Commento al Vangelo del 11 Luglio 2021 – don Giovanni Berti (don Gioba)

1348

La missione dell’amore

“Come è bello far l’amore da Trieste in giù…”.

È il ritornello della canzone “Tanti Auguri” di Raffaella Carrà che mi è risuonata in testa tutto il giorno quando mercoledì scorso sono stato con i bambini e ragazzi del grest al parco Minitalia. Mi ricordavo bene il video degli anni 70 (era la sigla di un programma televisivo) nel quale la Carrà cantava in mezzo ai monumenti in miniatura di tutta Italia. Non era stato girato nel parco di Bergamo dove ero in quel momento con il grest, ma nell’altro che c’è a Rimini, “L’Italia in miniatura”, ma l’effetto era lo stesso. La canzone aveva un testo che per l’epoca era davvero molto trasgressivo, anche se di fondo aveva un messaggio positivo, quando diceva “non c’è odio né violenza quando a letto l’amore c’è”, con una panoramica di tutte le bellezze artistiche e paesaggistiche della nostra nazione, unite da un solo canto che in fondo era gioioso e libero.

L’evangelista Marco nel Vangelo di questa domenica ci racconta della missione che Gesù affida ai suoi 12 discepoli, che già nel numero (dodici) sono il simbolo di un nuovo popolo di Dio mandato nel mondo per cambiarlo. È singolare che in questo invio missionario non si fa riferimento a delle cose da dire, ma è invece centrale lo stile dei missionari, che con quello che sono e con quello che fanno portano un messaggio chiaro.

Non hanno molto da dire, ma hanno soprattutto molto da fare e con uno stile ben preciso. Sono inviati in coppia, come era stile di allora, perché è nello stare insieme con amore che possiamo parlare di amore. Sono inviati da Gesù con la sua forza a scacciare tutto quello che allontana da Dio e rende l’uomo schiavo del male, della solitudine, della cattiveria umana. Sono mandati liberi e poveri, perché proprio nella semplicità ed essenzialità dei mezzi dimostrino che si fidano di Dio più che di sé stessi e delle loro capacità e mezzi. La povertà alla quale sono chiamati (non avere soldi e vestire come le persone comuni e non come i ricchi che hanno due tuniche) è garanzia di libertà e mostra con i fatti che davvero è Dio e il suo amore la loro vera ricchezza e sicurezza.

L’indicazione di scuotere via dai sandali persino la polvere dalle case dove non c’è stato ascolto e accoglienza, ricorda quello che facevano come rito gli ebrei quando rientravano in Israele da una terra di pagani. Per Gesù ora il paganesimo non è avere un altro dio o non essere credenti, ma il vero paganesimo è non accogliere e non ascoltare, in una parola non amare. In pratica Gesù invita i suoi missionari a non avere nulla a che fare con chi ha pregiudizi e chiusure mentali, ma al contrario coltivare invece legami di amicizia e ascolto reciproco con chiunque, indipendentemente da appartenenze religiose, culturali e nazionali.

Quella lontana missione data ai primi discepoli è quasi una prova generale di quello che sarà chiamata a fare nei secoli successivi la Chiesa dopo che Gesù è morto e risorto. In quella missione c’è la missione che abbiamo ricevuto tutti con il battesimo. In quei dodici inviati in quel modo e con quello stile ci siamo tutti noi, tutti, non solo preti e suore e missionari, ma tutti e ovunque siamo. Siamo chiamati davvero a portare non tanto teorie misteriose o un qualche discorso complicato, ma prima di tutto uno stile di vita che è libero e inclusivo. La missione è quella di far vedere in modo pratico che l’amore di Dio è possibile ovunque e per chiunque, basta ascoltare la voce dello Spirito che parla nel cuore umano. La missione è una testimonianza di un mondo nuovo anche dentro il nostro mondo vecchio che ci sembra sempre uguale e chiuso.

Raffaella Carrà cantava che l’amore è bello da Trieste in giù… Per Gesù anche da Trieste in su, e in ogni angolo del mondo e in ogni angolo di esistenza umana. Basta crederci e basta che ci sia qualcuno, e qui è il compito di noi cristiani, che lo testimoni con la vita ogni giorno.


Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)