Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 1 Settembre 2019.
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ร possibile provare la gioia di Dio
Siamo in una villa di campagna dellโalta borghesia di una grande cittร del terzo mondo, una di quelle metropoli dove la miseria si accompagna allo spreco piรน sfacciato.
Al termine della festa per il ventesimo compleanno della figlia โ brillante studentessa universitaria โ i genitori ordinano ai due domestici di sistemare la sala.
Ecco la sorpresa: sui tavoli รจ avanzata unโenorme quantitร di carne, riso, patatine fritte, torte, pasticcini.
Che ne facciamo di tutta questa roba? โ chiede imbarazzato il marito. La moglie, che sta portando in cucina un vassoio colmo di bicchieri da lavare, si ferma un istante, sorpresa, poi, come chi si rendesse conto in ritardo dellโerrore commesso, soggiunge: โAbbiamo invitato le persone sbagliate: gente che non aveva fameโ.
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Abbiamo paura di lasciarci avvicinare da chi ha fame, temiamo che possa impoverirci. Eppure la festa della nostra vita potrebbe concludersi in modo deludente: potremmo ritrovarci con quei beni che il Signore ci aveva dato affinchรฉ con essi potessimo โsfamareโ i suoi poveri.
โBeati gli invitati al banchetto delle nozze dellโAgnello!โ โ esclama lโangelo dellโApocalisse (Ap 19,9). Ma a quella festa potrร partecipare solo chi si รจ privato di tutto per donarlo a chi aveva fame.
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โIl povero bussa alla mia porta per offrirmi unโopportunitร di provare la gioia di Dioโ.
Prima Lettura (Sir 3,17-20.28-29)
17 Figlio, nella tua attivitร sii modesto,
sarai amato dallโuomo gradito a Dio.
18 Quanto piรน sei grande, tanto piรน umรฌliati;
cosรฌ troverai grazia davanti al Signore;
19 perchรฉ grande รจ la potenza del Signore
20 e dagli umili egli รจ glorificato.
28 Una mente saggia medita le parabole,
un orecchio attento รจ quanto desidera il saggio.
29 Lโacqua spegne un fuoco acceso,
lโelemosina espia i peccati.
Per essere umili รจ forse necessario ricercare il disprezzo degli altri? Non sarebbe saggio, non avrebbe senso. Questo atteggiamento non attirerebbe โ come invece assicura il Siracide โ lโamore degli uomini e la benevolenza di Dio.
Qual รจ allora il comportamento che attira la simpatia degli uomini ed il favore del Signore? In che modo gli umili gli rendono โgloriaโ? (v.20).
Basta una rapida verifica, una semplice introspezione per rendersi conto che tutto ciรฒ che siamo รจ un regalo di Dio. Da lui provengono la vita, la bellezza, la forza, lโintelligenza, le qualitร che abbiamo. Nulla รจ nostro, di nulla ci possiamo vantare.
Non รจ malvagio, รจ soltanto ridicolo chi fa sfoggio dei doni di Dio come se fossero suoi. ร insensato chi ostenta le qualitร che ha ricevuto per confrontarsi e per imporsi agli altri. I doni di Dio sono stati dati affinchรฉ di essi facciamo dono ai fratelli.
Umile รจ colui che โ ben cosciente delle proprie doti, attitudini, capacitร โ si mette a servizio di tutti, considera gli altri come padroni che gli possono chiedere aiuto quando sono nel bisogno.
Lโumile mantiene il capo chino, come chi รจ sempre pronto a ricevere ordini dai superiori. โGlorificaโ Dio, perchรฉ ciรฒ che dร โgloriaโ a Dio รจ la gioia dellโuomo.
ร lโumile che instaura rapporti che rendono felici, che pone fine allโegoismo, alla competizione, allโostentazione e introduce nel mondo il principio nuovo dello scambio gratuito dei doni di Dio.
ร in questo senso che Gesรน si รจ autodefinito โmite ed umile di cuoreโ (Mt 11,29): ha donato senza riserve tutto se stesso per amore.
Seconda Lettura (Eb 12,18-19.22-24a)
Fratelli, 18 voi non vi siete accostati a un luogo tangibile e a un fuoco ardente, nรฉ a oscuritร , tenebra e tempesta, 19 nรฉ a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano che Dio non rivolgesse piรน a loro la parola.
22 Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla cittร del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, allโadunanza festosa 23 e allโassemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, 24 al Mediatore della Nuova Alleanza.
Gli Ebrei che si erano convertiti al cristianesimo continuavano ad avere una certa nostalgia della religione dei loro padri. Lโautore della lettera cerca di illuminarli facendo un confronto fra la religione antica, rappresentata dal monte Sinai e la religione cristiana, che ha per simbolo la nuova Gerusalemme.
Cosa รจ accaduto sul Sinai? Ci furono lingue di fuoco, tuoni, oscuritร , tenebre. Di fronte ad un simile spettacolo, il popolo ebbe paura e chiese a Mosรจ che fosse lui a parlare e non il Signore (vv.18-19). Come si puรฒ avere nostalgia di un Dio che non puรฒ essere avvicinato se non attraverso intermediari?
I cristiani โ continua la lettura โ non si avvicinarono al monte Sinai, per fare esperienze terrificanti di Dio (v.22). Essi si avvicinano a Cristo. Lโesperienza religiosa che fanno รจ completamente diversa: รจ quella della festa perchรฉ in Gesรน scoprono il volto del Dio amico degli uomini (v.23-24). NellโAT vi erano tanti mediatori fra il Signore ed il popolo: i sommi sacerdoti, i leviti, il sinedrio, gli anziani. Oggi i cristiani sanno di potersi rivolgere direttamente al Padre, senza alcuna riserva o paura. Lโunico mediatore รจ Cristo il quale non cerca servi, ma amici (Gv 15,15).
Vangelo (Lc 14,1.7-14)
1 Un sabato Gesรน era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo.
7 Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: 8 โQuando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perchรฉ non ci sia un altro invitato piรน ragguardevole di te 9 e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare lโultimo posto. 10 Invece quando sei invitato, vaโ a metterti allโultimo posto, perchรฉ venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa piรน avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.
11 Perchรฉ chiunque si esalta sarร umiliato, e chi si umilia sarร esaltatoโ.
12 Disse poi a colui che lโaveva invitato: โQuando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, nรฉ i tuoi fratelli, nรฉ i tuoi parenti, nรฉ i ricchi vicini, perchรฉ anchโessi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. 13 Al contrario, quando dร i un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14 e sarai beato perchรฉ non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giustiโ.
In Israele il pranzo del sabato non si riduceva a una semplice refezione, era un convito dove si ritrovavano parenti e amici che conversavano sui piรน svariati argomenti. Si discorreva di lavoro, di politica, di problemi familiari e sociali. I temi religiosi, teologici e morali venivano trattati soprattutto quando un rabbino era fra gli ospiti. I maestri e i dottori approfittavano di questi banchetti per esporre le loro dottrine. Anche Gesรน ha dato molti dei suoi insegnamenti a tavola (Lc 5,29; 7,36; 9,17; 10,38; 11,37; 14; 19,1; 22,7-38).
Il brano di oggi va collocato in questo contesto di simposio festivo. Siamo nella casa di un fariseo, al termine della liturgia nella sinagoga e Gesรน รจ fra gli invitati (v.1).
A tavola non ci si siede come capita, bisogna attenersi a una rigida etichetta, ci sono gerarchie da rispettare. I posti vengono assegnati con molta attenzione: al centro le persone di riguardo, accanto a loro il padrone di casa e poi via via tutti gli altri, disposti ai tavoli in considerazione della loro posizione sociale, della funzione religiosa che svolgono, della ricchezza che possiedono, dellโetร . Gesรน accompagna con il suo sguardo distaccato e anche un poโ divertito la distribuzione dei posti fatta da uno dei domestici, osserva lโimbarazzo di chi, magari inavvertitamente, si รจ portato un poโ troppo avanti e deve arretrare di alcune posizioni, vede il compiacimento malcelato di chi si schermisce, ma alla fine acconsente ad occupare un posto piรน centrale e prestigioso; nota gli atteggiamenti impacciati, i rossori, le goffaggini. Introduce una prima parabola (vv.7-11).
โQuando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo postoโฆ va allโultimo, perchรฉ, venendo colui che ti ha invitato ti dica: amico, passa piรน avanti! Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensaliโ.
Questo invito alla furbizia stona parecchio sulla bocca di Gesรน. ร strano che egli si abbassi a suggerire un trucco tanto meschino per avere successo in pubblico e per compiacere la vanitร . Inoltre il proverbio che cita รจ ben noto in Israele perchรฉ si trova nella Bibbia: โNon metterti al posto dei grandi, perchรฉ รจ meglio sentirsi dire: sali quassรน!, piuttosto che essere umiliato davanti ad un superioreโ (Prv 25,6-7). Rabbi Simeon, un contemporaneo degli apostoli, raccomandava al suo discepolo: โSta sotto di due o tre posti rispetto quello che ti spetta e attendi che ti si dica: โSali piรน su!โโฆ ร meglio infatti sentirti dire: โSali piรน su! Sali piรน su!โ, piuttosto che โScendi piรน giรน! Scendi piรน giรน!โ. Gesรน dunque non fa che richiamare una prassi raccomandata da tutti.
ร vero, le parole sono le stesse, ma il contenuto รจ diverso. Gesรน non ha alcuna intenzione di rendere scaltri i suoi discepoli. Non si รจ mai mostrato interessato a far loro ottenere successi nella vita. Quando essi lasciavano trasparire lโambizione dei primi posti, li riprendeva sempre con severitร (Mc 9,33-37). Proibiva persino lโuso dei titoli onorifici (Mt 23,8-10), non tollerava le โdiviseโ che consacrano e sacralizzano le caste, faceva dellโironia sugli scribi โche amano passeggiare in lunghe vesti ed hanno piacere di essere salutati nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei convitiโ (Lc 20,46). Sulla sua bocca il proverbio non ha dunque lo scopo di insegnare una tattica per affermarsi. Vediamo di capire.
Se rileggiamo con attenzione il brano, verifichiamo che una parola ricorre piรน spesso delle altre (ben cinque volte!): รจ invitato-invitati. Il termine greco del testo originale andrebbe perรฒ tradotto con chiamato-chiamati. ร ai chiamati che ambiscono ai primi posti che Gesรน intende rivolgersi. Vanno dunque identificati.
Notiamo un secondo dettaglio: il modo con cui Gesรน prende la parola รจ per lo meno sorprendente. Non รจ cosรฌ che si interviene in casa dโaltri. Egli non parla come un ospite, ma come se fosse il padrone.
Bastano queste due semplici osservazioni per farci intuire che la cena di Gesรน in terra palestinese รจ una cornice artificiale. Luca se ne serve per porre sulla bocca del Signore una lezione ai chiamati, cioรจ ai cristiani delle sue comunitร . ร in queste comunitร che, sempre piรน spesso, esplodono dissensi e dissapori per questioni di precedenze. I presbiteri, i responsabili dei vari ministeri si lasciano prendere dalla smania di occupare i โprimi postiโ. ร lโeterno problema della Chiesa: tutti dovrebbero servire, ma, in pratica, cโรจ sempre chi aspira a titoli onorifici, vuole primeggiare, si gonfia di orgoglio e giunge a trasformare perfino lโeucaristia in unโoccasione di auto-celebrazione. Ecco il cancro che distrugge le nostre comunitร !.
Gesรน sapeva quante tensioni sarebbero sorte fra i suoi discepoli a causa della frenesia per i primi posti, per questo, durante lโultima cena, ha voluto richiamare di nuovo la lezione. Voleva che rimanesse impressa nella mente di tutti come il suo testamento: โChi รจ piรน grande, chi sta a tavola o chi serve? Non รจ forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serveโ (Lc 22,26-27).
Gesรน non chiede โ come faceva rabbi Simeon โ di arretrare di due o tre posti, ma di capovolgere le posizioni, di rovesciare la scala dei valori. Solo chi sceglie, come ha fatto lui, il posto del servo, verrร esaltato durante lโunico banchetto che conta, quello del regno di Dio. Per chi in terra ha fatto sfoggio di vanitร , ha ricevuto inchini e onori, quel momento sarร drammatico: si vedrร relegare allโultimo posto, segno del fallimento della sua vita, dimostrazione che i valori su cui ha puntato erano effimeri e caduchi.
Dopo aver raccontato la parabola, Gesรน si rivolge al fariseo che lโha invitato: โQuando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, nรฉ i tuoi fratelli, nรฉ i tuoi parenti, nรฉ i ricchi viciniโฆโ (v.12). Non direi che il clima che si รจ creato a tavola sia dei migliori: Gesรน se la sta prendendo un poโ con tutti. Che colpa ne ha quel povero fariseo se in Israele la tradizione impone di invitare solo quattro categorie di persone: gli amici, i fratelli, i parenti, i ricchi vicini? ร forse conveniente mettere insieme un dottore della legge con un pastore ignorante o un fariseo con un pubblicano?
Lo abbiamo giร notato: non รจ il Gesรน seduto a tavola in una casa della Palestina che sta parlando, ma รจ il Signore risorto che si rivolge al fariseo presente nelle comunitร di Luca. ร il Cristo che fa raccomandazioni ai discepoli che si comportano da farisei, che discriminano. E che dice?
Dice che bisogna dare inizio a un nuovo banchetto in cui le quattro categorie della โgente per beneโ cedano il posto ad altre quattro: โQuando dai un banchetto invita poveri, storpi, zoppi e ciechiโ (v.13).
Gli storpi, i ciechi e gli zoppi non erano ammessi nel tempio del Signore (Lv 21,18; 2 Sam 5,8). La loro condizione era un chiaro segno del loro stato di peccato e lโassemblea degli israeliti doveva essere composta da gente integra, perfetta, pura, senza difetti. Gesรน annuncia di essere venuto a dare inizio ad un banchetto nuovo, un banchetto in cui gli esclusi, le persone rifiutate da tutti divengono i primi invitati, coloro ai quali sono riservati i posti dโonore.
Il suo discorso รจ rivolto a tutti coloro che, nella comunitร cristiana, sono incaricati di organizzare il banchetto del regno. A loro viene richiesto il coraggio di seguire criteri nuovi, opposti a quelli adottati dalla societร civile.
Non รจ facile per le comunitร cristiane assimilare i criteri di Dio. Fin dalle origini nella chiesa sono esplose tensioni a causa delle discriminazioni dettate dai criteri di questo mondo. Lo testimonia Giacomo che, nella sua lettera, รจ costretto a richiamare i cristiani. โSupponiamo โ dice โ che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello dโoro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se voi guardate a colui che รจ vestito splendidamente e gli dite: โTu siediti qui comodamentร, e al povero dite: โTu mettiti in piedi lรฌโ, oppure: โSiediti qui ai piedi del mio sgabelloโ, non fate in voi stessi preferenze?โ (Gc 2,2-4).
I poveri, i ciechi, gli storpi, gli zoppi, rappresentano quelle persone che hanno sbagliato nella vita. Sono il simbolo di chi cammina senza la luce del Vangelo e inciampa, cade, fa del male a se stesso e agli altri, passa da un errore allโaltro. Gesรน ricorda ai suoi discepoli che la festa รจ stata organizzata proprio per costoro. Guai escluderli.
Concludendo la sua esortazione, afferma: accogliendo coloro che tutti rifiutano โtu sarai beato perchรฉ non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giustiโ (v.14).
Quando gli uomini fanno un favore, subito pensano alla contropartita; quasi per istinto calcolano i vantaggi che ne possono ricavare. Questa logica รจ ben illustrata dalla raccomandazione di Esiodo (secoloVIII a.C.): โInvita a tavola chi ti ama e lascia stare il nemico. Ama chi ti ama; va da chi viene da te. Dร a chi ti daโ, non dare a chi non dร โ.
Gesรน chiede al discepolo di amare gratuitamente, di fare del bene in pura perdita. Raccomanda di accogliere in casa coloro che non possono dare nulla in cambio. La ricompensa verrร data da Dio in cielo.
Questa affermazione ha bisogno di un chiarimento. Lโinvito ad aiutare il povero, pensando alla ricchezza che cosรฌ si accumula in cielo, puรฒ essere ancora un comportamento egoista. ร un servirsi del povero per โtrasferire i propri capitali in paradisoโ. Questo amore รจ antipatico, รจ subdolo.
Il povero va amato perchรฉ รจ amabile, non per compassione o assumendo un atteggiamento di altezzosa superioritร (magari anche solo spirituale). Certo non รจ facile scoprire qualcosa di simpatico, di attraente in un nemico, in un malfattore. Gli occhi umani non riuscirebbero mai a scorgere qualcosa di amabile in queste persone se la parola del Signore non purificasse gli sguardi, non curasse la cecitร . ร Gesรน che fa capire che, se Dio ama ogni uomo, significa che nellโuomo esiste sempre qualcosa di meraviglioso.
Quale sarร la ricompensa?
Chi ama avendo come obiettivo la sola ricerca del bene del fratello diviene simile al Padre che sta nei cieli, fa lโesperienza della sua stessa gioia.
La felicitร di Dio รจ tutta qui: amare gratuitamente.
Si realizza la promessa di Gesรน: โSarร grande la vostra ricompensa: sarete figli dellโAltissimoโ (Lc 6,35). Non si puรฒ pretendere di piรน.