perché amministriamo qualcosa che non ci appartiene dovremmo sentire la responsabilità di restituire almeno in parte questi beni. Non tutti hanno ricevuto lo stesso, alcuni hanno più capacità di altri, e quanto più uno possiede tanto più dovrebbe sentire che ha un

debito, non solo verso il Creatore, ma anche verso chi ha avuto meno fortuna di lui. Il Maestro non è mai stato molto tenero con gli egoisti e dice espressamente che il Regno è di difficile accesso per i ricchi, cioè per coloro che si affidano alle proprie fortune e non sanno condividerle. Siamo allora chiamati a far fruttare le nostre doti, non solo perché così guadagniamo il paradiso, ma per dare senso e sapore alla nostra vita. Essere cristiani significa amare e la caratteristica fondamentale dell’amore è la fecondità. San Tommaso diceva che l’amore diffonde se stesso, dunque chi ama porta frutto. Non si tratta solo della fecondità biologica, ma del saper donare se stessi. Infatti c’è chi sceglie di non avere figli e chi li fa senza sceglierlo. Se un padre non si dona ai propri figli è come se non ne fosse lui il genitore. Allo stesso modo ci sono persone che non hanno mai generato che chiamiamo senza difficoltà madri e padri, come Madre Teresa o Padre Pio. È donando noi stessi che diventiamo fecondi ed è così che mettiamo a frutto le nostre capacità. I primi due servi della parabola raddoppiano il capitale, fanno cioè il massimo, ma dalle parole di rimprovero rivolte al terzo, capiamo che il padrone si sarebbe accontentato anche dei soli interessi. Non ci è richiesto l’impossibile, ma unicamente di non sprecare le opportunità che abbiamo. La ricchezza maggiore che possiamo condividere è il servizio fatto agli altri in prima persona. Non solo verso persone sconosciute o lontane, ma anche e soprattutto verso chi ci è più prossimo. Impegnarsi perché in famiglia ci sia armonia e perché i figli crescano bene è già moltissimo. Per chi non ha figli o non è sposato è ugualmente importante l’attenzione alle persone più vicine. Il Vangelo dà anche molto valore all’elemosina, che può essere un modo di valorizzare il proprio guadagno a favore degli altri. La cosa migliore che possiamo fare è pregare per capire che cosa voglia il Signore da noi. Se infatti scopriamo la nostra vocazione e cerchiamo di viverla, sicuramente non nasconderemo i nostri talenti.

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Mt 25, 14-30

Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Un uomo partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nella abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”»

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