Commento al Vangelo del 11 marzo 2018 – don Marco Simeone

Il commento al Vangelo di domenica 11 marzo 2018 a cura di don Marco Simeone.

Una luce nel buio…

La 4° domenica di Quaresima è una luce che inizia a brillare, perché ormai il grosso è fatto, dovremmo iniziare a vedere i primi segni di cambiamento della Quaresima … oppure no. E sì, perché tante iniziative, tanti sforzi poi non sono così costanti, si comincia bene ma poi il giorno dopo siamo già col fiato corto; il digiuno, la preghiera e l’elemosina del mercoledì delle ceneri a volte diventa solo il pesce del venerdì.

Allora forse il vangelo di oggi è proprio per noi. Gesù parla con Nicodemo, un uomo buono e pio, che rispetta tutta la Legge e che sente che c’è di più, che il Messia non è poi così lontano, sente che forse è proprio Gesù, eppure non ha una grande voglia di cambiare, a scuola si direbbe che è bravo ma che non si impegna, gli basterebbe solo un piccolo passo e sarebbe arrivato. Allora Gesù prova a fargli fare quel saltino: il Padre ha mandato il Figlio nel mondo perché l’uomo potesse essere salvato e questo non attraverso altri sforzi sovrumani che solo le persone di una certa levatura morale sarebbero in grado di fare, eroi dello spirito, ma una salvezza “regalata”, donata a mani aperte a quelli che ne hanno più bisogno.

Per indicare questo Gesù ricorda a Nicodemo un episodio del cammino del popolo d’Israele nel deserto, momento in cui il popolo aveva mormorato contro Dio, senza motivi particolari se non la stanchezza del viaggio e le ristrettezze, e Dio per dimostrare quanto fosse velenoso un atteggiamento simile, aveva mandato dei serpenti a mordere i “mormoratori”; l’unica via di salvezza era fissare lo sguardo su un serpente di bronzo issato su di un palo al centro dell’accampamento e subito si veniva guariti. Gesù è sceso dal cielo perché abbiamo bisogno di essere salvati, perché abbiamo un cuore ferito che reagisce al dolore incupendosi sempre di più. Il Figlio dell’uomo che deve essere innalzato è una chiara allusione alla croce; la cosa strana è che nell’episodio di Mosè bastava guardare l’asta cl serpente per essere guariti, nella croce è l’amore stesso di Dio che ci attira.

Chi guarda Gesù e la sua croce e crede a quanto amore ci sia in quel gesto di donazione estrema, è già guarito. Questa è la salvezza: non “diventare buoni” o addirittura non sbagliare più (questo sarebbe una forma di pelagianesimo, cioè io mi salvo da solo, con le mie forze!), salvezza è scoprire quanto amore ha Dio per me da andare in croce al posto mio, che paga Lui le conseguenze del mio peccato, Lui l’unico vero innocente nella storia che paga per i peccati di tutti gli altri. Contemplare tutto ciò comporta 2 grandi acquisizioni: la prima è che io sono un peccatore che ha un bisogno vero, assoluto (più dell’aria e dell’acqua!) di salvezza, di una vita nuova. La seconda è che il giudizio di Dio è un giudizio di salvezza, che Lui è capace di salvarmi e vuole salvarmi gratis.

Per questo Gesù sottolinea che il giudizio lo fa Dio perché fa luce, cioè svela la verità della nostra vita avvolgendola col suo amore, ma anche noi compiamo il giudizio accogliendolo, cioè entrando nella luce della verità, o possiamo negarlo nascondendoci dentro le nostre menzogne e credendo alla grande menzogna, quella che sedusse Adamo e Eva, cioè che Dio non ci vuole bene e che sarebbe cattivo. Per questo oggi è una domenica di festa ma una festa secondo lo stile del Signore: Dio ti salva, ma la salvezza per compiersi ha bisogno della tua attiva cooperazione, cioè diventare sempre più adulto e consapevole, accettando di lasciarti fare luce sulla tua vita da Gesù. Questo significa venire alla luce e fare le opere nella logica di Dio.

Le altre letture ci raccontano questa dinamica: la 1° lettura racconta la caduta del regno di Giuda e la deportazione a Babilonia, fino a quando il Signore suscita Ciro, il re di Persia, un pagano, per salvare il suo popolo; dopo 70 anni di esilio, molti erano nati in stato di schiavitù ed erano morti in schiavitù, avevano fatto figli raccontando che il loro Dio li avrebbe prima o poi salvati, in un mese (nella vita reale potremo dire dal giorno alla notte) si ritrovarono liberi, sulla via del ritorno e con un carico d’oro per iniziare la ricostruzione del Tempio. Il Signore li aveva avvertiti che la loro condotta li portava alla caduta, alla tragedia, ma loro si erano intestarditi, avevano rifiutato Dio e si erano avvolti, crogiolati, nei loro peccati, nelle scelte senza Dio, come una pianta che scelga liberamente di tagliarsi le radici illudendosi che così bisognava fare, che era giusto, logico, sano, moderno, e così via…è sempre la stessa storia. E Dio, dopo essere stato così brutalmente scaricato, li stava salvando, gratis.

Così come nella lettera agli Efesini, Paolo racconta la salvezza guardando Gesù in croce (ovviamente con gli occhi della fede) e gli mostra che la salvezza accade nel momento che ci rendiamo conto di essere amati da Dio nonostante, oltre, i nostri peccati e i nostri fallimenti e infedeltà: è la Sua fedeltà che ci salva e ci rende fedeli. Per questo sottolinea che viene da Dio e non dalle nostre opere, per non disinnescare quella carica dirompente che è scoprirci amati mentre siamo peccatori, che Dio risponde ai nostri divorzi da Lui (i peccati) con un patto (un’alleanza) ancora più forte e avvolgente.

Se accetti questa sproporzione capisci perché i santi si sentivano trafiggere il cuore: chi si salva da solo da cosa si dovrebbe sentire colpito? E chi si sente a posto (“padre ma io che peccati posso mai aver fatto….”) di cosa si dovrebbe commuovere? Solo chi lascia fare allo Spirito Santo smette di avere paura della luce e scopre la grandezza, la magnanimità di Dio: questo tocca il cuore e gli libera una forza di risposta che nemmeno sogniamo di avere. Gesù nel vangelo dice che anche se siamo cattivi siamo comunque capaci di essere generosi con i figli, oggi quella salvezza ti viene annunciata, cosa scegli: luce o tenebre?

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
della IV Domenica del Tempo di Quaresima – Anno B

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 11 Marzo 2018 anche qui.

Gv 3, 14-21
Dal Vangelo secondo Giovanni

14E come Mosé innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. 16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 11 – 17 Marzo 2018
  • Tempo di Quaresima IV
  • Colore Viola
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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