Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura
Il brano odierno fa parte della cosiddetta “finale canonica” di Marco, costituita dai vv.9-20 del suo ultimo capitolo. Di che si tratta?
Vocabolario e stile di questa parte mostrano chiaramente che non fu scritta da Marco; inoltre essa denota la conoscenza di tradizioni presenti in Luca e Giovanni; infine i vv.9-20 non compaiono nei manoscritti dei primi secoli dell’era cristiana, mentre sono presenti in quasi tutti i codici successivi al 5° secolo.
Tutto questo si spiega così: il brano era forse originariamente un testo “kerigmatico” (cioè finalizzato all’annuncio essenziale della fede cristiana), scritto probabilmente da cristiani della 1° generazione; era già noto a Ireneo (II° sec. d. Cr.) e, quando nel 385 d. Cr. la Chiesa definì i libri della Scrittura “canonici”, cioè ispirati dallo Spirito Santo, anche questo brano, pur non di Marco, fu lasciato nel suo vangelo, proprio perché ritenuto “ispirato”, dal momento che ha un valore per la nostra fede e fa parte del patrimonio della tradizione cristiana.
Gli elementi che emergono da questa “finale canonica” come interessanti e “nuovi” rispetto a tutto il “blocco” dei vangeli sono tre: l’incredulità degli apostoli circa la resurrezione di Cristo, che si prolunga anche dopo che i due discepoli di Emmaus hanno detto del loro incontro con Gesù (vv.12-13); il rimprovero del Risorto per l’incredulità e durezza di cuore dei discepoli (v.14); la forma specifica del mandato missionario, che costituisce la parte più ampia del brano liturgico odierno e su cui soprattutto vorremmo richiamare l’attenzione, affidandoci alle parole del grande esegeta Mons. Gianfranco Ravasi:
“Il brano si apre con un solenne messaggio indirizzato agli apostoli: esso ha al centro la loro missione, una missione universale (“a tutto il mondo”, “a ogni creatura”) di annunzio dell’evangelo, cioè della persona e della parola di Cristo. Di fronte al loro ingresso nel mondo e alla loro voce scattano due reazioni e due destini, da un lato la fede battesimale e la salvezza, dall’altro l’incredulità e la condanna. Il pensiero corre alle parole che Gesù aveva detto in quella notte a Nicodemo: “Chi crede non è condannato, ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio” (Gv.3,18).
Nei due campi della fede e del rifiuto si riassume un po’ tutta la storia di ogni coscienza e dell’intera umanità. Tuttavia – continua Gesù nel suo discorso agli Undici – il messaggio che essi annunzieranno sarà affiancato e sostenuto da segni efficaci che manifesteranno la signoria del Cristo su tutta la creazione. Si elencano cinque tipi di miracoli che indicano il coinvolgimento di tutto l’essere nella salvezza: il male è sconfitto (“scacciare i demoni”); lo Spirito Santo è effuso in una continua Pentecoste su tutti i popoli e su tutte le culture (“parlare le lingue”); i serpenti, simbolo della tentazione, saranno neutralizzati; il veleno, segno di tutto ciò che insidia la vita, sarà debellato; i malati saranno confortati e guariti.
La missione della Chiesa ricalca quella del Cristo che annunziò il Regno di Dio e guarì tutti quelli che erano afflitti dal male: è una missione che non passa solo attraverso la parola ma anche attraverso le mani, si apre alla fede in Dio e alla carità fraterna, proclama la contemplazione ed impegna nell’azione.
Finito questo “discorso d’addio”, il Signore Gesù chiude il ciclo della sua esistenza terrena. Il pensiero dell’autore del brano certamente corre ad Elia che “fu assunto” in cielo (2 Re 2,11), ma per Cristo egli intravede qualcosa di più grande. Non è solo l’ingresso di un giusto nel mistero di Dio ma è la gloriosa intronizzazione del Figlio accanto al Padre: “sedette alla destra di Dio”. Ed è così che ora la Chiesa lo adora e lo sente presente in modo nuovo e sorprendente. Davanti ai discepoli, invece, si apre ora il modo in cui compiere quella missione che Cristo ha loro affidato prima di essere assunto in Dio. Sarà proprio attuando la missione della parola e dell’azione che essi scopriranno la nuova vicinanza del Cristo perché egli ha promesso: “Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo” (Mt.28,30)”
Ileana Mortari – Sito Web
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
VII DOMENICA DI PASQUA – ASCENSIONE DEL SIGNORE – ANNO B
Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 13 Maggio 2018 anche qui.
- Colore liturgico: Bianco
- At 1, 1-11; Sal. 46; Ef 4, 1-13; Mc 16, 15-20
Mc 16, 15-20
Dal Vangelo secondo Marco
15E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». 19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. 20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 13 – 19 Maggio 2018
- Tempo di Pasqua VII
- Colore Bianco
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 3
Fonte: LaSacraBibbia.net
LEGGI ALTRI COMMENTI AL VANGELO