Commento a 2Maccabei 11, 13-38

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Concesso a questo Lisia di non essere privo di testa, lo vediamo oggi “proporre un accordo su tutto ciò che fosse giusto” (ver.14). Il nostro testo afferma che aveva constatato che “gli Ebrei erano invincibili, perché il Dio potente combatteva al loro fianco” (ver.13). Non è facile capire se questo passaggio afferma l’oggettività di questa constatazione o è l’affermazione di Lisia per entrare nelle trattative. Di fatto il ver.15 ci dice che “Maccabeo, badando a ciò che più conveniva, acconsentì a tutto quanto Lisia chiedeva”.

Egli pone come condizione ai Giudei di “essere favorevoli agli interessi del regno” (ver.19),e delega agli incaricati di entrambi le parti di trattare l’accordo. Sembra evidente che ci si trova non ad un livello di comunione, ma ad un puro accordo formale. Nella lettera che il re scrive a Lisia (vers.22-26) sembra che il re sia disponibile ad accettare che “i Giudei non intendono accettare l’ellenizzazione” perché sono attaccati “al loro sistema di vita e alle proprie leggi”! Per questo, “il tempio sia loro restituito”, ed essi “si sentano rincuorati e riprendano a loro agio la cura delle proprie cose” (ver.26).

L’affermazione è in sé molto importante perché accetta la sostanziale “diversità” che, come sappiamo, i Giudei conservano in tutti i luoghi e iin tutti i tempi della loro singolare collocazione non come nazione a se stante, ma dispersi in mezzo alle nazioni! Questo mi sembra importantissimo per noi cristiani in ogni luogo e in ogni tempo! E in sostanziale coerenza è la lettera che ai vers.27-33 il re scrive ai Giudei stessi! Diplomatica e forse non del tutto sincera, tuttavia è realistica nella sua sostanza.

E anche i Romani, nella loro lettera ai Giudei di essere “d’accordo” con questi patti (ver.35), e sollecitano dai Giudei una rapida conferma della loro adesione alla proposta di accordo.

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A cura di don Giovanni Nicolini