Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.
GESÚ SI FA CIBO
Nel vangelo che abbiamo letto domenica scorsa Gesù ha promesso di essere con noi fino alla fine del mondo. Uno dei modi in cui si rende presente è nell’ostia che consacriamo durante la messa. La prima volta che ha spezzato il pane per i suoi discepoli era durante la celebrazione della Pasqua ebraica. Voi sapete che quella festa per gli Ebrei ricorda la notte in cui si consumò l’ultima e la più terribile delle piaghe d’Egitto. Il Faraone si ostinava a non lasciar partire il popolo e il Signore lo castigò duramente facendo morire i primogeniti degli uomini e degli animali. Un angelo passò attraverso il paese e risparmiò solo gli Ebrei perché sulle loro porte c’era un segno fatto col sangue di un agnello che ogni famiglia aveva sacrificato. Prima di lasciare le loro case essi mangiarono quell’agnello arrostito sul fuoco, per cui furono salvati dal suo sangue e nutriti dalla sua carne. Da questo episodio e, rifacendoci anche al profeta Isaia che parla di Lui come dell’Agnello condotto al macello, noi chiamiamo Gesù l’Agnello di Dio. L’Egitto rappresenta la schiavitù del peccato, perché quando ci si comporta male si è infelici e prigionieri. Il Faraone è l’immagine del demonio che non vuole lasciarci andare e ci vorrebbe schiavi del male, ma il Signore è molto più potente e lo costringe alla resa. Non siamo noi che vinciamo, ma è Dio che ci dà la forza di vincere. Il viaggio che gli Ebrei fecero per arrivare alla terra promessa fu lunghissimo e faticoso e rappresenta la vita che non sempre è facile. Anche durante il cammino Dio non fece mancare il cibo dando al popolo la manna, un pane che scendeva dal cielo, ma era ancora un alimento materiale, immagine di quello che sarebbe stata l’eucarestia. Un giorno Gesù parlando nella sinagoga di Cafarnao disse: io sono il pane disceso dal cielo! Capite allora che grande regalo ci fa il Signore? Lui sa che la strada è lunga e difficile e dunque vuole sostenerci e darci forza per cui si fa lui stesso cibo per noi. Continuando il suo discorso disse ancora che chi mangia questo pane, cioè l’ostia che è il suo corpo, avrà la vita eterna e tutti quelli che ascoltavano esclamarono: Signore dacci sempre questo pane! Questa deve diventare la nostra preghiera, perché se ci manca la forza durante il cammino della vita rimarremo schiavi in Egitto. Il cibo quando è digerito diventa parte del corpo, diventa sangue, carne e ossa. Gesù si fa mangiare da noi per diventare parte di noi. Ringraziamolo con tutto il cuore e non smettiamo mai di desiderare questo pane del cielo.
Mc 14, 12-16. 22-26
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pa- squa, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che an- diamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pa- squa?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; segui- telo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepo- li?. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala arredata e già pronta; lì pre- parate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come a- veva detto loro e prepararo- no la Pasqua. Mentre man- giavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, di- cendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo die- de loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuo- vo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.