Commento al Vangelo del 13 dicembre 2009 – don Massimo Serretti

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In questa Terza Domenica di Avvento la Liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui le folle, in attesa del Cristo, seguono la predicazione di Giovanni Battista, domandandogli:«

Che cosa dobbiamo fare?». Giovanni risponde:«Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».

Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Dogmatica alla Pontificia Università Lateranense:

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Nella lingua italiana ‘essere in attesa’ è sinonimo di gravidanza, lo si dice di una donna che è incinta e aspetta un bambino. L’attesa è quindi il tempo che precede il parto nel quale, colui che è già misteriosamente, ma realissimamente presente, inizia a manifestarsi con una pienezza maggiore. L’attesa è qui attesa di una manifestazione di una presenza personale. L’attesa è un’aspettativa di qualcuno. E questo “qualcuno”, venendo, cambia tutto: cambia lo statuto del proprio essere, cambia lo stile di vita, cambia lo sguardo su di sé e sul mondo.
Un uomo vivo è un uomo che ha concepito ed attende. L’uomo sterile e sterilizzato non attende nulla e nessuno, il perimetro della sua vita coincide col perimetro del proprio “io” e questo perimetro è fatalmente tombale.
Dice il Vangelo di Luca: «Tutto il popolo era in attesa». Gesù era già presente e il Battista suscita l’attesa sopita. E’ un riscuotimento, un sussulto vitale, documentato inequivocabilmente dalla domanda in bocca a tutti: «Che cosa dobbiamo fare?» Quando l’uomo presagisce l’avvento di Dio mediante l’annuncio del testimone, sperimenta immediatamente in sé un cambiamento che, se accolto, chiede la trasformazione anche dell’agire. Attesa operosa, perché gravida di presenza.

Fonte: Radio Vaticana