Commento al Vangelo del 1 Novembre 2020 – Piccole Suore della Sacra Famiglia

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RALLEGRATEVI ED ESULTATE

TUTTI I SANTI – MATTEO 5,1-12

In quel tempo, 1 vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli.

La liturgia ci addita la meta a cui tutti siamo chiamati: raggiungere il Cielo dove già coloro che ci hanno preceduto godono la beatitudine eterna e la comunione piena con il Signore.

Il brano del Vangelo è tratto dal capitolo quinto di Matteo ed è noto come “Le beatitudini”. È la “Magna Charta” del Regno di Dio.

Gesù proclama il suo insegnamento dopo aver sostenuto la tentazione nel deserto e aver incominciato la sua predicazione. Si trova sul monte, come Mosè si trovava sul monte per incontrare Dio e ricevere la Legge.

Le beatitudini sono il ritratto di Dio Padre: umile e misericordioso.

Le beatitudini sono il ritratto di Gesù: rivelano il suo essere Figlio di Dio. È Lui il povero, l’afflitto, il mite, l’affamato, l’assetato di giustizia, il puro di cuore, il portatore di pace, il perseguitato.

È Lui che, come Risorto, realizza pienamente l’umanità redenta.

Le beatitudini rivelano la fisionomia dell’uomo: è veramente realizzato se possiede queste caratteristiche.

Le beatitudini sono la carta di identità del cristiano e della Chiesa. Le beatitudini rivelano le realtà che verranno.

“Vedendo le folle”: le folle rappresentano tutto il popolo di Israele, ma anche i discepoli e ciascuno di noi. Gesù vuole offrire a tutti il suo messaggio di salvezza e additare il fine della vita: la comunione piena con Dio.

“Salì sul monte”: per i popoli antichi le alture (monti, colline) erano i luoghi dell’abitazione degli dei, luoghi sacri. Salire sul monte significa andare ad incontrare Dio. Matteo ambienta più volte eventi importanti della vita di Gesù collocandoli su un monte: le tentazioni (4,8-10), la moltiplicazione dei pani (15,29-39), la trasfigurazione (17,1-9), l’arresto (26,30-35), il mandato finale affidato agli apostoli (28,16).

“Si pose a sedere”: il porsi a sedere era l’atteggiamento tipico di un maestro quando insegnava ai suoi discepoli. La sottolineatura della postura indica che Gesù è il vero Maestro che ci insegna la vera Vita.

  • Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

Gesù inizia il suo insegnamento autorevole, come il Maestro per eccellenza.

Gesù porta a compimento la Legge antica, non la abolisce. Reinterpreta le Legge sottolineandone le radici e riconducendola all’unico principio dell’amore a Dio e al prossimo.

“Si mise a parlare”: l’espressione veniva utilizzata per indicare una persona che pronunciava un discorso solenne, in pubblico. Gesù sta per iniziare un discorso importante.

  • “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”.

Inizia la serie di otto beatitudini che formano un tutt’uno strutturato. In filigrana possiamo vedere tratteggiato il volto di Cristo, colui che per primo è il beato perché ha vissuto tutti questi atteggiamenti.

Ogni uomo desidera la felicità e Gesù addita quali sono i mezzi per vivere fin da ora felici, quali sono le qualità umane che consentono di accogliere la beatitudine. Propone un capovolgimento della logica del mondo e della logica di Dio.

“Beati”: quelli che Gesù chiama beati, cioè felici, sono le persone che noi consideriamo sfortunate; per Gesù sono benedetti coloro che noi chiamiamo “maledetti”. Il termine “beati” ricorre molte volte in questo brano, che costituisce il cuore Vangelo, proprio perché entri in profondità il concetto da assimilare.

“Beati i poveri”: per Matteo i poveri sono veramente tali da tutti i punti di vista: spirituale, sociologico ed economico. Non basta essere senza risorse materiali per entrare nel Regno, ma occorre anche essere umili e miti, senza rivendicazioni e senza pretese.

  • “Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati”.

Per Matteo gli afflitti sono coloro che digiunano perché è tolto loro lo sposo. Attendono che ritorni il Messia, facendo penitenza.

“Quelli che sono nel pianto”: sono coloro che hanno avuto un lutto.

“Consolazione”: Dio ci consola, ci dà la gioia del mondo nuovo, in cui non ci sarà più il male. Il male che ancora c’è nel mondo non è definitivo. Dobbiamo combatterlo, sperare e agire per vincerlo.

  • “Beati i miti, perché avranno in eredità la terra”.

Dice il salmo 37,11 “I miti erediteranno la terra e godranno di una grande pace”. Gesù si definisce mite e umile di cuore; umili e miti devono esserlo anche i suoi discepoli.

La terra è simbolo dei beni futuri che potranno ricevere solo coloro che vivono con mitezza su questa terra.

  • “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati”.

Ricercare la giustizia significa avere piena osservanza della Legge di Dio, saziarsi della sua conoscenza, come dice Isaia 53,11.

La giustizia è un attributo di Dio e va di pari passo con la sua misericordia.

  • “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia”.

Nel libro di Osea si parla di Dio che non vuole il sacrificio, ma l’amore (cfr. Osea 6,6).

Essere misericordiosi equivale a usare verso gli altri lo stesso atteggiamento di amore senza limiti che ha Dio verso di noi.

  • “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”.

Per purezza di cuore si intende la limpidezza dello sguardo, la verità delle intenzioni, l’integrità morale, l’onestà dei pensieri, la trasparenza dei sentimenti, la realizzazione delle azioni più buone.

Purezza e santità vanno di pari passo perché solo chi è semplice, che non ha doppi fini, può vedere Dio e assomigliargli.

  • “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”.

La pace messianica è il Bene sommo che racchiude tutti i beni della terra: amore, giustizia, pace, fratellanza, rispetto…

Sono mete molto alte, realizzabili sono nel Regno dei Cieli, ma i discepoli di Cristo devono operare perché anche qui sulla terra ci siano le condizioni per anticipare la beatitudine futura.

  • “Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”.

 

Mentre scrive il suo Vangelo, Matteo pensa alla sua comunità che soffre a causa della fedeltà a Cristo. Essere perseguitati per la giustizia significa, allora, subire sofferenze a motivo di Gesù.

  • “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia”.

Questa beatitudine costituisce la seconda parte dell’ottava beatitudine. Matteo incoraggia ulteriormente coloro che stanno subendo la prova. Proprio perché sono perseguitati hanno la certezza di essere nella Sua volontà.

“Vi perseguiteranno”: la persecuzione ci rende a immagine del Maestro. Come Lui ha dato la vita per noi, così anche noi dobbiamo essere pronti a dare la vita per Lui.

  • “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.

La ricompensa immediata della nostra appartenenza a Cristo è la gioia profonda che nessuna persecuzione ci può togliere. La ricompensa futura è la gioia del Cielo per cui con San Francesco possiamo ripetere: “Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto”.

Meditare le beatitudini nel giorno in cui facciamo memoria di tutti i Santi ci incoraggia a perseverare nel nostro cammino perché, come loro sono riusciti a raggiungere la pienezza della felicità, così riusciremo anche noi. La santità è possibile perché siamo abitati da Dio, il tre volte Santo.

Le condizioni sono: lasciare spazio a Dio, metterlo al primo posto, vivere la nostra identità di “beati” perché amati; essere fratelli perché figli dello stesso Padre.

Ci doni la forza Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

Suor Emanuela Biasiolo delle Piccole Suore della Sacra Famiglia