โLe mie pecore ascoltano la mia voceโ
Nel 10ยฐ cap. di Giovanni troviamo una delle grandi autorivelazioni di Gesรน (โIo sono il pane di vita, la luce del mondo, il Buon Pastoreโ) che scandiscono il percorso del quarto vangelo e che Gesรน pronuncia proprio in occasione delle solenni feste giudaiche, per mostrare che la veritร preannunziata dai simboli di quelle feste si realizza ora nella sua persona e in ciรฒ che Egli rivela e dona.
Queste rivelazioni sono perรฒ sempre seguite da aspre polemiche e discussioni con i Giudei, che interrogano pressantemente Gesรน, non perchรฉ sinceramente interessati a conoscere la sua identitร , ma per coglierlo in fallo e accusarlo come bestemmiatore.
Infatti, alla loro domanda โSe tu sei il Cristo, dillo a noi apertamenteโ, Gesรน risponde: โVe lโho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; ma voi non credete, perchรฉ non siete mie pecoreโ (vv. 25-26) e subito dopo โ รจ il brano proposto alla nostra riflessione โ ribadisce con chiarezza quanto ha giร detto nel corso del 10ยฐ capitolo sulle caratteristiche delle sue pecore.
La simbolica del pastore e del gregge affonda nellโAntico Testamento. Jahvรจ รจ il pastore che fa pascolare il suo gregge (Isaia 40,11) e nel corso della storia lo affida successivamente ai suoi servi Abramo, Mosรจ, Giosuรจ, i Giudici e i re di Israele. Questi ultimi perรฒ spesso e volentieri non hanno ottemperato al loro compito e allora Ezechiele, in un testo che si leggeva durante la Festa della Dedicazione, pronuncia il famoso oracolo: โGuai ai pastori di Israele, che pascono se stessi!โฆโฆ.Ecco, io stesso cercherรฒ le mie pecore e ne avrรฒ curaโฆโฆโฆRicondurrรฒ allโovile la pecora smarrita; fascerรฒ quella ferita e curerรฒ quella malataโฆ.Susciterรฒ per loro un pastore che le pascerร โฆโฆ.โ (Ezechiele 34).
Gesรน, nel contesto di quella stessa festa, definisce se stesso come il vero Pastore, che finalmente si prende cura con amore del gregge di Israele. A differenza del mercenario, cui non importa nulla delle pecore, Egli ben conosce quelle che gli appartengono ed esse ascoltano la sua voce.
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Per capire questโultima immagine, tratta da una situazione allora usuale ma per noi peregrina, puรฒ essere utile ricordare che al calare delle tenebre i pastori conducevano i loro greggi in un grande recinto comune per passarvi la notte; al mattino ogni pastore gridava il suo particolare richiamo e le pecore, riconoscendone la voce, lo seguivano fiduciosamente fuori dal recinto senza minimamente sbagliare.
Analogamente tra Gesรน e i suoi discepoli si instaura un rapporto di reciproca fiducia, un dialogo sulla stessa lunghezza dโonda, un intrecciarsi di ascolto, conoscenza e sequela.
Anzitutto Gesรน โconosceโ le sue pecore. Nella Bibbia il significato di questo termine va ben oltre il sapere astratto e razionale ed esprime una relazione esistenziale: conoscere qualcosa significa averne lโesperienza concreta; conoscere qualcuno รจ entrare in relazione personale con lui, tanto da arrivare ad un mutuo scambio, ad unโappartenenza reciproca e profonda. Da parte di Gesรน poi tutto questo significa prendersi cura delle pecore, proteggerle ed amarle, fino a dare la vita per loro.
Anche โascoltareโ, nel linguaggio biblico, non indica semplicemente udire delle parole, ma aprire il cuore alla Parola, farla propria e metterla in pratica, cosรฌ che la sequela ne รจ una logica conseguenza.
Il vangelo di Giovanni รจ quello che maggiormente sottolinea il significato spirituale del โseguireโ Gesรน, luce e vita apparse nel mondo delle tenebre di morte. โSeguireโ significa allora aver fede nella Rivelazione, ritrovare in Cristo (il Messia inviato dal Padre) il senso della propria vita.
Eโ lo stesso Gesรน ad esplicitarlo, quando subito dopo afferma: โIo do loro la vita eternaโ (v.28); anche questa espressione ha un accento tipicamente giovanneo: non si riferisce solo alla vita futura, nellโaldilร (come nei sinottici), ma indica quella โvita divinaโ che รจ possibile avere in sรฉ fin dโora, se si รจ in comunione con Cristo: โDio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perchรฉ chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia [fin da subito]la vita eternaโ (Giov.3,16).
Ora, la prerogativa piรน affascinante di questa โvita eternaโ, prerogativa che molte volte Gesรน ribadisce (due in questo stesso brano, una dietro lโaltra, ai vv.28 e 29) รจ lโassicurazione che mai, per nessuna ragione, le pecore โverranno rapiteโ; cioรจ: dal momento in cui iniziano a vivere la comunione divina, sono nelle mani del Padre e non avranno mai a subire danni.
Paradossalmente, ma realmente, questo รจ possibile giร nellโesistenza terrena, pure segnata da debolezze, fragilitร e dalla presenza del male, perchรฉ, come dice sempre la Scrittura, il Buon Pastore รจ nello stesso tempo lโAgnello. Cosรฌ leggiamo in Giov.2,36: โEcco lโagnello di Dio!โ; e cosรฌ ci rivela lโApocalisse: โLโAgnello sarร il loro pastore e li guiderร alle fonti delle acque della vitaโ(Ap.7,17). Stando a queste ultime parole, Gesรน svolge la sua funzione di pastore che guida e custodisce le sue pecore, non dal di fuori, ma dallโinterno della condizione umana di debolezza e di prova, simboleggiata dallโagnello: egli stesso lโha condivisa fino in fondo, fino alla morte di croce; e, vivendola con amore, ne ha fatto scaturire una possibilitร di vita, e di vita inpienezza.