Commento al Vangelo del 1 ottobre 2017 – p. Raniero Cantalamessa

Le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli

Nel Vangelo di questa Domenica Gesù ci parla ancora una volta attraverso una parabola; dice:

“Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Dicono: L’ultimo”.

Il figlio che dice sì e fa no rappresenta coloro che conoscevano Dio e seguivano la sua legge, ma poi all’atto pratico, quando si è trattato di accogliere Cristo che era “il fine della legge”, si sono tirati indietro. Il figlio che dice no e fa sì rappresenta coloro che un tempo vivevano fuori della Legge e della volontà di Dio, ma poi, davanti a Gesù, si sono ravveduti e hanno accolto il Vangelo. Di qui la conclusione che Gesù tira davanti ai “principi dei sacerdoti e anziani del popolo”: “In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel regno di Dio”.

Cosa dice a noi oggi questa pagina del vangelo? Penso questo: che per Dio le parole e le belle promesse contano poco, se non sono seguite dalle opere. “Fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. “Non chi dice Signore, Signore, ma chi fa la volontà del Padre entrerà nel regno dei cieli”.

La parabola di Gesù non è lontana, come si vede, dalla vita. Quello che Dio si aspetta da noi è anche quello che anche noi ci aspettiamo gli uni dagli altri nella vita. Quello, per esempio, che ogni padre e ogni madre si aspetta dai propri figli e cioè un’obbedienza reale, non solo verbale; un affetto non fatto di facili propositi giovanili presto dimenticati nel momento del bisogno, ma effettivo e capace di spingersi fino al sacrificio.

Una incoerenza risulta particolarmente odiosa nel cristiano: quella tra ciò che professa e promette in chiesa, o quando prega, e ciò che poi è e fa fuori, in casa e sul lavoro. Fare, insomma, la parte del fratello che dice sì in chiesa e la parte del fratello che dice no nella vita. Il mondo ci giudica giustamente dai fatti, non dalle parole. “È meglio essere cristiani senza dirlo, che dirlo senza esserlo”, diceva il martire sant’Ignazio di Antiochia.

Però, attenti: anche di questo principio si può abusare! Ci sono persone non credenti o non praticanti che sono sempre pronte ad addurre la scusa: “Oh, ma quelli che vanno in chiesa sono peggiori degli altri!”, ritenendosi così giustificati se essi non vanno in chiesa e non pregano. Anzitutto, il criterio usato da queste persone è di solito molto discutibile. Bene e male sono stabiliti solo in base al loro gusto e interesse. Se la moglie va in chiesa, allora deve sobbarcarsi a tutto, tutto ingoiare, sempre tacere, mai rispondere… Senza tener conto che anche chi prega e si sforza di vivere il Vangelo è una persona umana e può avere i suoi limiti e le sue lotte. E poi, anche se si trattasse di incoerenza, questa non è mai una scusa per nessuno: ognuno deve rispondere a Dio e alla propria coscienza di quello che fa lui, non di quello che fanno gli altri.

Ma spiegato il contenuto centrale della parabola, è necessario che torniamo alla strana conclusione che Gesù tira da essa:

“In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel regno di Dio”.

Nessun detto di Cristo è stato più manipolato di questo. Si è finito per creare a volte una specie di aura evangelica intorno alla categoria delle prostitute, idealizzandole e opponendole ai cosiddetti benpensanti, che sarebbero tutti, indistintamente, scribi e farisei ipocriti. La letteratura è piena di prostitute “buone”. Basti pensare alla Traviata di Verdi, o alla mite Sonia di Delitto e castigo di Dostoevskij!

Ma questo è un terribile fraintendimento. Gesù fa un caso limite, come per dire: “Perfino le prostitute -che è tutto dire- vi precederanno nel regno di Dio”. La prostituzione è vista in tutta la sua serietà e presa come termine di paragone per stabilire la gravità del peccato di chi rifiuta ostinatamente la verità.

Non ci si rende conto, oltre tutto, che idealizzando la categoria delle prostitute, si viene a idealizzare anche quella dei pubblicani che sempre l’accompagna nel Vangelo, cioè degli strozzini. Se Gesù accosta tra loro queste due categorie non è, del resto, senza un motivo; gli uni e le altre hanno posto il denaro al di sopra di tutto nella vita.
Sarebbe tragico se quella parola del Vangelo rendesse i cristiani meno attenti a combattere il fenomeno degradante della prostituzione, che ha assunto oggi proporzioni così allarmanti nelle nostre città. Gesù aveva troppo rispetto per la donna per non soffrire, lui per primo, per quello che essa diventa, quando si riduce in questo stato.

Ciò per cui egli apprezza la prostituta non è la sua maniera di vivere, ma la sua capacità di cambiare e di mettere a servizio del bene la propria capacità di amare. Come la Maddalena che, convertitasi, seguì Cristo fin sotto la croce e divenne la prima testimone della risurrezione (supposto che fosse una di esse). Quello che a Gesù preme inculcare con quella sua parola, lo dice chiaramente alla fine: i pubblicani e le prostitute si sono convertite alla predicazione di Giovanni Battista; i principi dei sacerdoti e gli anziani no. Il Vangelo non ci spinge dunque a promuovere campagne moralistiche contro le prostitute, ma neppure a scherzare con il fenomeno, quasi fosse una cosa da nulla.

Oggi, tra l’altro, la prostituzione si presenta sotto una forma nuova che riesce a far soldi a palate, senza neppure correre i rischi che sempre hanno corso le povere donne condannate alla strada. Questa forma consiste nel vendere il proprio corpo, rimanendo tranquille dietro una macchina fotografica o una telecamera, sotto la luce dei riflettori. Quello che la donna fa quando si presta alla pornografia e a certi eccessi della pubblicità è un vendere il proprio corpo per gli sguardi, anziché per il contatto. È prostituzione bell’e e buona e peggiore di quella tradizionale, perché si impone pubblicamente e non rispetta la libertà e i sentimenti della gente. È dunque una forma di violenza. Io credo che questo fenomeno susciterebbe oggi in Cristo la stessa collera che egli aveva per gli ipocriti del suo tempo. Perché si tratta proprio di ipocrisia. Un fare finta che tutto è a posto, tutto innocuo, che non c’è alcuna trasgressione, alcun pericolo per nessuno, dandosi perfino una certa studiata aria di innocenza e ingenuità nel gettare il proprio corpo in pasto all’altrui concupiscenza.

Ma fatta questa doverosa precisazione, mi sembra che tradirei lo spirito del Vangelo se non mettessi anche in luce la speranza che quella parola di Cristo offre alle donne che per le circostanze più diverse della vita (spesso per disperazione), si sono ritrovate sulla strada, vittime il più delle volte di sfruttatori senza scrupoli. Il Vangelo è “vangelo”, cioè buona notizia, notizia di riscatto, di speranza, anche per le prostitute. Anzi forse prima di tutto per esse. Gesù ha voluto che fosse così.

Io non penso che molte prostitute leggano o ascoltino queste mie parole, ma anche se ce ne fosse una sola, non voglio sciupare l’occasione. (Il buon pastore non lascia le novantanove pecore per andare in cerca dell’unica che si era smarrita?) Voglio che il Vangelo possa brillare ai suoi occhi, che essa possa scoprire che c’è uno che non la giudica, ma la ama e l’attende: Gesù Cristo.

Il Vangelo ci parla di una peccatrice pubblica (non sappiamo se fosse la stessa Maddalena o una persona diversa, ma non ha importanza) che un giorno, sfidando gli sguardi di tutti, entrò nella casa dove era Gesù; “si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnargli con le lacrime, poi li asciugava con i capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato” (Luca 7, 36 ss.). Che cosa l’ha spinta a questo passo? Ha sentito quell’uomo parlare di misericordia, di perdono. Nelle sue parole e nel suo sguardo ha percepito per la prima volta che esiste una qualità di amore che lei non ha mai conosciuto. È nata in lei la speranza e questa ha fatto il resto. Niente più vergogna sul suo volto, niente più disprezzo di sé nel cuore.

È nata una donna nuova che non teme più nulla. Ha trovato il vero amore.
Ai presenti scandalizzati Gesù dichiara: “Le sono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto amato”; poi, rivolto alla donna: “La tua fede ti ha salvata, va’ in pace”. Che rivoluzione silenziosa si compiva quel giorno! Nessuno d’ora in poi è segnato a vita, nessuno è costretto dalla fatalità a rimanere quello che è. Si può cambiare. Una prostituta può diventare un apostolo, una santa, un candelabro per tutta la Chiesa. La storia ricorda diverse prostitute divenute penitenti, eremite e grandi sante. La più famosa, dopo la Maddalena, è Maria Egiziaca onorata in tutta la cristianità orientale. Gesù è venuto davvero a “salvare ciò che era perduto”.

padre Raniero Cantalamessa

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XXVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 21, 28-32
Dal Vangelo secondo  Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».

E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 01 – 07 Ottobre 2017
  • Tempo Ordinario XXVI
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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