Commento al Vangelo del 1 Ottobre 2018 – Monastero di Bose

L’evangelista Luca riporta la reazione dei discepoli al secondo annuncio della passione e commenta: “Non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento”. Nonostante la confessione di Pietro, il primo annuncio della passione, le parole di Gesù sulla sequela, i discepoli restano incapaci di comprendere il modo di pensare secondo Dio, legati come sono al modo mondano di valutare la realtà e le relazioni.

E come se Gesù non avesse detto nulla, subito si mettono a discutere “chi di loro fosse più grande”. In questa discussione escludono Gesù, non lo rendono partecipe perché intuiscono che Gesù è estraneo alla logica che li ha portati a quella discussione. Gesù non interviene perché conosce il pensiero del loro cuore. Sa che questa discussione nasce da un dibattito interiore, da un pensare che si può sempre impossessare del cuore del discepolo. È un pensare che rende estranei dalla sequela, un pensare che anche Gesù conosce bene e contro il quale ha dovuto lottare anche lui (cf. Lc 4,5-8).

“Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore” vuole con pazienza, con amore, riportarli alla sequela, perché se lo stanno seguendo fisicamente, in realtà sono lontani da lui, dalla logica del pensare secondo Dio. E così compie un gesto che spera sia più eloquente delle parole: “Prende un bambino, se lo mette vicino” e spiega: “Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”. Il gesto di accogliere un bambino, un piccolo che non conta nulla e che dipende in tutto dai grandi ha una stretta relazione con l’accoglienza del Padre. Dio si fa rappresentare non da un grande, da un potente, ma da un bambino, da chi non conta nulla agli occhi del mondo. È questa la logica del Padre: “Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande”. Gesù rovescia la logica mondana e cerca di guarire i discepoli dal pensiero di primeggiare, di essere al centro dell’attenzione, di cercare il potere; sa che questa tentazione è molto radicata. Anche durante l’ultima cena i discepoli ricadranno nello stesso errore, anche lì si metteranno a discutere tra loro “chi fosse da considerare più grande”. E anche in quel momento Gesù riprenderà il suo insegnamento: “Chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve” (Lc 22,24-26).

Un risultato però Gesù lo ottiene. Giovanni confessa ciò che i discepoli hanno fatto: “Abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi”. Giovanni intuisce che Gesù usa altri criteri di valutazione e di scelta, e pone un caso concreto. Per lui e gli altri discepoli non è possibile che uno che non fa parte del loro gruppo, che non segue Gesù con loro, possa usare della potenza, dell’exousía di Gesù, per fare del bene. E di nuovo Gesù rovescia la loro logica, mostra ancora una volta il criterio inclusivo del Padre che estende a ogni uomo la salvezza; cambia il loro “con noi” troppo ristretto nel “per voi” che rimanda ancora una volta alla passione, al “per voi” del suo corpo e del suo sangue donato (Lc 22,19-20), al suo amore per noi fino alla fine.

fratel MAuro della comunità monastica di Bose

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Lc 9, 46-50
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande.
Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».
Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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