Terza domenica di avvento, anno di Matteo
Is 35,1-6.8.10/ Gc 5,7-10/ Mt 11,2-11
Gesù è un bidone Possiamo celebrare cento natali senza che, mai, Dio nasca nei nostri cuori. Perciò ci dedichiamo del tempo, perciò ci concentriamo in questo breve tempo di avvento. Siamo qui per essere presi, strappati al turbinio della quotidianità, per fare come Maria e dimorare nell’ ascolto, per riconoscere i tanti profeti che stanno intorno a noi e ci indicano il Cristo. Il finto Natale che scorsa il festeggiato sfodera il suo vuoto: le luminarie addobbano le nostre città, le vetrine si riempiono di seducenti (e spesso inavvicinabili) doni, lo scipito bambinello è ormai definitivamente dimenticato in nome di una distorta visione del rispetto delle fedi altrui. (In settimana, rientrando da Roma, sul magazine dell’ aereoporto ho trovato due-pagine-due ben fatte di spiegazione dei simboli di Natale: la ragione della data, l’ albero, i doni. Mai menzionato il Nazareno!) L’ aria, però, è greve. La crisi continua a togliere prospettive, le rivelazioni diplomatiche tanto attese ci dicono che gli ambasciatori americani potrebbero aprire un bel sito di gossip, lo scenario politico è inquietante, la quasi totalità dei miei amici, e anch’ io, stringe alleanze coi famigliari chiedendo di non fare regali per non doverli fare e non gettare dalla finestra la preziosa tredicesima. Dopo duemila anni di natali, non avete l’ impressione che poco o nulla sia cambiato? Dio è venuto, bene, e allora? I forti continuano a fare i prepotenti, le logiche dell’ egoismo prevalgono (a volte anche nella Chiesa), le miserie abbondano, alla faccia del radioso futuro per l’ umanità (Sento stamani alla radio che ogni giorno muoiono diecimila bambini di fame, meno dello scorso anno, dice rassicurante il giornalista. Mi sento molto meglio).
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Un Profeta dubbioso
Il Giovanni che incontriamo oggi è ben diverso di quello esaltato e scontroso della scorsa settimana. Giovanni è in carcere e sa che sta per essere giustiziato a causa della sorda rabbia di una stizzita e isterica femme fatale e dalla debolezza di un re-fantoccio. Giovanni ha vissuto tutta la sua urticante vita solo per preparare la strada al Messia, lo ha riconosciuto il Messia, nascosto tra la folla dei penitenti che giungevano a farsi battezzare, lo ha accolto, stupito e frastornato per l’atteggiamento nascosto e umile del Salvatore del mondo.
Ma ora è perplesso, Giovanni, dubbioso.
Le notizie che gli giungono dai suoi discepoli lo lasciano costernato: il Messia non sta seguendo le sue orme, non incita con veemenza la gente, ha assunto un profilo basso, mediocre.
Giovanni (ricordate?) minacciava la vendetta di Dio, il fuoco divorante.
Gesù, invece, propone un perdono incondizionato, rimette le colpe, non minaccia né attua vendetta, dice che quel fuoco lo vuole accendere, certo, ma a partire dall’amore, non certo dal timore.
È troppo diverso questo Messia dal Messia atteso da Giovanni e da Israele, troppo diverso.
Diverso dal Dio che vorremmo noi, che vorrei io.
Un Dio diverso
Dio ci spiazza sempre, è sempre radicalmente diverso da come ce lo immaginiamo.
Anche le persone che, come Giovanni, vivono la radicalità della fede, rischiano di costruirsi un Dio a propria immagine e somiglianza. La venuta di Dio che Giovanni – e noi – si aspetta, è una venuta evidente, un irrompere nella storia con fragore assordante e schiere di angeli trionfanti.
Gesù, invece, ci svela il volto di un Dio celato, evidente, sì, ma non banale, pieno di ogni tenerezza e sensibilità. Siamo abituati, come Giovanni, a dividere il mondo in buoni e cattivi, i buoni (spesso noi!) da salvare e i cattivi da punire, per rimettere un po’ in sesto il palese squilibrio di questo mondo, che premia gli arroganti e bastona i giusti.
Gesù ci spiazza svelandoci che Dio, invece, divide il mondo in chi ama, o cerca di amare, o almeno si lascia amare, e chi no.
E l’amore è una possibilità immensa, l’unica cosa che tutti ci lega. Non i risultati, non gli sforzi, non le buone azioni ci salvano, ma la volontà di amare nella fragilità di ciò che siamo o che vorremmo essere.
Siete certi di Dio? Riprendete in mano il Vangelo e chiedete nella preghiera, a Dio, di condurvi nell’autenticità, sempre.
Siete pieni di dubbi? Anche il più grande degli uomini, l’ultimo dei profeti, è stato assalito dai dubbi.
Andate a dire a Giovanni
E Gesù, ovvio, non dà una risposta ai discepoli del Battista.
La fede non è evidente, Dio non è il risultato di un ragionamento scientifico, niente “prove” nella fede, con buona pace di quei simpaticoni scettici che fanno le radiografie e non trovano l’anima.
Ci sono dati, indizi, solo deboli indizi che lasciano intatta l’ambiguità del segno. Non è Dio che deve dimostrare qualcosa, sono io che devo cambiare ed accorgermi.
Gesù elenca i segni messianici profetizzati da Isaia e dice a suo cugino: “Guardati intorno, Giovanni”.
Guardiamoci intorno e riconosciamo i segni della presenza di Dio: quanti amici hanno incontrato Dio, gente disperata che ha convertito il proprio cuore, persone sfregiate dal dolore che hanno imparato a perdonare, fratelli accecati dall’invidia o dalla cupidigia che hanno messo le ali e ora sono diventati gioia e bene e amore quotidiano, crocefisso, donato.
Guarda, Giovanni, guarda i segni della vittoria silenziosa della venuta del Messia.
Anch’io li ho visti, quei segni.
Anch’io – credetemi – ho visto la forza dirompente del Vangelo, ho visto persone cambiare, guarire, scoprire. Anch’io ho visto nelle pieghe del nostro mondo corrotto e inquieto gesti di totale gratuità, vite consumate nel dono e nella speranza, squarci di fraternità in inferni di solitudine ed egoismo. Ho visto amici, i tanti segni del Regno.
Ho visto, anche recentemente, costruire comunità dal nulla, persone che non si arrendono alla disperazione e combattono per la giustizia, ho visto genitori mettere al centro la famiglia e i propri figli, ho visto persone vere.
Che sia questo il nostro problema principale? Una miopia interiore che ci impedisce di godere della nascosta e sottile presenza di Dio? Prepararsi al Natale significa, allora, convertire lo sguardo, accorgersi che il Regno avanza, è presente, che io posso renderlo presente.
Impariamo a riconoscere i segni della presenza di Dio, alziamo lo sguardo dal nostro dolore per accorgerci della salvezza che si attua nelle nostre soffocate città.
Guarda meglio
Poco più di dieci giorni al Natale, per guardare oltre, altrove, riconoscere i segni, magari diventare segno di speranza per i tanti (troppi, sempre di più) che a Natale si sentono soli come cani.
E lo sono davvero.
Dieci giorni per dire a chi non sa se Dio c’è ed è ed è amore e si chiede se anche il Nazareno, in fondo, sia solo un grande bidone: «Dio c’è, guarda come ha cambiato la mia vita, guarda come il dolore non mi ha sfiancato, guarda che bella la neve che cade, guarda come sorride, contento, tuo figlio, guarda quanto ti voglio bene…»