E se avessimo torto?
Uno dei miei autori di fumetti preferito è Charles Schulz, inventore dei Peanuts. Ho ritrovato in rete una striscia nella quale Snoopy sta scrivendo un libro di teologia e Charlie Brown gli chiede se ha pensato ad un buon titolo. Snoopy quindi pensa il titolo perfetto e scrive “Vi è mai venuto in mente che potreste avere torto?”. L’ironia di Schulz qui tocca, come accade altre volte, la questione religiosa e la fede, e penso che come titolo per un libro che parla di Dio e di tutto quello che l’uomo ha ragionato e costruito sulla religione, il titolo di Snoopy sia davvero perfetto perché solleva il dubbio e mette in crisi le certezze.
A otto giorni dalla celebrazione della Pasqua, la liturgia ci fa ascoltare e meditare un brano di Vangelo che nella collocazione temporale degli eventi è sincronizzato con noi. L’evangelista Giovanni ci racconta di due episodi simili che accadono lo stesso giorno della settimana. Il primo episodio si colloca proprio nel giorno della resurrezione di Gesù e l’altro otto giorni dopo. Gesù risorto si mostra presente e vivo in mezzo alla sua comunità di primissimi amici. Già in questo c’è l’insegnamento che fin da subito i discepoli di Gesù hanno scelto come loro giorno la domenica, e ogni otto giorni si ritrovano in quel giorno in cui tutto è nato. Anche noi oggi, di otto giorni in otto giorni, ci raduniamo e nella preghiera sperimentiamo la presenza di Gesù vivente.
Nel racconto del Vangelo, l’evangelista sottolinea che Gesù senza tanti colpi di scena magici (che non interessano a Giovanni) viene e “sta in mezzo” alla sua comunità. Solo Gesù è in mezzo, e nessun altro, mentre tutti sono attorno e alla stessa distanza. È questa una immagine molto efficace di come è la Chiesa, anche se nel corso dei secoli poi si è fatto di tutto per creare e amplificare gerarchie, primi e secondi e ultimi posti, onori e privilegi. E così anche le nostre assemblee domenicali oggi si dividono in “vicini e lontani”, in coloro che sono “più vicini a Dio” e in chi “è lontano” e rimane in fondo. E tutto si traduce anche in giudizi incrociati anche se non espressi verbalmente ma pensati. Nel Vangelo ci viene detto che la struttura fondamentale della comunità è Gesù vivente in mezzo e tutti attorno. A tutti in modo uguale Gesù dona la pace (“Pace a voi”) che non è un saluto formale ma un vero e proprio dono di felicità. Gesù risorto non si sofferma sui tradimenti che solo pochi giorni prima, quando è stato abbandonato, hanno coinvolto tutti i discepoli. Gesù dona pace e dona Spirito Santo, su tutti, e a tutti mostra i segni del suo amore vero. Nella comunità non c’è spazio per il giudizio ma solo per il dono e il perdono!
Ma ne manca uno, ed è Tommaso, figura del Vangelo fondamentale anche per noi oggi. Tommaso quando gli dicono “abbiamo visto il Signore” non si fida e mette il dubbio su quello che gli viene raccontato. Non è un dubbio malsano il suo, perché è quello di tutti noi che siamo continuamente in mezzo tra insegnamenti della fede e vita concreta, tra tradizioni religiose e esperienze di vita che spesso in conflitto e che generano domande. Tommaso vuole vedere e toccare, vuole un incontro personale con il Risorto, e vuole che questo incontro tocchi la sua vita e dia risposte alle sue domande. E così Gesù di nuovo si mostra vivente, e si rivolge direttamente a lui invitandolo alla fede. Non condanna le domande e i dubbi di Tommaso così come non condanna i nostri dubbi e domande. Ma abbiamo dubbi e domande?
Ecco il vero problema: non avere domande, e accettare la religione con i suoi dogmi, insegnamenti, regole e riti senza mai accendere la curiosità, senza mai domandarsi “ma tutto questo cosa c’entra con la mia vita, con quello che vivo e succede attorno a me?”. Senza vere domande rischiamo di non avere vere risposte. E alla fine perdiamo le tante inaspettate possibilità con le quali anche oggi Gesù si mostra vivente per me, per noi.
La domanda come quella del libro di teologia di Snoopy è una sfida anche a chi mi sta vicino ad essere credibile con la sua vita di cristiano, in modo che se mi parla di Dio, non si riduca ad annunci sterili e ripetizioni di formulette da catechismo, ma che questo lo si veda anche in quello che fa e dice nella vita. E lo stesso vale per me, che con quello che faccio e vivo, devo suscitare domande e stimolare la ricerca di fede e di Dio di chi mi sta vicino.
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)