Commento al Vangelo del 10 Marzo 2019 – Padre Giulio Michelini

Commento al Vangelo della Santa Domenica a cura di Giulio Michelini

Tentato come noi

Inizia il cammino di Quaresima, e alla nostra attenzione viene di nuovo proposto il brano delle tentazioni di Gesù. Il quadro biblico lucano si apre con lo Spirito, la cui presenza è segnalata per due volte nel versetto iniziale. Questa prima sottolineatura ci chiarisce uno dei significati del percorso quaresimale: esso avrà un senso se il cristiano avrà il coraggio di farsi guidare da Dio, attraverso il suo Spirito, senza avere schemi prefissati per un tempo forte che – si potrebbe facilmente dire – è già stato vissuto chissà quante volte nell’arco della propria vita.

Quanto al luogo in cui si svolgono le tentazioni, i sinottici parlano del deserto. Gesù viene dal Giordano, dove ha appena ricevuto il battesimo. Il dato è significativo per vari motivi. Anzitutto, non è indifferente sul piano storico e letterario che i vangeli sinottici ci presentino la stessa “trilogia” iniziale: la figura del Battista, il battesimo di Gesù, le tentazioni. E poi è importante notare che proprio all’inizio del suo ministero Gesù venga messo alla prova, appena dopo aver ascoltato la voce che gli diceva: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Lc 3,22). Su questa provocazione (che si potrebbe rendere “Poiché tu sei Figlio di Dio”, a ragione del periodo ipotetico greco, che qui implica una realtà) si consuma la prima tentazione di Luca che da Matteo sarà addirittura ripresa per un’altra volta ancora, nella seconda tentazione (Mt 4,6).

Lo Spirito invia Gesù nel deserto perché lì sia tentato. La Bibbia conosce molto bene questo verbo (peirazo), il quale – oltre che con “tentare” – potrebbe essere reso con “mettere alla prova”, “provare”. È soprattutto il verbo che compare per la prima volta in Gen 22, la pagina della “prova” di Abramo (o della “legatura di Isacco”). Il sostantivo correlato, tentazione (peirasmos), è quello del Pater: «non ci indurre/farci entrare/abbandonare in/nella tentazione» (Mt 6,13), e di chiunque voglia seriamente seguire Dio (Sir 2,1: «Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione»). Gesù viene messo alla prova, e non solo da Satana – ci dicono le occorrenze del verbo – come nel caso del vangelo odierno, ma, dai farisei, dai dottori della legge, e anche dalla gente comune. Tutta la vita di Gesù è attraversata da continue prove. La tentazione riguarda il suo ministero, ma, come già visto sopra, la vera prova del Figlio si misurerà dal suo tenere il rapporto con il Padre. Nei vangeli coloro che “tentano” Gesù (anche Pietro, quando chiamato Satana), cercano di separare il Figlio dal progetto salvifico di Dio.

Gesù fu «provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato», dice la Scrittura (Eb 4,15). L’ultima tentazione di Gesù è forse quella che si consuma durante la sua passione, al suo arresto al Getsemani (vedi la lotta di Gesù; cf. Lc 22,43-44): lì torna il diavolo, che aveva lasciato Gesù «per tornare al momento opportuno» (4,13), il tempo estremo della salvezza per tutti noi. In particolare, mentre Gesù è sulla croce verrà di nuovo formulata la stessa provocazione di Satana: «Se/Poiché sei Figlio di Dio…» (Mt 27,40).

Anche il cristiano è invitato, nel tempo della Quaresima, a condividere la prova di Gesù e soprattutto la sua scelta di opporsi alle facili proposte di Satana: il credente «con le promesse battesimali si impegna a respingere le medesime tentazioni del benessere, del successo e del dominio» (Catechismo degli Adulti, La verità vi farà liberi, 184).

Ne Il falò delle vanità, un romanzo che narra la storia di giovani a New York, lo scrittore americano recentemente scomparso, Tom Wolfe, ha condensato la vita degli yuppie negli anni Ottanta, riuscendo a centrare alcuni temi molto attuali. Uno di questi è l’infedeltà coniugale. Il brano che segue rende molto bene l’idea di come la vita di oggi sia continuamente “messa alla prova”, una “battaglia” nei confronti della quale è spesso facile trovare scuse per arrendersi e darsi per vinti. Non si tratta soltanto, ovviamente – anche se il nostro stralcio parla di questo – di una lotta nel campo della sessualità, ma di qualcosa che coinvolge ogni ambito della vita. Scrive Tom Wolfe, con la voce narrante del protagonista: «Era nell’aria! Come un’onda! Dappertutto! Inevitabile! Il sesso! È lì, dappertutto, offerto! Lungo tutto il percorso, sfacciato, esibito, manifesto! Se sei un uomo giovane, e abbastanza vivace, che cosa puoi fare? Tecnicamente, era stato infedele a sua moglie. Be’, certo… ma chi riusciva a restare monogamo in quell’ondata di concupiscenza che sommergeva il mondo? Era inevitabile. Per l’amor di Dio, come si possono schivare i fiocchi di neve? E quella era una tempesta! Lui era stato soltanto preso nel bel mezzo di una bufera» (Tom Wolfe, Il falò delle vanità, Mondadori 1988).

La tentazione di Gesù è diversa da quelle di cui scrive Wolfe. La prova del Figlio è sua, è speciale. Nondimeno, anche nelle nostre prove ad essere in gioco non è soltanto la coerenza o la nostra fragilità, ma – in ultima analisi – il nostro rapporto col Padre. Per noi la prova ultima è quella di credere o non credere nella proposta di Dio. Per questo dobbiamo sempre pregare, come recita la colletta seconda della Messa di oggi: «Stendi la tua mano su di noi […], perché vinciamo con il digiuno e la preghiera le continue seduzioni del maligno».

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