Nelle chiese di rito romano abbiamo iniziato la S. Quaresima già da quattro giorni. È il tempo in cui daremo speciale attenzione alla Parola di Dio: per questo intensificheremo l’impegno penitenziale mortificando l’ascolto delle nostre voglie e passioni, allontanando anche le distrazioni della televisione o di altre attività dispersive o inutili. Dedicheremo maggior spazio all’ascolto di Dio, per ritrovare le motivazioni e rallegrarci dei frutti del nostro santo Battesimo.
Oggi il vangelo ci fa contemplare Gesù mentre digiuna: per un tempo prolungato di quaranta giorni egli offre al Padre questa penitenza come atto di amore, di dedizione totale a lui senza occuparsi di sé. Egli vede e accetta il Padre davvero come Padre, che pensa in tutto e per tutto alla sua vita, sia materiale che spirituale e sociale. Così egli può trattare se stesso come figlio, un vero figlio che lascia le preoccupazioni della propria vita a colui che lo ha generato, lo ha voluto e amato.
Questa decisione di Gesù risulta molto chiara dal modo con cui egli resiste alle varie tentazioni che gli si presentano alla fine dei quaranta giorni. Tutti i modi con cui quelle tentazioni si propongono mirano a far sì che egli decida da solo, con autonomia, senza porsi in ascolto. È come gli dicessero: «Decidi tu per il tuo pane, e decidi da onnipotente, perché come figlio di Dio sei onnipotente, decidi tu anche per le necessità che gli uomini hanno di essere governati con giustizia, decidi tu sui modi con cui vuoi manifestarti il Messia». Le tentazioni sono forti, e toccano punti importanti della sua vita e del significato della sua presenza e della sua missione nel mondo. Ma Gesù non decide, anzi, decide di stare in ascolto del Padre. Egli sa che Dio ha parlato, ha fatto scrivere la sua Parola dai profeti, ed è ancora capace di manifestare la sua volontà. La tentazione viene a lui cominciando così: “Se sei Figlio di Dio…”, «dato che sei Figlio di Dio…». Sembra di intuire che Gesù risponda ogni volta: «Dato che io sono Figlio, mi voglio comportare come figlio, voglio ascoltare cioè le proposte o le decisioni del Padre». E ogni volta ricorda e pronuncia una Parola della Sacra Scrittura. Egli stesso è la Parola, ma di fronte alla tentazione non si fida nemmeno del proprio ragionamento: ricorre sempre alla Scrittura, con evidente umiltà, con amore per ogni parola suggerita dallo Spirito di Dio ai profeti del suo popolo.
È importante mantenersi aggrappati saldamente alla vera e sicura conoscenza di Dio, come ha fatto Gesù: egli ci aiuta ad essere perseveranti e decisi nel mantenere la purezza della conoscenza di Dio come Padre. Se cominciassimo a dubitare, o a fantasticare sulla sua identità, tutto il resto vacillerà: vacillerà la speranza e la prudenza, crollerà la giustizia e la capacità di amare. Se non avessimo chiarezza e fermezza nella conoscenza di Dio come Padre, saremmo in balìa di ipotesi, di fantasie, di ignoranze umane, e diverremmo ben presto pagani nel cuore e nella mente e nelle azioni.
Oggi forse più che mai c’è bisogno di questa precisione: si sono diffusi infatti modi di pensare e di ragionare che distruggono la comunione, disorientano le famiglie, sconvolgono i progressi di giustizia e di carità raggiunti con centinaia di anni di fatica. Questo è dovuto anche e soprattutto alla confusione che esiste riguardo alla conoscenza di Dio. In vari ambienti, con o senza malizia, si usa parlare di Dio come di energia, come di scintille o schegge del «dio cosmico», come di “Uno” che è dentro tutte le cose create, – che in tal caso non sono create…, – e così si arriva a ritenersi divini e onnipotenti, e quindi senza peccato! Anche taluno che si professa cristiano fa uso di questo linguaggio, o di idee e pratiche che lo presuppongono; dal disconoscere il Padre si arriva così a non avere più discernimento per distinguere le tentazioni di Satana dalle ispirazioni del Dio-amore!
La confusione che ne deriva distrugge la comunione ecclesiale, allontana dai sacramenti, in particolare dalla confessione, con conseguenze deleterie per la fede e per la convivenza in famiglia e nella società.
La nostra fede in Dio Padre, e in colui che egli ha mandato, la dobbiamo professare con chiarezza e senza paura, ad alta voce. Ce lo suggerisce San Paolo. “Con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza”: è grande dono credere con il cuore, tenere viva la fede nel nostro intimo, ma non è sufficiente per essere salvi, per essere custoditi dai pericoli del paganesimo dilagante. “Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo”. Professare la fede raccontando le grandi opere di Dio è l’ordine di Mosè al suo popolo. A quel comando obbediamo, raccontando la risurrezione di Gesù dai morti e proclamando con le parole e dimostrando con le opere che noi lo riteniamo Signore, Signore della nostra vita e di tutta la storia.
Il digiuno quaresimale ci aiuterà a diventare interiormente forti e vigilanti per non lasciarci scappare le occasioni in cui potremo essere testimoni della nostra fede e così cambiare il mondo!
A cura della Casa di Preghiera S.Maria Assunta – Tavodo -Via della Pieve, 3 – 38078 SAN LORENZO DORSINO – TN