Svegliarsi da un incubo
Stai dormendo profondamente, con quel senso di essere lontani da tutto. Voci lontane, dal suono indistinto accompagnano il tuo sonno. Ma le voci diventano sempre più forti, il trambusto più vicino, quel brusio lontano è ora di fianco a te e ha le note della rabbia, della paura e del lamento. Senti che dovresti alzarti, ma non ci riesci: resti nel tuo sonno, non riesci a muovere un muscolo, mentre la confusione e la paura sono sempre più vicini. Ti senti soffocare, ti senti finire, senti la minaccia da tutte le parti e non puoi fuggire.
È un incubo dei peggiori e, quando finalmente il sonno che ti immobilizza spezza il suo assedio, respiri forte e ti guardi intorno con gli occhi pieni di sconcerto, con ancora il dubbio di essere davvero in salvo. Trovi gli occhi comprensivi di qualcuno che è venuto a fianco a te durante questo incubo, qualcuno che ti tiene la mano per calmarti per risollevarti. Finalmente è finita.
Forse ha vissuto questo incubo la bambina del capo della sinagoga. Forse anche a lei è sembrato di svegliarsi da un incubo quando ha udito quelle parole,
Talità kum!
e un tocco leggero prenderle la mano.
Un incubo lungo dodici anni ha vissuto la donna piagata da un continuo flusso di sangue. Una malattia due volte dolorosa: per la sofferenza fisica del sangue perduto e per l’infamia sociale che ne derivava. Per la cultura ebraica del tempo, come anche per tante culture tradizionali, la perdita di sangue legata al ciclo mestruale determinava impurità: non si poteva toccare una donna in quello stato, che doveva rimanere dunque isolata dal resto della società.
Un incubo lungo dodici, non alleviato, ma anzi persino aggravato dai dottori:
aveva molto sofferto per molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando.
Due incubi differenti, quello della donna e della bambina, eppure simili. Due donne, due persone senza diritti nella società, ferite nel loro stesso corpo, impotenti, segnate da un medesimo inizio: dodici anni prima era venuta al mondo gridando la bambina, dodici anni prima era cominciato il flusso di sangue inarrestabile.
Una vita che diventa un incubo è una vita contro il sogno di Dio, come dice anche, con le sue parole lente e misurate, il libro della Sapienza:
perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra.
Un incubo che è presente attorno a noi: in tante persone che soffrono, in tante persone che sono prostrate dalla vita. E anche noi accade talvolta di sentirci come in incubo, incapaci di uscire, incapaci di reagire, incapaci di salvarci da un’esistenza che pare soffocarci e dissanguarci.
Non viene da Dio questo incubo. Dio non gode della nostra rovina e della nostra sofferenza, non ha sete del nostro sangue. Vecchie spiritualità ci hanno insegnato che il dolore fa bene all’uomo, ma questo non è vero,
perché Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura.
E infatti Gesù viene a portare salvezza alla vita di queste due infelici. Cerca la donna che perde sangue non per rimproverarla della sua azione (che pure è una trasgressione della legge, perché lei non avrebbe potuto toccare nessuno), ma per darle sollievo:
Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male
E con ancora più dolcezza rialza la ragazza “addormentata”, per restituirla ai genitori, come raccomandandosi di far piano per disturbare il suo riposo.
È una voce che risuona anche oggi. Forse, troppo sprofondati nel nostro sonno, non la riusciamo a sentire, ma essa risuona per ogni uomo e ogni donna, e anche per noi:
Fanciulla, dico a te: alzati!
A cura di…
Prete della diocesi di Modena dal Settembre 2015, è vicario parrocchiale della parrocchia di Nonantola (MO). Vive in una comunità di preti con altri undici amici in una casa di campagna vicino alla città, dove insieme cercano di mantenere viva gli ideali della propria vocazione attraverso la custodia di una vita quanto più possibile umana ed evangelica. Appassionato di letteratura, dedica adesso la maggior parte del suo tempo ai giovani e agli scout della sua parrocchia.
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XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
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- Colore liturgico: Verde
- Sap 1,13-15; 2,23-24; Sal. 29; 2 Cor 8,7.9.13-15; Mc 5, 21-43
Mc 5, 21-432
Dal Vangelo secondo Marco
21Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 17 – 23 Giugno 2018
- Tempo Ordinario XI
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 3
Fonte: LaSacraBibbia.net
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