Commento a Esodo 3-4

950

Mosè non ha paura di sconfinare. Sa anzi spingersi oltre, con il suo gregge. In questo passo in più, Dio gli si fa incontro come presenza costante nella vita sua e del suo popolo che vive nella schiavitù. L’alleanza che era feconda per i Padri, è e verrà per lui. Il Signore gli si presenta nudo, per ciò che è: ascolto del tuo grido, risposta che ti interpella personalmente per nome, presenza che implora rispetto e perciò ti impegna per una liberazione.

Non si può consumare questo ardore. Anche se sembri un groviglio di rovi in un deserto, il suo fuoco continua a infiammarsi per te. È sconvolgente, incredibile, quasi da sembrare assurdo. Come potrà credere qualcuno che non ha fatto la medesima esperienza, in prima persona? A Mosè allora sono offerti tre segni: il bastone che si fa serpente, la mano che guarisce dalla lebbra, l’acqua del Nilo che diventa sangue. Chi aveva il bastone per governare sarà costretto a strisciare, perché il Nilo sarà colmo di sangue. Oltre al triplice segno, una voce: il Signore stesso a un Mosè recalcitrante manda incontro proprio suo fratello Aronne, che sa parlare meglio di lui.

La loro unità fraterna realizzerà – come in un bacio – la volontà di Dio, in questa relazione speciale: «Tu gli parlerai e porrai le parole sulla sua bocca e io sarò con la tua e la sua bocca e vi insegnerò quello che dovrete fare. Parlerà lui al popolo per te: egli sarà la tua bocca e tu farai per lui le veci di Dio» (Es 4,16-17). Come Dio è andato incontro a Mosè, ora lui andrà incontro agli altri.

In quali aspetti ti riconosci dell’esperienza di Mosè? Condividi le medesime preoccupazioni?

Leggi qui i capitoli della Bibbia.

A cura di Piotr Zygulski