Messaggio nel contesto
Il cap. 3 di Giovanni, composito e con sviluppi a sorpresa, è un progressivo venire alla luce, un uscire dalla notte al giorno, dalla legge al vangelo, dalla condizione servile alla libertà di figli. Sono numerose le allusioni battesimali (credere, essere generati dall’alto, dall’acqua e dallo spirito, dalla morte di Cristo, diventare figli, avere vita eterna, ecc.).
Il capitolo si articola in due parti principali (2,23-3,21 e 3,22-36), tra loro simmetriche, ciascuna con un racconto (2,23-3,2a e 3,22-26a), un dialogo (3,2b-12 e 3,26b-30) e infine un monologo (3,13-21 e 3,31-36). La prima parte è un confronto con Nicodemo, dove si dibatte il problema principale della salvezza: essa non viene dalla legge, ma è dono del Messia crocifisso. La seconda parte contiene, sulla bocca del Battista, la professione di fede, che nella prima parte era rimasta in sospeso.
Il tema centrale del brano è l’origine della vita. Non è la legge, ma l’adesione al Figlio, che ci fa vivere da figli e compiere ogni legge. Le parole di Gesù a Nicodemo hanno l’intento di operare in noi quel passaggio al cuore nuovo, richiesto dalla legge e promesso dai profeti, che vediamo così ben descritto in Filippesi 3, dove Paolo racconta la sua esperienza di uomo della legge che incontra il Signore. Nei vv.12-21, escono i temi fondamentali del vangelo: il Figlio dell’uomo innalzato, credere/non credere, vita eterna, l’amore di Dio, il dono del Figlio unigenito, salvezza/perdizione, non-giudizio/giudizio, luce/tenebre, amore/odio, fare la verità/fare il male.
Al centro del brano sta la persona di Gesù, che Nicodemo, fariseo ben disposto, riconosce come Messia. Ma chi è il Messia che viene a rinnovare l’alleanza e il tempio? Qual è il “flagello” con il quale trionfa sul male? Gesù è sì il Messia, ma non corrisponde all’attesa di chi sogna un messia potente che stermina i malvagi e premia i buoni (e chi si salverebbe?). è invece l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (1,29), il Figlio dell’uomo innalzato, il Figlio di Dio crocifisso, che ci dona l’amore del Padre e ci rende figli, capaci di amare come siamo amati.
Gli attori del cap. 3 sono Gesù da una parte e Nicodemo con il Battista dall’altra: è il dialogo della Parola con la legge e i profeti, che fa comprendere il mistero del Figlio dell’uomo.
Gesù è il Messia che, in quanto crocifisso, ci dà la vita, quella vita che la legge dice ma non dà e che i profeti solo promettono. La legge infatti prescrive ciò che bisogna fare; la profezia a sua volta denuncia ciò che non facciamo e annuncia ciò che Dio farà per noi. Legge e profezia sono, rispettivamente, richiesta implicita e promessa esplicita dello Spirito del Figlio.
Gesù non è venuto per abolire la legge e i profeti, ma per portarli a compimento (cf. Mt 5,17). Il comando che ci darà, sarà insieme nuovo e antico (1Gv 2,7-11). La novità sta nel fatto che, ciò che è antico come il desiderio dell’uomo, finalmente si realizza. Per questo ci lascerà il comando dell’amore reciproco (13,1ss), pieno compimento della legge (Rm 13,10).
Lo stile del brano, con un metodo caratteristico di Giovanni, è una progressione a salti, dove le incomprensioni e i fraintendimenti, vie interrotte e senza sbocco, servono alla Parola per condurre l’interlocutore a un livello superiore. Le note di questo dialogo, che si svolge nell’oscurità della notte, sono molteplici e sfumate, quasi incantate, come in un notturno. Sembrano eterogenee, con continui cambi di registro: sono i vari gradini che, uno sopra l’altro, portano a un orizzonte sempre più ampio, sino ad aprire, nel Figlio dell’uomo innalzato, la finestra sul mistero insondabile di Dio e dell’uomo, suo figlio nel Figlio. Come al solito i discorsi di Giovanni rivelano ciò che avviene nel cuore di chi legge: il lettore si accorge di essere letto da ciò che legge, perché la Parola, nel manifestarsi, con la sua luce risveglia la verità che già è in lui, come in tutti gli uomini.
Gesù, il Figlio dell’uomo innalzato, è la luce che ci fa venire alla luce, il Figlio che ama i fratelli come è amato dal Padre. Egli è il compimento della legge, amore pienamente realizzato di Dio per l’uomo e dell’uomo per Dio.
La Chiesa, guardando il Figlio dell’uomo innalzato, nella contemplazione della passione del suo Signore per lei, nasce come sua sposa. Eva fu tratta dal fianco di Adamo addormentato: la Chiesa è generata dalla ferita d’amore del suo Signore.
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 11 giugno 2017 anche qui.
Santissima Trinità
- Colore liturgico: Bianco
- Es 34, 4-6. 8-9; Dn 3,52-56; 2 Cor 13, 11-13; Gv 3, 16-18
Gv 3, 16-18
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 11 – 17 Giugno 2017
- Tempo Ordinario X, Colore bianco
- Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 2
Fonte: LaSacraBibbia.net
LEGGI ALTRI COMMENTI AL VANGELO
Lettura del testo
[ads2]v. 16: Dio infatti tanto amò il mondo. Dio da sempre ama il mondo, anche se il mondo lo rifiuta. L’amore del Padre è gratuito e senza riserve. Il Figlio, che lo conosce e ne vive, ce lo testimonia dalla croce. Questo versetto ci presenta il centro del vangelo di Giovanni, che vuol portarci a confessare con meraviglia: “Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi”. Infatti “Dio è amore” (1Gv 4,16). Solo a questa luce possiamo comprendere correttamente tutta la rivelazione e correggere ogni sua interpretazione.
da dare il Figlio unigenito. Perché il Padre manda il Figlio? Non poteva venire e farsi carne lui stesso? Ci ha dato il Figlio perché solo in lui, che ama come è amato, vediamo la nostra identità di figli del Padre.
Gesù, essendo figlio, ha vissuto ciò che anche noi siamo chiamati a vivere: la “filialità” e la conseguente fraternità. Egli ci ama dello stesso amore che il Padre ha per lui (15,9) e ci assicura che il Padre ci ama come lui (17,23), con un amore che è prima della fondazione del mondo (17,24).
chiunque crede in lui, ecc. La salvezza è credere in Gesù crocifisso, il Figlio dell’uomo innalzato: lui è la Parola, luce e vita di ogni uomo, diventata carne per narrarci l’amore assoluto del Padre. In lui ci è data la nostra identità di figli e noi siamo ciò che siamo. Al di fuori di lui, siamo ciò che non siamo, il nulla di noi stessi. Per questo accogliere lui, il Figlio, è trovare se stessi; rifiutare lui è perdere se stessi.
v. 17: non per giudicare il mondo. Il Figlio ha lo stesso giudizio del Padre. Egli viene con il flagello nel tempio non per giudicare o condannare il mondo peccatore. È venuto a salvarlo proprio “purificando” il tempio, sdemonizzando con la sua croce l’immagine diabolica che l’uomo ha di Dio e di sé. In lui “innalzato” abbiamo la conoscenza vera di lui e di noi stessi, che la bocca del serpente ci aveva sottratta. Il “flagello” che purifica il tempio è la sua croce.
La salvezza o la perdizione non è predestinazione divina. Dio ha creato tutto per la vita e non c’è veleno di morte nelle sue creature, se non quello che ci siamo procurati noi, credendo alle nostre paure invece che a lui (cf. Sap 1,12s; 2,24). Ma se abbiamo abbandonato lui, sorgente di acqua viva (Ger 2,13), egli non ci ha abbandonato; ci ha anzi manifestato nel modo più grande e indubitabile il suo amore, perdendo se stesso per noi. Nell’abbandono del Figlio sulla croce (cf. Mc 15,34p), nessun abbandono è più abbandonato: in ogni perduto il Padre vede suo Figlio, che di ogni perdizione ha fatto dimora della Gloria.
v. 18: chi crede in lui non è giudicato. Aderire a lui è la “santità e giustizia” vera: è vivere del Figlio e da figli, partecipare alla gloria comune del Padre e del Figlio.
chi invece non crede è già stato giudicato, ecc. Chi non crede all’amore assoluto offerto dal Figlio dell’uomo innalzato si esclude dall’amore e dalla vita. Chi non aderisce al Figlio, nega la propria realtà di figlio.
La decisione di fede nei confronti della “carne” di Gesù ci fa nascere dall’alto: è la vita eterna. Il prologo non dice che chi lo rifiuta nella testimonianza dei sapienti e dei profeti è giudicato. Anzi, la Parola si è fatta carne per salvare questo mondo che non ha accolto la luce e si è condannato alle tenebre. Per questo ogni uomo, come Nicodemo, pur tra incertezze e difficoltà, va condotto a nascere dall’alto attraverso la conoscenza del Figlio. Il senso della storia umana è la rivelazione del Figlio, il suo crescere fino alla sua statura piena (Ef 4,13), perché Dio sia tutto in tutti (1Cor 15,28). Infatti, se è vero che la rivelazione è storia e carne, è altrettanto vero che la storia e la carne stessa sono rivelazione sempre più grande di Dio.
Pregare il testo
- Entro in preghiera come al solito.
- Mi raccolgo immaginando la notte in cui Nicodemo viene da Gesù.
- Chiedo ciò che voglio: comprendere e accogliere il mistero del Figlio dell’uomo innalzato come segno indubitabile dell’amore di Dio per me.
- Traendone frutto, ascolto ogni parola di Gesù a Nicodemo.
Da notare:
- molti credettero nel suo nome; Gesù però non si fidava di loro
- Nicodemo, fariseo e capo dei giudei, viene a Gesù di notte
- lo riconosce come maestro, venuto da Dio: è il Messia, Dio è con lui
- se uno non è generato dall’alto, non può vedere il regno di Dio
- la differenza tra nascere di nuovo ed essere generati dall’alto
- essere generati dallo Spirito è la promessa dei profeti
- nessuno è salito al cielo se non colui che è disceso dal cielo
- il serpente di bronzo innalzato e il Figlio dell’uomo innalzato
- chi crede in lui ha la vita eterna
- Dio tanto amò il mondo da dare il Figlio unigenito
- il Figlio non è venuto per condannare il mondo
- chi crede nel Figlio innalzato non è giudicato
- il giudizio è non accogliere l’amore che si conosce
- le difficoltà per giungere alla libertà di credere
- l’odio e l’amore della luce.
Testi utili
Sal 27; 131; Sap 9; Mc 10,17-31; 10,13-16; Gal 5,1ss; Fil 3.