In quei giorni, giorni in cui il suo ministero pubblico cominciava a delinearsi e il suo nome a essere conosciuto grazie alle dispute il sabato in sinagoga e alle guarigioni che operava, Gesù si ritira in un luogo solitario a pregare. Sale su un monte e passa la notte in solitudine davanti a Dio.
Gesù cerca raccoglimento, uno spazio solitario divenuto ancora più vitale ora che le folle lo seguono, e si ritira sul monte prima di prendere una decisione importante.
Il mattino, infatti, sceglierà dodici tra i suoi discepoli per farne degli apostoli, degli inviati a trasmettere alle generazioni future l’insegnamento che riceveranno, dodici persone che condivideranno più strettamente la vita di Gesù e potranno meglio cogliere la portata del suo insegnamento.
Ma chi sono questi dodici?
Quattro pescatori, un pubblicano per mestiere collaborazionista del potere romano, uno zelota, per definizione un appartenente al movimento che lotta per la liberazione dai romani, uno studioso della scrittura, se seguiamo l’identificazione di Bartolomeo con il Natanaele del Vangelo di Giovanni, un uomo di Keriot o forse, seguendo un’altra etimologia, un uomo del pugnale, ovvero, un terrorista … e altri quattro di cui sappiamo poco.
Dodici persone eterogenee, dodici come le tribù di Israele, simbolicamente a rappresentare la totalità del popolo, sono stati scelti e chiamati dal Signore senza essersi scelti tra loro, uniti nella diversità e compagni di strada dal battesimo di Gesù in poi, non saranno esenti dai contrasti e dalle divisioni che ogni vita comune porta in sé.
Uno di loro tradirà, uno rinnegherà, tutti fuggiranno di fronte alla croce.
Comprenderanno solo dopo le parole di Gesù che parlavano di morte e resurrezione, di un regno che non è di questo mondo e si metteranno in cammino e racconteranno e porteranno la buona notizia, il vangelo, fino a noi che ora siamo responsabili di non perdere quel filo tessuto nei secoli.
Moltitudini di genti venivano da Gesù, cercando la fine della sofferenza, della malattia e trovando in lui una guarigione, ma Gesù non era un mago che operava prodigi, la sua forza di guaritore è la forza che viene dall’ascolto, dalla capacità di cogliere l’essenziale del bisogno di chi gli sta innanzi, è la forza di quell’amore che risana perché si fa compagno e non giudice.
Gesù passava facendo il bene e guarendo, ma soprattutto passava incontrando e mostrando con la sua vita la validità del suo insegnamento.
Dal monte, luogo per eccellenza di incontro con il Signore, nella solitudine che apre lo spazio alla vita interiore, alla valle, luogo di incontro con le folle, con la moltitudine di persone che pongono domande e cercano senso e guarigione, questo il cammino verticale e orizzontale che ci viene presentato.
Nel silenzio del monte nasce la forza da portare alla valle della nostra quotidiana vicenda umana, in una continua dialettica in cui silenzio e parola, solitudine e comunione si rimandano continuamente.
Questa è l’eredità lasciata ai dodici e, tramite loro, a noi.
sorella Elisabetta della comunità monastica di Bose
Lc 6, 12-19
Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.