Commento a Esodo 13-16

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Ripetutamente, di fronte alle incertezze del popolo anche nel bel mezzo della liberazione, Mosè deve mantenere viva la memoria e la speranza del Signore. Il quale innanzitutto evita a Israele di scontrarsi con i Filistei, che avrebbero potuto farlo desistere dal procedere.

Eppure, comunque, in un primo momento, gli Israeliti si pentono di essersi messi in viaggio quando si accorgono che gli Egiziani li stavano inseguendo: perché mai farsi uccidere da loro, quando avrebbero potuto continuare a vivere tranquilli sottomessi alle loro dipendenze? Ecco allora che passano attraverso il Mare, gli Egiziani vengono sommersi, tutti cantano la vittoria del Signore.

Ma subito dopo alla prima amarezza il popolo protesta: che cosa berremo? Pure in quella prova interviene il Signore, che aiuta Mosè a trasformarla in dolcezza. Passano poco meno di due mesi; dopo la prova della sete, quella della fame: in Egitto perlomeno si mangiava, nel deserto no! Il Signore pure lì sfama il popolo che protesta con una straordinaria manna – cibo che, anche etimologicamente, alimenta la domanda sul senso: “che cosa è?”– ma chiede che se ne goda rispettando la sua Legge, con il riposo del Sabato.

E anche in questo caso c’è chi non si fida: chi se ne accaparra più del dovuto perché teme che il Signore non darà loro il pane quotidiano, ma ciò che è raccolto in eccesso marcisce; e chi lo cerca anche al sabato, ma non lo trova, perché è il giorno del riposo.

Hai fede per farti guidare dal Signore da una comoda obbedienza verso una più scomodante liberazione per te e per gli altri?

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A cura di Piotr Zygulski