Questa prima domenica dopo la Pentecoste è dedicata a contemplare il mistero della ss.ma Trinità. Lo Spirito Santo apre la nostra mente a conoscere, e soprattutto il nostro cuore ad amare Dio. Lo conosciamo com’è realmente, benché sempre in modo limitato e semplice. Lo conosciamo come amore e perciò come relazione, e siamo invitati dalle Scritture stesse ad usare per lui i termini cui siamo abituati nell’ambiente in cui noi stessi riusciamo maggiormente ad amare ed essere amati, la famiglia. I termini sono questi: Padre e Figlio e il loro reciproco amarsi, che è una terza fonte di amore, lo Spirito Santo appunto. Conosciamo Dio, ma non tanto quando ragioniamo sul suo essere e le sue possibilità, ma quando lo amiamo e quando ci amiamo. È l’amore lo strumento che ci abilita ad avvicinarci alla bellezza e alla grandezza nascosta di Dio. Possiamo quindi dire che la festa di oggi è la festa dell’amore. Infatti “Dio è amore”: lo ripetiamo con l’apostolo Giovanni.
Gesù stesso oggi ci dice, parlando a Nicodemo nella notte dei suoi timori provenienti dal suo amor proprio, che Dio “ha tanto amato il mondo”. L’amore di Dio incarnato nel Figlio, Dio-amore anche lui, è rivolto agli uomini che egli ha creato a sua immagine, ma che, a causa del peccato che li avvolge e li frena, non gli somigliano più nell’amare. Dio ci vuole ricuperare, vuole riaverci come figli, e per questo ha “dato” il Figlio, lo ha dato a noi perché lo possiamo vedere per imitarlo, per accoglierlo ed essere trasformati. Così “chiunque crede in lui” ritrova quella vita in vista della quale è stato creato, la vita divina, eterna, luminosa e ricca di amore santo. Il Figlio porta a noi visibilmente l’amore invisibile del Padre. L’amore del Padre è divenuto concreto, tangibile, pieno di forza, nella persona dell’Unigenito, che ha il compito appunto di amarci. Egli viene infatti per salvare, per salvare l’uomo peccatore già condannato dal suo peccato, e lo salva mettendosi vicino a lui per unirsi a lui. Infatti “chi crede in lui non è condannato”, perché chi crede in lui a lui è unito, e quindi trasformato, risanato e santificato.
Padre e Figlio e Spirito Santo sono per noi. Lo hanno compreso gli apostoli. Oggi sentiamo San Paolo che, pur dopo aver rimproverato i fedeli per gravi peccati ed averli esortati a continuare con perseveranza la loro conversione, invita tutti alla gioia. La gioia è già segno di salvezza avvenuta, è il godimento della salvezza! Chi è salvato da Gesù è gioioso, e la gioia lo porta a vivere in comunione, ad essere aperto agli altri per incoraggiarli, consolarli. Chi è salvato infatti compie lo stesso servizio di Gesù a chi ancora non gusta appieno il dono della salvezza.
La gioia del credente è quella del Padre per il Figlio e quella del Figlio per il Padre, è la gioia dei santi, quella di Maria, di Elisabetta, di Simeone e Anna, è la gioia dei pastori di Betlemme, la gioia di chi, pur portando le proprie croci quotidiane, ha nel cuore l’amore.
Conoscere Dio è fonte di gioia, perché inizio della salvezza. Chi conosce il Padre e il Figlio arriva finalmente a vivere! Proprio anche questo ha detto Gesù: “Questa è la vita eterna, conoscere il Padre e colui che il Padre ha mandato!”. La conoscenza del Padre è iniziata lentamente, quando egli ha voluto incontrare Mosè sul monte Sinai. È una conoscenza che costa fatica, la fatica di salire sul monte da solo e portando il peso di due tavole di pietra. Lassù Mosè si china a terra, si prostra e prega. È bella la sua preghiera: chiede a Dio non qualcosa, ma che egli sia sempre presente in mezzo al popolo, nonostante fosse “un popolo di dura cervice”, che cade spesso nel peccato di sfiducia e di disobbedienza. Il popolo ha bisogno di perdono, ne ha bisogno sempre, ma questo suo bisogno non può impedire a Dio di camminare in mezzo ad esso. “Il Signore cammini in mezzo a noi. … Tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato”. È iniziata in questo modo la conoscenza di Dio, e si è completata con Gesù, che si è fatto solidale con i peccatori, quando essi chiedevano perdono entrando nelle acque del Giordano. Allora il Padre ha manifestato la sua gioia per lui e la sua presenza per tutti noi.
Per noi è molto bello poter dire che crediamo non in un Dio, ma in un Padre, e che lui si è manifestato nel Figlio e con l’amore del Figlio ci ha amati. Si serve di lui per camminare con noi, in mezzo al suo popolo, come Mosè gli ha chiesto. Ed è ancor più bello sapere che il suo amore si manifesta al mondo attraverso i nostri piccoli e grandi atti di amore, anche quando essi costano, come a Gesù è costata la croce.
A cura della Casa di Preghiera S.Maria Assunta – Tavodo -Via della Pieve, 3 – 38078 SAN LORENZO DORSINO – TN
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Santissima Trinità
- Colore liturgico: Bianco
- Es 34, 4-6. 8-9; Dn 3,52-56; 2 Cor 13, 11-13; Gv 3, 16-18
Gv 3, 16-18
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 11 – 17 Giugno 2017
- Tempo Ordinario X, Colore bianco
- Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 2
Fonte: LaSacraBibbia.net
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