“Consolate, consolate il mio popolo”! Sono le prime parole che Dio ci rivolge in questo giorno. Al tempo del profeta Isaia il popolo di Dio si trovava in grande angustia: le personalità più in vista e i migliori artigiani erano stati deportati a Babilonia, e là vivevano in condizione di quasi schiavitù. Anche al tempo di Gesù il popolo era in grave sofferenza sotto il dominio dei romani, di Erode e dei sommi sacerdoti, tutti senza misericordia per i poveri. E oggi il popolo cristiano continua a vivere tra povertà e disagi, tentazioni e persecuzioni, a causa non solo dell’egoismo dei grandi, ma anche a causa del proprio peccato. La parola di Dio perciò porta un soffio di speranza, di luce, di gioia! Egli ci invita a preparare la strada perché vuole venire, vuole incontrarci, vuole manifestarci il suo amore di pastore buono e premuroso.
La parola di speranza del profeta è completata dall’annuncio di Giovanni Battista nella pagina del Vangelo: Dio non attende più, colui che egli manda ad agire con la sua autorità è già presente e comincia ad agire dall’interno delle persone! Infatti egli battezza, cioè immerge, nello Spirito Santo, donando una nuova vita, quella di Dio stesso.
Le parole di Giovanni non bastano a presentarci colui che viene: interviene il Padre a indicarlo con la figura della colomba e con la sua voce. Gesù sta pregando, immerso nell’amore di Dio, raccolto in un colloquio che a noi rimane segreto, ma che possiamo immaginare simile a quello da lui vissuto nell’orto degli ulivi: è certamente un colloquio in cui egli si offre a realizzare la volontà divina, volontà di salvezza per gli uomini peccatori che lo circondano. In tal modo egli realizza quanto è stato scritto di lui, e il Padre di lui può compiacersi. Mentre la colomba attira il nostro sguardo su di lui, la voce nuova e penetrante ripete profezie solenni e misteriose. Queste ci indicano chi è il figlio di cui parla il salmo secondo, un Figlio destinato a regnare per sempre con l’autorità di Dio, cioè con amore compassionevole e fedele, e chi è colui di cui il profeta Isaia dice essere la gioia di Dio! Questi è l’uomo che Giovanni ha battezzato, l’uomo che si è abbassato insieme a tutti quelli che erano decisi ad iniziare la propria conversione. Egli guiderà tutti alla vera conversione, si metterà alla testa di un popolo nuovo che cammini deciso verso Gerusalemme, verso l’offerta della propria vita per compiere la volontà del Padre!
A questo popolo accenna San Paolo scrivendo al suo carissimo discepolo Tito. Gesù vuole “formarsi un popolo puro che gli appartenga” e per questo “ha dato se stesso per noi”. Si è offerto per “riscattarci da ogni iniquità”, si è offerto per dare a Dio il prezzo con cui ottenere la nostra salvezza. Noi non riusciremo mai a comprare con le nostre buone opere la misericordia del Padre! Il Padre è già misericordioso, e Gesù ci ha già ottenuto il suo amore. Noi ci uniamo a lui, ci lasciamo lavare dal santo Battesimo e dallo Spirito Santo che Gesù ha alitato sui suoi. Da Gesù poi impariamo a vivere in modo nuovo, perché egli “ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo”, come già ci è stato detto alla Messa di Natale.
La vita cristiana è tutta nuova. Non viviamo egoisticamente, per guadagnarci qualcosa, o per ottenere il paradiso, né viviamo per meritare le lodi del Padre. Sapendo d’essere già perfettamente e pienamente amati, noi viviamo ringraziando. Facciamo della nostra vita un rendimento di grazie. Siamo così contenti delle promesse di Dio e di vederne già la realizzazione, che continuiamo a dire un grazie perenne. L’Eucaristia è appunto un rendimento di grazie, anzi «il» rendimento di grazie per i misteri grandi con cui Dio realizza e ci fa partecipi del suo amore. Così riconoscenti a Dio cercheremo di vivere in modo da manifestare la nostra gratitudine, e per questo ci terremo lontani dalle distrazioni che il mondo ci mette sotto il naso ogni giorno, e staremo attenti a non lasciarci ingannare dalle lusinghe con cui ci vuol far cadere nella superficialità e nel materialismo.
Obbedienti ai desideri del Signore, saremo una consolazione per i sofferenti che incontriamo e che bussano al nostro cuore desiderosi di una parola, di un sorriso, di un’indicazione per uscire da ciò che li deprime. Riconoscenti, diventeremo una consolazione, uno strumento con cui Dio sparge la sua tenerezza nel mondo che continua a soffrire per il peccato diffuso ovunque. “Consolate il mio popolo”: unito a Gesù anch’io spargerò la consolazione di Dio!
A cura della Casa di Preghiera S.Maria Assunta – Tavodo -Via della Pieve, 3 – 38078 SAN LORENZO DORSINO – TN
Leggi il brano del Vangelo
Lc 3, 15-16. 21-22
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.