Commento al Vangelo del 11 marzo 2018 โ€“ p. Fernando Armellini

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Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 11 marzo 2018.

Di lร  verrร  a giudicare

Un giorno Dio valuterร  la riuscita o il fallimento della vita di ognuno. Di lร  verrร  a giudicare รจ uno degli articoli della fede che professiamo, ma forse non ci siamo mai chiesti cosa significhi di lร . Di lร , da dove? Non ci siamo posti questa domanda, forse perchรฉ la risposta ci sembrava scontata: ritornerร  dal cielo.

Il Risorto ha promesso ai discepoli di rimanere con loro โ€œtutti i giorni, fino alla fine del mondoโ€ (Mt 28,20), dunque, non cโ€™รจ da attendersi un suo ritorno e il trono su cui si รจ assiso per pronunciare il suo giudizio non va collocato in cielo, ma sulla terra. Dove? Ecco la sorpresa: รจ dalla croce che egli giudica il mondo.

รˆ Gesรน, il crocefisso, che, rovesciando le prospettive e i valori del mondo, giudica le sconfitte una vittoria, il servizio un potere, la povertร  una ricchezza, la perdita un guadagno, lโ€™umiliazione un trionfo, la morte una nascita. รˆ con Gesรน crocefisso che ognuno si deve confrontare, perchรฉ egli solo รจ colui che dice la veritร  sulle scelte dellโ€™uomo ed รจ solo il suo giudizio che deve essere โ€œtemutoโ€, vale a dire, accolto e seguito.

Non incute paura il giudizio del Crocefisso. Costituisce, sรฌ, la piรน severa condanna di ogni malvagitร , ma รจ motivo di gioia e di speranza per il peccatore; dal Crocefisso, infatti, ognuno si sente ripetere soltanto: โ€œIo non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondoโ€ (Gv 12,47).

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Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:

โ€œFa che io non tema i giudizi degli uomini, ma che segua i tuoi giudizi, o Crocifissoโ€.

Prima Lettura (2 Cr 36,14-16.19-25)

In quei giorni 14 tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltร , imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato in Gerusalemme.
15 Il Signore Dio dei loro padri mandรฒ premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perchรฉ amava il suo popolo e la sua dimora. 16 Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che lโ€™ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza piรน rimedio.
19 Quindi incendiarono il tempio, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutte le sue case piรน eleganti.
20 Il re deportรฒ in Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino allโ€™avvento del regno persiano, 21 attuandosi cosรฌ la parola del Signore, predetta per bocca di Geremia: โ€œFinchรฉ il paese non abbia scontato i suoi sabati, esso riposerร  per tutto il tempo nella desolazione fino al compiersi di settanta anniโ€.
22 Nellโ€™anno primo di Ciro, re di Persia, a compimento della parola del Signore predetta per bocca di Geremia, il Signore suscitรฒ lo spirito di Ciro re di Persia, che fece proclamare per tutto il regno, a voce e per iscritto: 23 โ€œDice Ciro re di Persia: Il Signore, Dio dei cieli, mi ha consegnato tutti i regni della terra. Egli mi ha comandato di costruirgli un tempio in Gerusalemme, che รจ in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il suo Dio sia con lui e parta!โ€.

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Gli israeliti ritenevano che, nellโ€™oltretomba, al giusto e al peccatore fosse riservata la stessa sorte: divenire โ€œombreโ€ che vagano in un luogo di silenzio, di tenebre e senza gioie (Sl 88,13). Per questo consideravano il bene e il male, i successi e le sventure di questa vita, come segni sicuri delle benedizioni o dei castighi di Dio per le opere compiute. Anche gli autori dei libri delle Cronache la pensavano in questo modo e il brano che oggi ci viene proposto ne รจ una prova.

Siamo nel V-IV secolo a.C., sono giร  passati molti anni da quando Nabucodรฒnosor ha distrutto Gerusalemme e deportato a Babilonia gli scampati alla spada (vv. 19-20); gli esuli hanno fatto ritorno nella terra dei loro padri, eppure non riescono ancora a darsi una ragione della sciagura che li ha colpiti. Come mai โ€“ si chiedono โ€“ Dio ha permesso che il tempio e la cittร  santa fossero distrutti?

La prima parte della lettura scioglie questo enigma (vv. 14-18): Israele รจ stato colpito a causa delle sue infedeltร  e dellโ€™insensatezza dei suoi capi e dei suoi sacerdoti. Il Signore amava il suo popolo, se ne prendeva cura, mandava i profeti per indicare il cammino della vita, ma Israele disprezzรฒ le parole dei suoi inviati, li schernรฌ e perseguitรฒ. Dio allora fu colto dallโ€™ira e punรฌ, senza rimedio, il popolo, che fu sconfitto e umiliato dai babilonesi.

La seconda parte della lettura (v. 21) introduce un secondo esempio di retriยญbuzione rigorosa. Prima dellโ€™invasione dei babilonesi, Israele aveva trascurato lโ€™osservanza dellโ€™anno sabbatico, non aveva lasciato ripoยญsare la terra ogni sei anni, per permettere ai poveri e agli animali di nutrirsi dei frutti spontanei del suolo (Lv 26, 34). Per questo Dio aveva fatto scontare al suo popolo questa infedeltร  mandandolo in esilio per settantโ€™anni, cosรฌ la terra riposรฒ per tutto il tempo che le era stato โ€œsottrattoโ€.

La logica del libro delle Cronache ci sorprende e va chiarita. Di fronte a questo Signore permaloso e suscettibile rimaniamo allibiti e ci chiediamo: che Dio รจ mai questo che si adira come un uomo, si comporta come un contabile, prende nota dei debiti e dei crediti, tira freddamente le somme e punisce con severitร , coinvolgendo addirittura degli innocenti?

Questo modo di intendere la retribuzione solleva difficoltร  insormontabili. Come spiegare, ad esempio, le sventure che colpiscono anche i giusti e la prosperitร  dei malvagi? Al colmo dellโ€™amarezza, Giobbe, sconsolato, arguiva: non so neppur io se sono innocente o colpevole; ma so che detesto la vita, perchรฉ sono costretto a concludere che Dio โ€œfa perire lโ€™innocente e il reo. Se un flagello uccide allโ€™improvviso, della sciagura degli innocenti egli se ne ride! La terra รจ in balia del malfattore ed egli vela il volto dei giudici. Se non lui, chi dunque?โ€ (Gb 9,21-24) e il Qoelet: โ€œTutto ho visto nei giorni della mia vanitร : perire il giusto nonostante la sua giustizia, vivere a lungo lโ€™empio nonostante la sua iniquitร โ€ (Qo 7,15). Anche scorrendo la storia di Israele, si รจ costretti ad ammettere che spesso, proprio quando era fedele al Siยญgnore, questo popolo veniva sopraffatto dai nemici.

Indubbiamente il linguaggio impiegato รจ arcaico, ricorre spesso nellโ€™Antico Testamento, ma non รจ piรน il nostro: presenta come castigo di Dio ciรฒ che, in realtร , รจ solo una conseguenza degli errori dellโ€™uomo. Non Dio, ma il peccato castiga chi lo commette e, a volte, si ripercuote, con le sue nefaste conseguenze, anche โ€œnei figli e nei figli dei figli, fino alla terza e alla quarta generazioneโ€ (Es 34,7). Questa veritร  era ben nota ai saggi dellโ€™Antico Testamento, che la ripetevano frequentemente: chi pecca contro Dio, danneggia se stesso; quanti lo odiano amano la morte (Pr 8,36); โ€œNon provocate la morte con gli errori della vostra vita, non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani, perchรฉ Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventiโ€ (Sap 1,12).

Non รจ dunque stato il Signore a mandare in esilio Israele nรฉ, ancor meno, a incitare Nabucodรฒnosor a scatenare guerre e a commettere crimini e violenze. รˆ stata lโ€™insensatezza del popolo e dei suoi governanti a provocare la rovina. Quattro secoli piรน tardi, Gerusalemme ripeterร  lโ€™errore: rifiuterร  โ€œla via della paceโ€ proposta da Gesรน, non riconoscerร  โ€œil tempo in cui Dio lโ€™ha visitataโ€ e decreterร  la propria distruzione (Lc 19,41-44).

La lettura si chiude (vv. 22-23) con il racconto del ritorno dei deportati. Dopo lunghi anni dโ€™esilio, Dio suscitรฒ Ciro, re di Persia, che emanรฒ un editto in cui concedeva a tutti la libertร .

รˆ lโ€™immagine viva della conclusione di ogni storia fra Dio e lโ€™uomo: lโ€™ultima parola lโ€™avrร  sempre il suo amore.

Come gli israeliti infedeli, chi si allontana da Dio diviene schiavo dei propri idoli, ma il Signore non lo abbandona mai. Non cโ€™รจ prigione profonda e buia che egli non visiti, se lร  vi scorge un suo figlio; non cโ€™รจ condizione intricata che egli non sciolga, nรฉ catene del vizio che non sia deciso a spezzare, nรฉ odi atavici che egli non voglia o non sappia comporre.

Seconda Lettura (Ef 2,4-10)

4 Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, 5 da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. 6 Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesรน, 7 per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontร  verso di noi in Cristo Gesรน.
8 Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciรฒ non viene da voi, ma รจ dono di Dio; 9 nรฉ viene dalle opere, perchรฉ nessuno possa vantarsene. 10 Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesรน per le opere buone che Dio ha predisposto perchรฉ noi le praticassimo.

Questo brano va collocato nel contesto da cui รจ tolto, il secondo capitolo della Lettera agli efesini che inizia presenยญtando, in termini drammatici, la condizione dellโ€™uomo lontano da Dio e dalla salvezza. Chi conduce una vita corrotta, chi รจ schiavo dei propri vizi non sta costruendo la propria vita, sta semplicemente consumando la propria esistenza, รจ giร  morto.

Paolo include anche se stesso fra coloro che si trovavano in questa disperata condizione: โ€œNel numero di quei ribelli, del resto, siamo vissuti anche tutti noi, un tempo, con i desideri della nostra carne, seguendo le voglie della carne e i desideri cattivi; ed eravamo per natura meritevoli dโ€™ira, come gli altriโ€ (Ef 2,1-3).

A questo punto inizia la nostra lettura: Dio, ricco di amore e di misericordia, รจ intervenuto per liberare lโ€™uomo e lo ha fatto risuscitare, con Cristo, a nuova vita (vv. 4-7).

Questa salvezza non รจ il premio per le nostre buone azioni, ma รจ un dono completamente gratuito del Padre, per cui nessuno puรฒ vantarsi del bene che ritrova in sรฉ nรฉ, tanto meno, puรฒ diยญsprezzare chi, purtroppo, non ha ancora aperto il proprio cuore a tanta grazia (vv. 9-10).

Se รจ vero che non รจ lโ€™uomo a salvarsi mediante le proprie opere buoยญne, รจ altrettanto vero perรฒ che queste costituiscono la risposta necessaria allโ€™amore di Dio: sono il segno che la grazia del Signore รจ stata accolta e ha cominciato a produrre frutti (v. 10).

Vangelo (Gv 3,14-21)

In quel tempo Gesรน disse a Nicodemo: 14 โ€œCome Mosรจ innalzรฒ il serpente nel deserto, cosรฌ bisogna che sia innalzato il Figlio dellโ€™uomo, 15 perchรฉ chiunque crede in lui abbia la vita eternaโ€.
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perchรฉ chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perchรฉ il mondo si salvi per mezzo di lui.
18 Chi crede in lui non รจ condannato; ma chi non crede รจ giร  stato condannato, perchรฉ non ha creduto nel nome dellโ€™unigenito Figlio di Dio. 19 E il giudizio รจ questo: la luce รจ venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perchรฉ le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perchรฉ non siano svelate le sue opere. 21 Ma chi opera la veritร  viene alla luce, perchรฉ appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.

4a Domenica di Quaresima anno B

Solo lโ€™evangelista Giovanni parla di Nicodemo, personaggio ragguardevole fra i farisei, forse un membro del grande sinedrio, che, approfittando del buio e del silenzio della notte, si recรฒ da Gesรน. Pare di vederlo, questโ€™uomo giร  avanti negli anni, muoversi nellโ€™oscuritร , rasentando, circospetto, i muri della cittร  di Gerusalemme, per non essere scorto da qualche suo collega. รˆ alla ricerca della luce e ha intuito chi gliela puรฒ dare: il giovane rabbi di Nazaret, lโ€™uomo โ€œvenuto da Dio come maestroโ€ (Gv 3,2). Entra in scena di notte e nella notte si dilegua, senza che lโ€™evangelista ci riferisca come si รจ concluso il suo dialogo con Gesรน.

Dopo qualche tempo lo si ritroverร  fra i sommi sacerdoti di Gerusalemme impegnati in unโ€™animata discussione per trovare il modo di togliere di mezzo Gesรน. Egli li ascolterร  in silenzio, poi butterร  lรฌ una frase provocatoria: โ€œLa nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciรฒ che fa?โ€. Riceverร  una risposta irridente: โ€œStudia e vedrai che il Profeta non sorge dalla Galilea!โ€ (Gv 7,51-52). Povero Nicodemo, troppo leale per trovarsi a suo agio in quellโ€™assemblea di beffardi!

Farร  la sua ultima comparsa sul Calvario, assieme a Giuseppe dโ€™Arimatea, per avvolgere in bende il corpo di Gesรน e deporlo nel sepolcro (Gv 19,39-40).

Il brano di oggi costituisce lโ€™ultima parte del suo dialogo notturno.

Nella prima parte (vv.13-15), Gesรน gli richiama un episodio accaduto durante lโ€™esodo ed egli, โ€œil maestro dโ€™Israeleโ€ (Gv 3,10), lo ha certo presente. Nel deserto, molti israeliti erano caduti vittime dei serpenti velenosi; Mosรจ si era rivolto al Signore che gli aveva ordinato di coยญstruire un serpente di bronzo e di issarlo su un palo. Chi, dopo essere stato morsicato, avesse sollevato lo sguardo verso quel serpente, aveva salva la vita (Nm 21,4-9).

Il fatto รจ piuttosto singolare e pare ricollegarsi a certe pratiche magiche e idolatriche dellโ€™antichitร . Anche nel tempio di Gerusalemme era conservato un serpente di bronzo che, si diceva, fosse quello innalzato da Mosรจ.

Difficile stabilire cosa realmente accadde durante lโ€™esodo. Il messaggio dellโ€™episodio รจ invece chiaro e giร  i rabbini lo avevano intuito: gli israeliti non erano guariti perchรฉ guardavano al serpente, ma perchรฉ elevavano il loro cuore a Dio; era il Signore che salvava, non lโ€™effige di bronzo. Il libro della Sapienza commenta cosรฌ il fatto: โ€œChi si volgeva a guardarlo era salvato non da quello che vedeva, ma solo da te, salvatore di tuttiโ€ (Sap 16,7).

Gesรน si rifร  a questo fatto e lo interpreta come un simbolo di quanto sta per accadere a lui: sarร  innalzato sulla croce e tutti coloro che lo contempleranno avranno salva la vita.

Nicodemo, che aveva capito poco o nulla di quanto Gesรน aveva detto sulla necessitร  di โ€œnascere dallโ€™altoโ€, ha certo capito ancora di meno sullโ€™innalzamento del Figlio dellโ€™uomo. รˆ certo rimasto sorpreso, sconcertato, forse anche un poโ€™ deluso. Ha ascoltato in silenzio, incapace persino di formulare unโ€™ultima domanda. Non poteva capire perchรฉ gli mancava la luce del Risorto e le affermazioni di Gesรน rimanevano avvolte in unโ€™aura di mistero. Non รจ cosรฌ per noi che oggi, alla luce degli avvenimenti della Pasqua, siamo in grado di capire: guardare a Gesรน โ€œinnalzatoโ€ significa โ€œcreยญdere in luiโ€ (v. 15), tenere gli occhi puntati sullโ€™amore che egli ha manifestato.

La croce non รจ un amuleto da appendere al collo nรฉ un simbolo che indica la conquista di un territorio o la sacralizzazione di un ambiente. รˆ il punto di riferimento di ogni sguardo del credente che, in essa, vede sintetizzata la proposta di vita fattagli dal Maestro. Sulla croce finivano gli schiavi, solo gli schiavi. Dallโ€™alto della croce Gesรน proclama che lโ€™uomo riuscito secondo Dio รจ colui che si รจ reso volontariamente schiavo per amore, servo dei propri fratelli fino a consumare la propria vita per loro.

Oggi i serpenti che feriscono, che avvelenano lโ€™esistenza e spengono la vita si chiamano orgoglio, invidie, risentimenti, passioni sregolate. Solo lo sguardo rivolto a colui che รจ stato innalzato puรฒ curare dal veleno di morte che iniettano nel cuore di ogni uomo. Un giorno perรฒ, tutti โ€“ assicura lโ€™evangelista โ€“ โ€œvolgeranno lo sguardo a colui che hanno trafittoโ€ (19,37) e saranno salvi.

Nella seconda parte del brano (vv. 16-21) abbiamo una meditazione teologica sulla missione del Figlio dellโ€™uomo: Dio non lo ha mandato โ€œper giudicare il mondo, ma perchรฉ il mondo si salvi per mezzo di luiโ€.

A differenza di Matteo che, per richiamare lโ€™importanza e le conseguenze eterne delle scelte fatte oggi, ricorre allโ€™immagine del giudizio finale, Giovanni impiega un linguaggio diverso e piรน consono alla mentalitร  di oggi: esclude addirittura che Dio giudiยญchi lโ€™uomo e parla di un giudizio che si attua nel presente e che รจ solo salvezza.

Le posizioni teologiche di Matteo e Giovanni sembrano contradditorie; in realtร , pur impiegando linguaggio e immagini differenti, i due evangelisti propongono la stessa veritร . Il giudizio di Dio non viene pronunciato alla fine dei tempi, ma oggi; di fronte a ogni opzione che lโ€™uomo รจ chiamato a fare, il Signore fa udire il suo parere: indica ciรฒ che รจ conforme alla sapienza del cielo e mette in guardia dalle scelte di morte.

Non si afferma che alla fine Dio rifiuterร  per sempre chi ha sbagliato, chi ha seguito altri criteri, altri giudizi. Dio non scaccerร  nessuno, egli โ€œvuole che tutti gli uomini siano salvatiโ€ (1 Tm 2,4) . Lโ€™assurditร  di una sua condanna รจ presentata da Paolo con una serie di domande retoriche: โ€œChi sarร  contro di noi? Chi accuserร  gli eletti di Dio? Dio che rende giusti? Chi condannerร ? Cristo Gesรน, che รจ morto, anzi, che รจ risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi?โ€ (Rm 8,31-34). La conclusione รจ scontata: โ€œNessuna creatura potrร  mai separarci dallโ€™amore di Dio, in Cristo Gesรน, nostro Signoreโ€ (Rm 8,39).

Tuttavia, al termine della vita, quando Dio โ€œproverร  col fuoco la qualitร  dellโ€™opera di ognunoโ€ (1 Cor 3,13), verranno evidenziate la conformitร  o la difformitร  delle azioni di ciascuno con la persona di Cristo. Dio accoglierร  certamente tutti fra le sue braccia, ma qualcuno sarร  costretto ad ammettere di aver gestito molto male o di avere irrimediabilmente sprecato lโ€™opportunitร  unica che gli era stata offerta. Lโ€™opera di costui โ€“ ammonisce Paolo โ€“ โ€œfinirร  bruciata; anche se egli si salverร , perรฒ come attraverso il fuocoโ€ (1 Cor 3,15).

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[accordion title=โ€Chi รจ Fernando Armelliniโ€ load=โ€hideโ€]Ha conseguito la licenza in Teologia presso la Pontificia Universitร  Urbaniana e in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma.
Ha perfezionato gli studi di storia, archeologia biblica e lingua ebraica presso lโ€™Universitร  di Gerusalemme.
Per alcuni anni รจ stato missionario in Mozambico.
Attualmente insegna sacra Scrittura, รจ accreditato conferenziere in Italia e allโ€™estero ed รจ autore di commenti alle Sacre Scritture.[/accordion]
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