La Quaresima non è fare cose straordinarie ma rendere straordinarie le cose di ogni giorno.
La Quaresima si apre sempre, anche se con testi leggermente diversi secondo l’evangelista, con le tentazioni di Gesù nel deserto. Questo racconto, letto e predicato un po’ sommariamente, ha finito per trasmettere un’idea negativa, come se Gesù fosse finito in punizione. Non è così. In tutti e tre i racconti viene precisato che Gesù «fu condotto dallo Spirito nel deserto» (Mt 4,1); che «lo Spirito lo sospinse nel deserto» (Mc 1,12); che fu «guidato dallo Spirito nel deserto» (Lc 4,1). Via quindi l’idea negativa e punitiva di questa prova nel deserto. Essa è un dono dello Spirito, perciò un bene da invocare.
Il primo passo di questa nuova quaresima sia dunque l’invocazione allo Spirito di essere guidati nel deserto, dove poter verificare la nostra condizione di fronte a “ogni tentazione”.
Il deserto dove invochiamo di essere guidati serve per operare uno stacco che faccia sentire ed essere questi quaranta giorni diversi, particolari. Cosa non facile, sia perché come tutte le cose che si ripetono ogni anno, anche la quaresima rischia di finire tra le cose che non dicono più niente, perché “ne ho fatte tante, è sempre quella”; sia perché questo tempo liturgico, che una volta segnava fortissimamente non solo la vita della Chiesa ma anche della società, non ha più alcun supporto esteriore, così che si può finire a ricordarsene soltanto la domenica in chiesa. La prima cosa da decidere, perciò, è un segno che ci ricordi continuamente di essere nel deserto. Un segno piccolo, ma concreto, visibile: un’immagine posta in un luogo inusuale, una frase del vangelo appesa sulla porta di casa, un adesivo sul frigorifero…
Cosa fare poi nel deserto? Non tanto, o almeno non solo, cose diverse da quelle che facciamo sempre, magari un Padre Nostro in più, o un intero rosario, o la Via Crucis in parrocchia, ma verificare in quello che facciamo sempre la nostra risposta a “ogni tentazione”. Non è diverso da ciò che siamo chiamati a fare sempre, ma con più profondità e in compagnia di tutta la Chiesa, e con lo stesso procedimento di Gesù nei “quaranta giorni” (quaranta significa la vita) del suo deserto.
«Non di solo pane vivrà l’uomo»
Di quanto “solo pane” viviamo nella nostra vita personale, familiare, sociale? Quanto “solo pane” c’è nei nostri pensieri, nei nostri progetti? Quanto “solo pane” c’è nel decidere la destinazione del nostro tempo, dei nostri soldi? E, in controcampo, quanto “non di solo pane vivrà l’uomo” c’è nella nostra vita quotidiana? Come emerge? Come incide nei nostri pensieri, nelle nostre decisioni, nelle nostre preoccupazioni, nelle nostre attività?
«Il Signore, Dio tuo, adorerai»
A quanti “potere e gloria” rendiamo culto? Quanto siamo disposti a inginocchiarci davanti a chi promette, e purtroppo può anche concedere concretamente, “potere e gloria”? Siamo davvero chiari e limpidi adoratori dell’unico Signore, nel nostro lavoro, nella nostra professione? È facile autoassolverci, perché ripugna a tutti riconoscersi adoratori del dio “denaro” e del dio “successo”, ma possiamo davvero negare la nostra responsabilità per una società classificata agli ultimi posti nella graduatoria mondiale della corruzione nelle strutture pubbliche e sociali? Le “nostre primizie” sono offerte a Dio, oppure a “vitelli d’oro” più concreti?
«Non metterai alla prova il Signore Dio tuo»
Qual è il nostro rapporto con Dio? Siamo disposti a lasciare la “nostra terra” e seguire le sue strade, oppure tentiamo con le preghiere e qualche opera buona di aiutarci a stare bene nella nostra terra?
Questo “deserto” nel quale lo Spirito, se lo vogliamo, può condurci, non ci chiede di trascurare le nostre abituali attività, ma di farne primizie da offrire al Signore come segno di una vita rinnovata.
Fonte: Paoline