Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.
IL GERMOGLIO
La lettura di Isaia ci propone una vocazione. Non si tratta di quella di Isaia, che è narrata nel capitolo sesto, ma di un profeta. Il segno della sua consacrazione è l’unzione. Lo è anche per noi, l’olio è infatti usato nel battesimo, per la cresima, per l’ordine sacro e per l’unzione degli infermi. C’è però un consacrato per antonomasia: il Messia. È una parola che viene dall’ebraico e vuol dire unto, che in greco si dice Cristo. Questa unzione è il segno della presenza dello Spirito del Signore. Sembra allora che a parlare sia il Messia stesso, che è il profeta dei profeti, colui che non è semplicemente una voce, ma la Parola stessa, il Logos, che tutti i veggenti hanno proclamato. Ce lo conferma l’evangelista Luca (4,16-21), il quale racconta che Gesù, entrato nella sinagoga di Nazareth, lesse proprio questo brano di Isaia per annunciare la sua missione liberatrice. Infatti egli si rivolge ai miseri, a coloro che hanno il cuore spezzato, agli schiavi e ai prigionieri, che siamo noi. La miseria è la condizione di chi vive in esilio, lontano dalla patria, cioè quella dell’umanità cacciata dal paradiso terrestre. In questa lontananza il dolore e la fatica sono i compagni di viaggio che spezzano il cuore. Il desiderio, che in termini biblici si chiama concupiscenza, ci rende schiavi delle cose o dei debiti che si fanno per averle, ed infine il peccato in generale ci rende prigionieri. Possiamo facilmente riconoscerci in queste quattro categorie. Il Messia viene dunque per liberarci da tutto e ridarci la dignità che abbiamo perduto in Adamo. È una grande gioia, che coltiviamo nel cuore, come un germoglio prezioso. Ecco il senso del Natale. Un bambino che nasce, una gemma che deve sbocciare, che noi dobbiamo far crescere con fiducia e con amore. Giovanni Battista annuncia che Lui è già qui: in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete. Dobbiamo allora metterci nelle condizioni di riconoscerlo e di accoglierlo. San Paolo suggerisce come: siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie. La letizia viene dalla certezza che il Signore viene a liberarci; la preghiera ininterrotta dal desiderio che questo accada presto; il ringraziamento dalla coscienza che tutto quello che abbiamo è un dono gratuito del Suo amore. La nostra libertà usata malamente può arrivare a spegnere lo Spirito, cioè a negare Dio e ad autocondannarci. Dobbiamo allora essere attenti nel fare discernimento, cioè nel saper distinguere ciò che è il vero bene, perché il male si traveste sempre come qualcosa di buono. Lasciamo allora che lo Spirito metta il seme della fede nel nostro cuore e facciamolo germogliare con l’acqua del battesimo e la luce della sua parola.