Gesù prepara i suoi discepoli (con scarsi risultati, a dire il vero!) alla sua morte e alla sua resurrezione. Devono ancora vivere il dramma della croce, che piomba loro addosso come un treno in corsa e li coglie del tutto impreparati.
Gesù li invita ad andare oltre a non fermarsi al fallimento che a volte incombe su di noi, sulla nostra vita, sulle nostre scelte. Gesù ci invita a sperare contro ogni speranza, a sollevare lo sguardo al di sopra del dolore, anche se tragico, anche se devastante, anche se definitivo.
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La tristezza della croce si trasforma nella gioia della resurrezione: questo è il cuore del messaggio evangelico, questo è ciò che maggiormente resta nel nostro percorso di vita. Al discepolo non è evitata la sofferenza, non è tolta la croce del fallimento. Ma alla croce segue un percorso, una resurrezione, una rinascita che scatena in noi la gioia, e non è quasi mai come la immaginiamo, come la vorremmo. I discepoli, in quel momento, semplicemente non vogliono che Gesù se ne vada.
E invece la morte di Gesù li obbligherà a riflettere sul dono di sé, sull’amore crocefisso, sul vero volto di Dio. Non abbiamo paura: la nostra tristezza, ogni tristezza, si trasformerà in gioia.
Paolo Curtaz – qui il commento nel suo blog
Gv 16, 16-20
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete».
Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.