«Chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo».
La prima domanda che salta alla mente dopo aver letto questo brano è, molto probabilmente: “questo proposito è mai stato davvero realizzato nelle comunità cristiane?”.
Anche se, la più importante è, però, un’altra: “in cosa consiste quel farsi servo e come si può concretizzarlo nel quotidiano?”. Tradurlo con l’“essere servizievole” è troppo riduttivo. Sarebbe meglio tradurlo con “dedicarsi all’altro”. E, posto che la nostra vita è un dono, servire l’altro, dedicarsi all’altro, significa essere fedeli a ciò che siamo, ovvero dare ciò che si è, o, come ci ha insegnato Madre Teresa, servire “è amare fino a stare male”.
Le parole del Vangelo di oggi non sono rivolte solo ai credenti o ai praticanti, ma a tutti, soprattutto ai potenti, a chi ha autorità, perché il potere è vero potere solo è al servizio del bene comune. Essere servo, essere schiavo, è molto difficile per noi. Parliamoci chiaro, esula proprio dal nostro modo di pensare. Avere la capacità di servire è un dono … dovremmo implorare per riceverla.
La Quaresima, allora, ci insegna proprio questo, che per ricevere questi doni bisogna prepararsi adeguatamente attraverso il digiuno, l’elemosina e la preghiera.
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