Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 10 Marzo 2019
Dallโanalisi dei testi biblici emerge un dato curioso: gli empi non sono mai tentati da Dio; la tentazione รจ un privilegio riservato ai giusti. Ben Sirac raccomanda al discepolo: โFiglio, preparati alla tentazione. Accetta quanto ti capita, sii paziente nelle vicende dolorose, perchรฉ Dio prova gli uomini ben accetti nel crogiolo del doloreโ (Sir 2,1.4-5). Le disgrazie e i fallimenti mettono a dura prova la fedeltร al Signore, ma anche la fortuna ed il successo possono costituire unโinsidia per la fede.
La tentazione offre lโopportunitร di fare un balzo in avanti, di migliorare, di purificarsi, di consolidare le scelte di fede. Comporta anche il rischio dellโerrore: โIl fascino del vizio deturpa anche il bene โ afferma lโautore del libro della Sapienza โ e il turbine della passione travolge una mente sempliceโ (Sap 4,12). Tuttavia la tentazione non รจ una provocazione al male, ma uno stimolo alla crescita, un passaggio obbligato per raggiungere la maturitร .
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Paolo assicura: โDio รจ fedele e non permetterร che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darร anche la via dโuscita e la forza per sopportarlaโ (1 Cor 10,13).
Lโautore della Lettera agli Ebrei ricorda unโaltra veritร consolante: Gesรน ha sperimentato le nostre stesse tentazioni, per questo โsa compatire le nostre infermitร โ e โper il fatto di essere stato messo alla prova, รจ in grado di venire in aiuto di coloro che subiscono la tentazioneโ (Eb 4,15; 2,18).
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โSignore non ti chiediamo di risparmiarci dalle difficoltร e dalle tentazioni, ma di uscirne maturatiโ.
Prima Lettura (Dt 26,4-10)
Mosรจ parlรฒ al popolo, e disse: 4 โIl sacerdote prenderร la cesta dalle tue mani e la deporrร davanti allโaltare del Signore tuo Dio 5 e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore tuo Dio: Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventรฒ una nazione grande, forte e numerosa. 6 Gli egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitรน. 7 Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltรฒ la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; 8 il Signore ci fece uscire dallโEgitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi, 9 e ci condusse in questo luogo e ci diede questo paese, dove scorre latte e miele. 10 Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato. Le deporrai davanti al Signore tuo Dio e ti prostrerai davanti al Signore tuo Dioโ.
โIl meglio delle primizie del tuo suolo lo porterai alla casa del tuo Dioโ (Es 23,19). Questa era la disposizione della Torah e in primavera, allโinizio della mietitura dellโorzo, il primo covone veniva portato nel tempio e offerto al Signore (Es 23,16). Dopo sette settimane, a conclusione della raccolta del grano, si celebrava la festa di Pentecoste e anche in questa occasione erano presentate a Dio le primizie (Es 34,22), non di tutti i frutti del campo, ma solo di quelle sette specie che sono il simbolo della terra dโIsraele: il grano, lโorzo, lโuva, i fichi, i melograni, le olive e i datteri (Dt 8,8).
Con questo rito si proclamava solennemente che Dio era il padrone della terra e di quanto essa produce. Oltre a questa offerta pubblica ce nโera unโaltra, privata, celebrata da ogni singolo gruppo familiare. Eโ a questa che fa riferimento la lettura di oggi.
Quando i frutti cominciavano a spuntare sugli alberi, il contadino segnava con un nastro i primi e, non appena erano maturi, li poneva in un cesto. Poi, accompagnato da tutta la sua famiglia, li portava al tempio. Nel consegnarli al ministro di Dio, diceva: riconosco che questi frutti non mi appartengono, sono un dono del Signore, sono cresciuti sulla terra che egli mi ha dato (Dt 26,1-3).
Eโ a questo punto che inizia la nostra lettura: il sacerdote prendeva il cesto e lo deponeva davanti allโaltare del Signore, poi invitava il contadino a fare la sua professione di fede. Lo aiutava recitando ad alta voce, in ebraico, ogni versetto del Credo e il pellegrino ripeteva, parola per parola, ciรฒ che udiva.
Alcuni pensano che il Credo sia una specie di elenco di veritร astratte che รจ necessario ammettere se non si vuole essere considerati eretici.
Se chiedessimo invece a un ebreo qual รจ la sua fede, egli ci risponderebbe con un racconto. Comincerebbe cosรฌ: โMio padre, Giacobbe, era un arameo erranteโ e continuerebbe narrando la storia del suo popolo e le gesta compiute dal Signore in suo favore.
La parte centrale della lettura di oggi (vv.5-9) contiene, in sintesi, proprio questa storia di salvezza. In essa si colgono facilmente due contrasti.
Il primo fra la situazione da cui ha avuto origine Israele (โฆda un โarameo erranteโ, senza terra, senza sicurezza, senza patria) e la realtร attuale: nel tempio cโรจ un agricoltore benestante che, con la sua famiglia, celebra sereno la festa, offre i frutti dei suoi campi, si rallegra perchรฉ i raccolti si annunciano abbondanti. Lโindigenza si รจ mutata in prosperitร .
Il secondo contrasto รจ fra la condizione di schiavitรน e quella della libertร . In terra straniera Israele รจ stato oppresso, maltrattato, umiliato, ora vive libero e felice.
Viene da chiedersi: chi ha operato questi prodigiosi capovolgimenti?
Nella sua professione di fede, il pio israelita dร la risposta: โIl Signore vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dallโEgitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi, e ci condusse in questo luogo e ci diede questo paese, dove scorre latte e mieleโ (vv.8-9).
Con la cerimonia delle primizie e con la proclamazione della professione della loro fede, gli israeliti riconoscono che Dio รจ stato fedele alle sue promesse e che la loro vita dipende completamente dalla sua generositร . Tutto ciรฒ che hanno รจ un dono suo.
Che fine facevano le primizie portate al tempio dal contadino?
Forse la risposta che ci viene in mente รจ: erano donate ai ministri che avevano officiato il rito.
Peccato che la nostra lettura si fermi al v. 10 e non riporti i versetti seguenti. I frutti non venivano bruciati sullโaltare nรฉ erano dati ai sacerdoti. Erano consegnati ai โrappresentanti Dioโ, i poveri. Erano offerti ai leviti, ai forestieri, agli orfani ed alle vedove (Dt 26,11-12). La festa poteva considerarsi ben riuscita e gradita a Dio solo dopo che i bisognosi e gli indigenti erano stati saziati. Prima di lasciare il santuario dove aveva offerto le primizie, il contadino era invitato a proclamare dinanzi al Signore suo Dio anche questa formula: โHo tolto dalla mia casa ciรฒ che era consacrato e lโho dato al levita, al forestiero, allโorfano e alla vedova, secondo quanto mi hai ordinatoโ (Dt 26,13).
Cโรจ un fatto che puรฒ essere verificato da tutti: i luoghi di preghiera (non importa di quale religione) costituiscono un richiamo irresistibile per i poveri. Quasi per istinto essi sembrano percepire che chi si avvicina a Dio diviene solidale e generoso con chi รจ nel bisogno.
Questo brano รจ stato scelto come apertura della Quaresima perchรฉ, a tutti coloro che chiama a conversione, Dio mostra le trasformazioni prodigiose che opera in chi si fida di lui.
Non รจ stato facile per Israele credere nel Signore. Piรน volte รจ stato tentato di rimpiangere la situazione di schiavitรน in cui era vissuto in Egitto. Dicevano i rabbini: โNon fu solo necessario trarre gli Ebrei dallโEgitto; fu anche necessario trarre lโEgitto dal cuore degli Ebreiโ.
Tuttavia, coloro che si sono fidati del Signore hanno verificato e possono testimoniare che quando egli invita ad uscire da una terra รจ sempre per introdurre in unโaltra migliore.
Seconda Lettura (Rm 10,8-13)
Fratelli, 8 che dice dunque la Scrittura? Vicino a te รจ la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioรจ la parola della fede che noi predichiamo.
9 Poichรฉ se confesserai con la tua bocca che Gesรน รจ il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.
10 Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. 11 Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarร deluso.
12 Poichรฉ non cโรจ distinzione fra giudeo e greco, dato che lui stesso รจ il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lโinvocano. 13 Infatti: Chiunque invocherร il nome del Signore sarร salvato.
Israele ha avuto โ dice Paolo allโinizio della lettura โ lโopportunitร di giungere alla salvezza perchรฉ ha avuto vicino la parola del Vangelo, lโha ascoltata dalla bocca stessa di Cristo e degli apostoli. Purtroppo non ha capito che il suo esodo verso la libertร non era ancora concluso, si รจ stancato di seguire il Signore, si รจ fermato. Solo una primizia di questo popolo ha capito e ha seguito Cristo (Rm 11,16).
A costoro viene chiesto di professare la loro fede e di questa fede viene anche enunciata la formula che tutta la riassume: Gesรน รจ il Signore.
ร questa la prima formula usata come โCredoโ nella chiesa primitiva. Paolo lo ha giร citato nella prima Lettera ai Corinti: โNessuno puรฒ dire: Gesรน รจ il Signore se non nello Spirito Santoโ (1 Cor 12,3). Solo chi รจ animato dallo Spirito puรฒ proclamare che un condannato, uno sconfitto รจ il Salvatore del mondo. Questa formula รจ stata conservata nel Gloria e ogni domenica noi ripetiamo: Tu solo sei il Signore, Gesรน Cristo!
La fede in Gesรน-Signore โ continua Paolo โ deve essere proclamata in due modi: con il cuore e con la lingua.
Con il cuore significa: con lโadesione della vita. La fede in Cristo deve portare a scelte basate su principi e su valori completamente nuovi.
Poi รจ necessaria la professione di fede con la bocca. La bocca รจ strettamente legata al cuore. Lo ha detto Gesรน: โCon la bocca si esprime ciรฒ che si ha nel cuoreโ (Lc 6,45). Chi รจ restio o addirittura si vergogna di dichiarare la propria fede vuol dire che รจ rimasto coinvolto solo in modo superficiale da Cristo.
Chi proclama il Credo insieme ai fratelli prende coscienza di appartenere ad un unico popolo di credenti che costituiscono โcome la primizia delle sue creatureโ (Gc 1,18). Non solo, ma รจ obbligato a considerare senza senso ogni distinzione fra โgiudeo e grecoโ. Lโunica professione di fede abbatte tutte le barriere create dalle differenze di razza, di cultura, di condizioni sociali ed economiche, di temperamento e di carattere.
Vangelo (Lc 4,1-13)
1 Gesรน, pieno di Spirito Santo, si allontanรฒ dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto 2 dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiรฒ nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame.
3 Allora il diavolo gli disse: โSe tu sei Figlio di Dio, dรฌ a questa pietra che diventi paneโ. 4 Gesรน gli rispose: โSta scritto: Non di solo pane vivrร lโuomoโ.
5 Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: 6 โTi darรฒ tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perchรฉ รจ stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. 7 Se ti prostri dinanzi a me tutto sarร tuoโ. 8 Gesรน gli rispose: โSta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adoreraiโ.
9 Il diavolo lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: โSe tu sei Figlio di Dio, buttati giรน; 10 sta scritto infatti: Ai suoi angeli darร ordine per te, perchรฉ essi ti custodiscano; 11 e anche: essi ti sosterranno con le mani, perchรฉ il tuo piede non inciampi in una pietraโ. 12 Gesรน gli rispose: โEโ stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuoโ.
13 Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanรฒ da lui per ritornare al tempo fissato.
Ogni anno, nella prima domenica di Quaresima, la liturgia vuole che si rifletta sulle tentazioni di Gesรน. Presenta il modo in cui il Maestro le ha affrontate per indicare a noi come possono essere riconosciute e superate.
Leggendo il brano di oggi, perรฒ, si ha lโimpressione che lโesperienza di Gesรน non ci possa aiutare molto: le sue tentazioni sono troppo diverse dalle nostre, sono strane, addirittura stravaganti. Chi di noi cederebbe mai alla sollecitazione di prostrarsi davanti al diavolo? Chi gli darebbe retta se proponesse di trasformare una pietra in pane o se ci invitasse a buttarci da una finestra? No, le nostre tentazioni sono molto piรน serie, piรน difficili da vincere e poi non durano solo una giornata, ma ci accompagnano per tutta la vita.
Questa difficoltร nasce dalla mancata comprensione del โgenere letterarioโ, vale a dire, del modo usato dallโautore per comunicare il suo messaggio. Il Vangelo di oggi non รจ la cronaca fedele, redatta da un testimone oculare, della sfida fra Gesรน e il diavolo (nรฉ Luca nรฉ alcun altro vi hanno assistito). Il brano รจ una lezione di catechesi e vuole insegnarci che Gesรน รจ stato messo alla prova non con tre, ma โcon ogni specie di tentazioneโ โ come afferma chiaramente il testo (v.13).
Per dirla in parole semplici e chiare: non siamo di fronte al racconto di tre episodi isolati della vita di Gesรน, ma a tre parabole in cui, attraverso immagini e richiami biblici, si afferma che Gesรน รจ stato tentato in tutto come noi, con unโunica differenza: egli non รจ mai stato vinto dal peccato (Eb 4,15). Questi tre quadri sono la sintesi simbolica della lotta contro il male da lui sostenuta in ogni momento della sua vita.
Forse qualcuno resta un poโ sconcertato di fronte allโidea che Gesรน abbia avuto dubbi come noi, che abbia incontrato difficoltร nellโadempimento della sua missione, che abbia scoperto solo gradualmente il progetto del Padre. Abbiamo quasi paura di abbassarlo troppo al nostro livello. Ma Dio non ha sentito avversione verso la nostra debolezza, lโha fatta sua e, nella nostra carne mortale, ha vinto il peccato.
Prima di prendere in esame queste tre โparaboleโ facciamo unโaltra premessa.
A differenza di Matteo che dice che Gesรน fu tentato solo alla fine dei quaranta giorni di digiuno (Mt 4,2), Luca afferma che la tentazione ha accompagnato Gesรน durante tutto il tempo trascorso nel deserto. Con questo richiamo al deserto e al numero quaranta, Luca intende collegare lโesperienza di Gesรน con quella di Israele, messo alla prova durante lโEsodo. Egli ripete lโesperienza del suo popolo: โDio ti ha fatto percorrere il deserto in questi quarantโanni per metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandamentiโ (Dt 8,2). A differenza di Israele, Gesรน, alla fine dei suoi โquaranta giorniโ, uscirร dal โdesertoโ pienamente vittorioso, il male sarร costretto ad ammettere la sua totale impotenza nei suoi confronti.
Ora consideriamo i tre quadri in cui sono condensate tutte le prove superate da Gesรน.
La prima tentazione: โDiโ a questa pietra che diventi pane!โ (vv.3-4).
Il racconto delle tentazioni viene subito dopo quello del battesimo che รจ stato commentato nella festa del battesimo del Signore. Abbiamo rilevato allora il fatto che Gesรน, il giusto, il santo, non ha iniziato la sua missione rimproverando i peccatori, non si รจ limitato a dare loro delle indicazioni, mantenendosi a distanza, come facevano i farisei. Egli รจ andato a farsi battezzare assieme ai peccatori, nel punto piรน basso della terra, si รจ confuso in mezzo a loro, รจ divenuto uno di loro, ha scelto di percorrere al loro fianco il cammino che porta alla liberazione.
Condividere in tutto la nostra condizione umana perรฒ non รจ facile. Ecco allora la prima tentazione che Gesรน ha avuto (non una sola volta, ma durante tutta la vita): servirsi del proprio potere divino per sfuggire alle difficoltร che gli uomini comuni incontrano. Essi hanno fame, si ammalano, si stancano, devono studiare per imparare, possono venire ingannati, sono soggetti a disgrazie e oppressi da ingiustizieโฆ Bene, lui puรฒ sottrarsi a queste difficoltร e il diavolo lo invita a farlo; gli propone di non esagerare nellโidentificarsi con gli uomini, gli suggerisce di fare dei miracoli per il suo tornaconto personale. Se Gesรน lo avesse ascoltato avrebbe rinunciato ad essere uno di noi, non sarebbe stato realmente uomo, avrebbe solo fatto finta di esserlo.
Gesรน ha capito quanto era diabolico questo progetto; ha usato sรฌ il potere di compiere miracoli, ma mai per sรฉ, sempre per gli altri. Ha lavorato, ha sudato, ha sofferto la fame, la sete, ha passato notti insonni, non ha voluto privilegi. Il momento culminante di questa tentazione fu sulla croce. Lรฌ di nuovo fu invitato a compiere un miracolo per sรฉ, fu sfidato a scendere. Se avesse compiuto il prodigio, se avesse rifiutato la โsconfittaโ, Gesรน sarebbe stato un trionfatore agli occhi degli uomini, ma sarebbe stato uno sconfitto davanti a Dio.
Questa tentazione si ripresenta, subdola, ogni giorno, anche a noi. Si ripresenta anzitutto come invito al ripiegamento egoistico su noi stessi senza pensare agli altri, come invito al rifiuto dellโatteggiamento solidale assunto da Cristo.
Si cede a questa tentazione quando le capacitร che Dio ha dato vengono impiegate per soddisfare i propri capricci e non per aiutare i fratelli; quando ci si adegua alla mentalitร corrente in cui ognuno cerca di arrangiarsi, di pensare solo al proprio tornaconto.
Gesรน ha preferito essere povero e sconfitto con gli altri piuttosto che divenire ricco e star bene da solo.
In questa prima scena viene identificato e denunciato il modo errato con cui lโuomo si rapporta con le realtร materiali. Eโ diabolico lโimpiego egoistico dei beni, accumulare per sรฉ, vivere del lavoro degli altri, cercare il piacere ad ogni costo, sperperare nel lusso e nel superfluo, mentre ad altri manca il necessario.
Alla proposta del diavolo Gesรน risponde richiamandosi ad un testo della Scrittura: โNon di solo pane vivrร lโuomoโ (Dt 8,3). Solo chi considera la propria vita alla luce della parola di Dio รจ capace di dare alle realtร di questo mondo il giusto valore. Non vanno disprezzate, distrutte, rifiutate, ma nemmeno trasformate in idoli. Sono solo creature, guai a considerarle degli assoluti.
La seconda tentazione: โTi darรฒ tutti questi regni, infatti sono stati posti tutti nelle mie maniโฆโ (vv.5-8). Sembra un poโ esagerato quanto il diavolo afferma. Eppure รจ vero: la logica che regge il mondo, quella che regola i rapporti fra gli uomini non รจ quella del discorso della montagna (Mt 5-8), non รจ quella delle Beatitudini (Lc 6,20-26), ma quella opposta, quella del maligno (Gv 12,31; 14,30; 16,11).
La prima tentazione denunciava il modo errato di rapportarsi con le cose, questa seconda aiuta ad individuare il modo diabolico con cui ci si puรฒ rapportare con le persone, con i propri simili.
La scelta รจ fra il dominare e il servire, fra il competere e il divenire solidali, fra il sopraffare e il considerarsi servi. Questa scelta si manifesta in ogni atteggiamento e in ogni condizione di vita: chi si รจ fatto una erudizione o ha raggiunto una posizione di prestigio puรฒ aiutare a crescere chi ha avuto meno fortuna di lui, ma puรฒ anche servirsene per umiliare chi รจ meno dotato. Chi detiene il potere, chi รจ ricco, puรฒ servire i piรน poveri e coloro che sono stati meno favoriti, ma puรฒ farla da padrone nei loro confronti. La bramosia del potere รจ cosรฌ irrefrenabile che anche chi รจ povero รจ tentato di sopraffare chi รจ piรน debole di lui.
Lโautoritร รจ un carisma, รจ un dono di Dio alla comunitร affinchรฉ in essa ognuno possa trovare il suo posto ed essere felice. Il potere รจ invece diabolico, anche se viene esercitato in nome di Dio. Ovunque si esercita il dominio sullโuomo, ovunque si lotta per prevalere sugli altri, ovunque qualcuno รจ costretto ad inginocchiarsi o a inchinarsi di fronte a un suo simile, lรฌ รจ allโopera la logica del maligno.
A Gesรน non mancavano le doti per emergere, per scalare tutti i gradini del potere religioso e politico. Era intelligente, lucido, coraggioso, incantava le folle. Avrebbe certamente avuto successoโฆ ma a una condizione, che โadorasse satanaโ, cioรจ, che si adeguasse ai princรฌpi di questo mondo: entrasse in competizione, ricorresse anche alla violenza, sopraffacesse gli altri, si alleasse con i potenti e impiegasse i loro metodi. La sua scelta รจ stata quella opposta: si รจ fatto servo.
La terza tentazione: รจ la piรน pericolosa perchรฉ mette in causa il rapporto fra lโuomo e Dio. La proposta diabolica รจ basata addirittura sulla Bibbia: โButtati giรน dal pinnacolo del tempio โ dice il tentatore โ perchรฉ sta scrittoโฆโ (vv.9-12). La piรน subdola delle astuzie del male รจ quella di presentarsi con un volto accattivante, di assumere unโaria devota, di servirsi della stessa parola di Dio (storpiata e interpretata in modo fuorviante) per condurre fuori strada.
Lโobiettivo massimo del maligno non รจ quello di provocare qualche cedimento morale, qualche fragilitร , qualche debolezza, ma minare alla base il rapporto con Dio. Questo obiettivo viene raggiunto quando, nella mente dellโuomo, si insinua il dubbio che il Signore non mantenga le sue promesse, che manchi di parola, che assicuri la sua protezione, ma abbandoni poi chi gli ha dato fiducia. Da questo dubbio nasce il bisogno di โavere delle proveโ. Nel deserto il popolo dโIsraele, stremato dalla fame, dalla sete, dalla fatica, ha ceduto a questa tentazione e ha esclamato: โIl Signore รจ in mezzo a noi, sรฌ o no?โ (Es 17,7). Ha provocato il suo Dio dicendo: se sta dalla nostra parte, se realmente ci accompagna con il suo amore, si manifesti concedendoci un segno, compiendo un miracolo.
Gesรน non ha mai ceduto a questa tentazione. Anche nei momenti piรน drammatici si รจ rifiutato di chiedere al Padre una prova del suo amore. Non ha dubitato della sua fedeltร nemmeno sulla croce quando, di fronte allโassurditร di quanto gli stava accadendo, poteva essere indotto a pensare che anche il Signore lo avesse abbandonato.
Quando il Signore non realizza i nostri sogni cominciano le rimostranze: โDovโรจ Dio? Chissร se esiste! Vale la pena continuare a credere se egli non interviene per favorire chi lo serve?โ. Se egli non dร le prove di amore che esigiamo, la fede fragile rischia di crollare.
Dio non ha promesso ai suoi fedeli di preservarli dalle difficoltร e dalle tribolazioni. Non ha promesso di liberarli miracolosamente dalla malattia, dal dolore, ma di dare loro la forza perchรฉ non escano sconfitti dalle prove. Non si puรฒ pensare che Dio ci tratti in modo diverso da come ha trattato il proprio Figlio unigenito.
Il brano di oggi si conclude con unโannotazione: โDopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanรฒ da Gesรน per tornare al tempo fissatoโ (v.13).
Luca parla anzitutto di ogni specie di tentazione, dunque, i tre quadri che ha dipinto vanno interpretati come una sintesi di tutte le tentazioni. Rappresentano, in modo schematico, i modi errati di rapportarsi con tre realtร : con le cose, con le persone, con Dio.
Luca lascia intravedere, fin dallโinizio del suo Vangelo, il momento in cui la tentazione si manifesterร nel modo piรน violento e drammatico: sulla croce.
Il diavolo non si รจ allontanato definitivamente, si รจ ritirato nellโattesa di tornare al tempo fissato.
ย Si riparlerร di lui e della sua opera seduttrice piรน avanti, al momento della passione quando entrerร in Giuda e lo spingerร al tradimento (Lc 22,3). Quella sarร la manifestazione dellโimpero delle tenebre (Lc 22,53), impero che, proprio quando penserร di celebrare il proprio trionfo, verrร sconfitto.