Commento al Vangelo del 11 marzo 2018 โ€“ p. Roberto Mela scj

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La teocrazia postesilica

1-2 Cronache non sono libri molto letti, anche in ambito cristiano. Sembra che essi siano stati redatti nellโ€™epoca persiana (539-333 a.C.) come rilettura dellโ€™intera storia di Israele. In termini anacronistici il suo genere letterario potrebbe esser definito โ€œrewritten Bible/Bibbia riscrittaโ€. Terminologia anacronistica, dal momento che ancora non esisteva alcun testo scritto conosciuto come โ€œBibbiaโ€.

In questi libri si dร  molto peso alle figure del re Davide e a quella di Salomone, non tanto perรฒ come re ma in quanto fondatore (Davide) e costruttore (Salomone) del tempio. Gli altri re sono visti come suoi protettori. In 1-2Cr vi ยซรจ unโ€™analitica descrizione dellโ€™istituzione del tempio di Gerusalemme, una storia del servizio liturgico, un resoconto dellโ€™organizzazione del personale del culto secondo le classi e i suoi uffici, un ritratto di Israele come comunitร  cultualeยป (C. Balzaretti).

Composti probabilmente da scribi ritornati dallโ€™esilio ricorrendo a fonti archivistiche in un tempo successivo a Esdra-Neemia, in questi testi รจ importante il principio teologico della retribuzione (cf. 1Cr 28,9).

Puรฒ essere utile ricordare alcune tesi riguardanti lโ€™intenzione dellโ€™autore e il genere letterario di 1-2Cr: ยซdifendere la nuova comunitร  teocratica in polemica con i Samaritani; scrivere una storia della dinastia davidica in vista delle sue realizzazioni nel culto; difendere le istituzioni postesiliche; scrivere una storia di Giuda e delle sue istituzioni; offrire un insegnamento religioso tramite la storia; interpretare per la comunitร  della restaurazione la storia di Israele come unโ€™eterna alleanza; riscrivere la storia alla luce del principio della retribuzione immediata; difendere lโ€™identitร  giudaica e lโ€™ortodossia in un periodo di forte pressione da parte di culti stranieri; scrivere la piรน ampia sintesi possibile delle differenti tradizioni religiose di Israele; chiudere la terza parte della Bibbia ebraica e unire il tutto con le prime dueยป (Id.).

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Il peccato di Israele

2Cr 29,1โ€“36,23 descrive la storia da Ezechia alla fine del regno di Giuda. Dopo Ezechia (29,1โ€“32,33), si narra di Manasse e Amon (33,1-25), di Giosia (34,1โ€“35,27) e, infine, degli ultimi quattro re (36,1-14: Ioacร z, Ioiakรฌm, Ioiachรฌn e Sedecรฌa). 2Cr 36,15-21 si sofferma sul peccato di Israele e 2Cr 36,22-23 riporta lโ€™editto di Ciro.

Molti re iniziano bene il loro regno ma, alla fine, si macchiano di โ€œinfedeltร /limโ€˜รดl-maโ€˜alโ€ e โ€œcontaminano/wayeแนญammeโ€™รปโ€ il tempio di YHWH โ€œconsacrato/hiqdรฎลกโ€ in Gerusalemme (33,14), coinvolgendo nel loro peccato i capi dei sacerdoti e tutto il popolo. Lโ€™esilio รจ il risultato dellโ€™infedeltร  di Israele (1Cr 5,25-26; 9,1; 2Cr 33,19).

Da parte sua, YHWH aveva sempre โ€œinviato con premura e sovente/haลกkฤ“m weลกฤlรปaแธฅโ€ i suoi messaggeri e i suoi profeti, perchรฉ โ€œaveva compassione/แธฅฤmalโ€ del suo popolo e della โ€œsua dimora/meโ€˜รดnรดโ€ (cf. v. 15). La risposta di tutti non fu solo lโ€™ingratitudine della mancanza di ascolto e il disinteresse, ma si spinse fino allโ€™โ€œirrisione/malโ€˜ibรฎmโ€, al โ€œdisprezzo/bรดzรฎmโ€ e alla โ€œderisione/mittaโ€˜teรฎmโ€ (v. 16) degli inviati di YHWH.

Distruzione ed esilio

Seguendo unโ€™interpretazione ferrea della legge della retribuzione โ€“ secondo la quale, in osservanza ad un rigido monoteismo, il bene e il male venivano attribuiti direttamente e totalmente allโ€™azione sovrana di YHWH  in risposta al comportamento positivo o negativo degli uomini โ€“, si descrive la completa distruzione della cittร  e del tempio da parte del nemico, la deportazione totale delle autoritร  e della popolazione scampata allโ€™uccisione immediata, la depredazione degli arredi del tempio e la devastazione di tutto il territorio. Ben cinque volte in tre versetti si usa lโ€™aggettivo ยซtuttoยป (vv. 17.18.19). A diversitร  della narrazione di 2Re, sembra che la terra rimanga senza abitanti. Di qui nacque anche la tesi esegetica della โ€œterra vuota/empty landโ€ di Giuda nel tempo esilico che imperรฒ nei decenni scorsi.

La durata dellโ€™esilio in settanta anni si trova in Geremia (29,10) ma il Cronista collega questo riferimento con una citazione di Lv 26,34: ยซfinchรฉ la terra sarร  soddisfatta dei suoi sabatiยป (cf. anche Lv 26,35.43). ยซI settanta anni di riposo sabbatico preparano la terra per quelli che ritornerannoยป (C. Balzaretti).

La cifra di 70 va intesa probabilmente in modo simbolico, ma cโ€™รจ chi la collega a date precise: 605 a.C. (prima deportazione) -539 a.C. (editto di Ciro) oppure 586 a.C. (distruzione del primo tempio) -516 a.C. (dedicazione del secondo tempio). La menzione di Geremia (vv. 12.21) forma la cornice alla storia dellโ€™ultimo re e funge da aggancio alla successiva menzione dellโ€™editto di Ciro.

Tutti i regni a Ciro

 YHWH รจ colui che distrugge in conseguenza dellโ€™infedeltร , ma รจ anche colui che suscita un โ€œsalvatoreโ€ inaspettato e sconcertante: lo straniero Ciro, re di Persia e conquistatore incontrastato di Babilonia (539 a.C.).

Geremia aveva profetizzato la missione di Ciro in senso negativo: ยซEcco io desterรฒ/mฤ“โ€˜รฎr lo spirito di un distruttoreโ€ฆ contro Babiloniaยป (Ger 51,1). Il Cronista interpreta in senso positivo lโ€™azione di YHWH: YHWH Dio del cielo โ€“ secondo lโ€™espressione messa in bocca a Ciro โ€“ ha suscitato lo spirito di (ยซmise in movimentoยป, C. Balzaretti) Ciro non per distruggere Babilonia, ma per fare ritornare i deportati e per ricostruire il tempio distrutto.

Lโ€™editto di Ciro (vv. 22-23) esprime la coscienza pretenziosa del re circa il fatto che Dio gli abbia conferito ยซtutti i regni della terraยป. Contestualmente, egli รจ consapevole che YHWH gli abbia โ€œconferito  lโ€™incarico/pฤqadโ€ di โ€œcostruirgli un tempio/libnรดt-lรด bayitโ€ a Gerusalemme.

Salga!

Grazie al potere effettivo di Ciro e alla sua politica religiosa illuminata e accondiscendente verso le popolazioni sottomesse, giunge consolante e liberatorio alle orecchie degli esuli il proclama regale: ยซChi tra voi appartiene al suo popolo? YHWH suo Dio sia con lui e โ€œsalga/weyฤโ€˜alโ€!ยป. Non si menziona la meta della โ€œsalitaโ€. Puรฒ essere un invito ad andare a Gerusalemme o a compiere il pellegrinaggio (cf. il verbo โ€˜ฤlฤh in 1Cr 15,1-24, cf. anche Gv 2,12; 5,1; 11,55). รˆ addirittura possibile interpretare lโ€™ultimo iussivo sospeso nellโ€™aria โ€“ che conclude il canone ebraico delle Scritture! โ€“ come uno iussivo fattitivo/hiphil  dello stesso verbo, col significato di โ€œfar salire/offrireโ€ un olocausto, celebrare il culto.

Lโ€™indeterminatezza del testo fa sรฌ che possa essere recepito come un messaggio rivolto a tutti i giudei, esuli o no, che in questo modo possono appropriarsi del messaggio e appartenere al popolo che puรฒ ancora โ€œpartireโ€ e โ€œoffrireโ€.

Lo straniero salvatore

La salvezza per lโ€™Israele deportato arriva inaspettatamente (ma, nella realtร  storica, sospirata realisticamente) da un re straniero, pagano, arrivista, bellicoso e apparentemente borioso. Le vie di Dio sono diverse da quelle degli uomini e la salvezza puรฒ nascere paradossalmente da un potente lontano, potenzialmente โ€œnemicoโ€, religiosamente estraneo alla propria tradizione. Se prima, da ingrati, si sono chiuse le orecchie ai profeti di Dio e si รจ aperta la bocca alla loro irrisione e disprezzo, ora si deve โ€œascoltareโ€ con cuore riconoscente lโ€™editto di liberazione pronunciato da un โ€œmessaggeroโ€ paradossale di YHWH.

Gesรน?

La storia esige discernimento e ascolto, illuminato dalla parola di Dio. รˆ bello pensare anche che lo iussivo esaltante con cui si conclude il canone ebraico delle Scritture abbia il suo termine ultimo in Gesรน, gloria del suo popolo, Israele, come ha proclamato benedicente il vecchio Simeone nel tempio ricostruito (cf. Lc 2,32). Verso di lui si puรฒ โ€œpartireโ€ e in lui si puรฒ โ€œoffrireโ€ lโ€™olocausto decisivo e paradossale.

Innalzato

Nel dialogo con Gesรน, il maestro in Israele Nicodemo aveva chiesto come fosse possibile rinascere di nuovo (Gv 3,9). Dopo i tre momenti del dialogo (vv. 1-3.4-8.9-12), viene delineata la traiettoria giovannea del Figlio dellโ€™uomo (vv.13-15).

Il โ€œFiglio dellโ€™uomoโ€ รจ un titolo che compare solo sulle labbra di Gesรน alla terza persona singolare, รจ il nome proprio di Gesรน, Gesรน di Nazaret, lโ€™Inviato del Padre e suo rivelatore (cf. 1,18), colui che porta la salvezza. Preesistente, il Figlio dellโ€™uomo si รจ abbassato (catabasi) nellโ€™incarnazione e si innalzerร  (anabasi) in un movimento pasquale, qui riportato in ordine inverso, centrato sul suo innalzamento (cf. 8,28; 12,34) glorioso (12,23; 13,31) in croce. รˆ un titolo orientato per lo piรน a indicare il momento della croce che sarร  affrontato da Gesรน.

Dopo il momento della catabasi nellโ€™incarnazione, necessario perchรฉ Gesรน sia il Rivelatore del Padre (v. 13, omesso barbaramente nella lettura liturgica!!), egli parla della sua anabasi (vv. 14-15), che, dal contesto, si capisce avere un senso pasquale.

Croce, fede, vita

Gesรน allude allโ€™innalzamento dellโ€™immagine del serpente nel deserto (Nm 21,4-9) compiuto da Mosรจ, perchรฉ chiunque avesse guardato ad esso (con fede, Sap 16,5-8) fosse salvato (da Dio, chiarisce sempre il libro della Sapienza). Cosรฌ avverrร  che la salvezza giunga attraverso qualche cosa che ha a che fare con lo strumento della punizione per il peccato di mormorazione. Anche Gesรน salva gli uomini per la sua partecipazione alla natura umana propria dei suoi fratelli.

Lโ€™evento della croce non รจ solo frutto della violenza umana o del caso, ma rientra nel piano salvifico del Padre: ยซOccorre che sia innalzatoยป. ยซLโ€™autentico miracolo che consente la rinascita รจ sicuramente lโ€™itinerario tracciato dalla catabasi e dallโ€™anabasi del Figlio dellโ€™uomo. Ma qui lโ€™accento cade indubbiamente sulla croce, punto focale di tale traiettoria. La salvezza รจ legata alla croceยป (J. Zumstein).

Con lโ€™intrusione del v. 15, lโ€™evangelista spiega che la croce ha un senso soteriologico e il suo risultato รจ la โ€œvita eternaโ€, linguaggio equivalente a quello della โ€œnuova nascitaโ€ dei versetti precedenti. Colui che crede nel Figlio dellโ€™uomo avrร  la vita eterna in lui. La fede, e  non la vista, porta la salvezza giร  qui e ora nella vita terrena, dovuta allโ€™appartenenza a Cristo.

I vv. 16-18 descrivono il dono del Figlio unigenito da parte del Padre e le sue conseguenze escatologiche. Il v. 16 offre il fondamento (โ€œinfatti/garโ€) di quanto affermato nei vv. 14-15. Lโ€™amore del Padre, concretizzatosi puntualmente nella storia nellโ€™invio dellโ€™Unigenito quale suo Rivelatore, ha una valenza positiva, salvifica. Non cโ€™รจ nel Padre alcuna volontร  di condanna del ยซmondoยป โ€“ in Gv sono gli uomini, il creato e le forze ostili a Dio โ€“ o di un abbandono escatologico di alcuno degli uomini, ma che tutto ยซil mondoยป sia salvato fin dโ€™ora dal Figlio grazie alla fede posta in lui. Il destino opposto degli uomini si gioca proprio sul ruolo della fede: chi non crede si รจ giร  autocondannato fin dโ€™ora a una destino di non-salvezza, di vita monca e indirizzata a una conclusione di non senso.

Luce e vita eterna

I vv. 18-19 sono in discontinuitร  con i precedenti perchรฉ il titolo di โ€œFiglio unigenito/di Dioโ€ รจ sostituito dallโ€™antitesi โ€œluce-tenebreโ€ e perchรฉ la terminologia delle โ€œopereโ€ prende il posto di quello della fede. ยซIl vocabolario etico sembra prevalere sugli annunci soteriologiciยป (J. Zumstein).

La continuitร , invece, รจ data dal fatto del tema centrale del giudizio, che si realizza con la venuta del Figlio e che sfocia nella salvezza di alcuni e nella perdizione degli altri. In continuitร  con quanto detto prima, Gesรน afferma che sono gli esseri umani stessi a decidere, col loro comportamento, il loro destino finale.

Chi compie il male si autoesclude alla ยซluceยป costituita dalla rivelazione offerta dal Figlio, la ยซodiaยป. Non vuol essere smascherato nelle sue vie di malvagitร .

Chi ยซviene alla luceยป, cioรจ chi crede in Gesรน Figlio unigenito di Dio, rivela che le sue opere sono buone perchรฉ compiute nellโ€™interiorizzazione profonda della veritร  (ยซchi fa la veritร ยป) costituita dalla persona di Gesรน, rivelatore del Padre. Con Gesรน giunge โ€œil discrimine/krisis (con senso attivo, espresso dal finale โ€“is)โ€, non il โ€œgiudizio/krima (con senso oggettivo, effetto del discrimine, espresso dal finale โ€“ma)โ€.

Davanti alla sua persona di Rivelatore ci si deve decidere personalmente fin dโ€™ora, con un esito escatologico sperimentabile giร  in questa nostra storia.

Paradossi di Dio

La salvezza degli esiliati di Israele in Babilonia giunge in modo inatteso e paradossale grazie a  un re straniero e pagano suscitato da YHWH.

La salvezza definitiva di una vita piena di amore e di senso sperimentabile fin dโ€™ora giunge a ogni uomo dallโ€™amore (che รจ lo Spirito) di Dio e del suo Inviato Rivelatore โ€œregalatoโ€ al mondo.

Chi crede nellโ€™amore manifestato pienamente nel paradosso della croce gloriosa, strumento โ€œdeboleโ€ dellโ€™amore onnipotentemente debole di Dio, possiede giร  adesso la ยซvita eternaยป (non โ€œfuturaโ€) impastata con i giorni pieni di senso vissuti sotto questo sole.

Commento a cura di padre Roberto Mela scj โ€“ Fonte del commento: Settimana News

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
della IV Domenica del Tempo di Quaresima โ€“ Anno B

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 11 Marzo 2018 anche qui.

Gv 3, 14-21
Dal Vangelo secondo Giovanni

14E come Mosรฉ innalzรฒ il serpente nel deserto, cosรฌ bisogna che sia innalzato il Figlio dellโ€™uomo, 15perchรฉ chiunque crede in lui abbia la vita eterna. 16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perchรฉ chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perchรฉ il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non รจ condannato; ma chi non crede รจ giร  stato condannato, perchรฉ non ha creduto nel nome dellโ€™unigenito Figlio di Dio. 19E il giudizio รจ questo: la luce รจ venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato piรน le tenebre che la luce, perchรฉ le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perchรฉ le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la veritร  viene verso la luce, perchรฉ appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dioยป.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 11 โ€“ 17 Marzo 2018
  • Tempo di Quaresima IV
  • Colore Viola
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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