II domenica di Pasqua – Domenica in albis
«Pace a voi… Pace a voi… Come il Padre mio mi ha mandato, io vi mando… Quelli a cui rimetterete i peccati, saranno loro perdonati… Pace a voi… Felici quelli che credono senza vedere!».
Come sei buono, mio Dio… Che dolce approdo è il tuo: «La pace sia con voi… La pace sia con voi!». «Come il Padre mio mi ha inviato, io vi mando». Come sei buono e quale più dolce favore, quale più grande onore puoi farci se non darci la stessa missione che hai avuto Tu stesso, lo stesso fine sulla terra che hai avuto tu! chiamarci così chiaramente a imitarti, ad esserti simili, a riprodurre la tua vita, le tue opere, a essere la tua fedele immagine!
Che cosa di più dolce per un cuore che ama se non l’invito a imitare così!… Dai modo a tutti gli uomini di vedere i loro peccati rimessi, cancellati, distrutti, non appena essi hanno avuto la disgrazia di commetterli, di essere purificati, non appena hanno avuto la disgrazia di infangarsi, di essere in qualche modo sempre puri ai tuoi occhi, sempre puri agli occhi del loro Beneamato, di essere sempre graditi agli occhi del loro Sposo, sempre in grazia presso di lui e di apparire in grazia e graditi ai suoi occhi nell’ora della morte e del giudizio supremo!
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Come sei divinamente buono e come siamo felici! Fino alla fine e persino dopo la tua risurrezione compi la tua opera, adempi il tuo scopo, lavori a raggiungere «la tua unica volontà», il tuo unico desiderio: accendere nei nostri cuori il fuoco del tuo amore che «sei venuto a portare sulla terra»; augurarci la pace, che cos’è se non augurarci di amarti, poiché questo solo può darci la pace?… Offrirci la remissione dei nostri peccati, che cos’è se non offrirci il mezzo per essere sempre puri, o il che è la stessa cosa, santi e perfetti, cioè amanti, poiché ogni perfezione e ogni santità sono contenute nell’amore divino!…
Come sei buono, mio Dio, ad attirarci sempre, sempre alla cosa più dolce che ci sia in questa vita e nell’altra, a quella che fa tutta la felicità della terra e tutta quella del cielo, all’amore di Dio! «Pace a voi», sia la parola che diciamo entrando nelle case, affrontando gli uomini, sull’esempio del nostro Sposo…
«Come il Padre mio mi ha inviato, io mando voi»; il nostro Sposo ci dona la stessa missione che egli ha avuto: è dire che dobbiamo imitarlo in tutto e continuare la sua vita, compiere la sua missione come l’ha compiuta lui stesso, essere in tutto la sua fedele immagine; è dire anche che il nostro fine sulla terra è lo stesso del suo: glorificare Dio, santificando noi stessi e gli altri; ciò che si fa santificando noi stessi in primo luogo, non pensando per prima cosa se non alla nostra sola santificazione personale, poiché finché non siamo santi, non possiamo nulla per gli altri, e non appena siamo santi facciamo loro naturalmente e necessariamente un bene immenso; santificare se stessi consiste nell’amare Dio perfettamente, amore che contiene ogni perfezione.
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Amiamo dunque Dio poiché in questo consiste il compimento del nostro fine e tutta l’imitazione del nostro Beneamato Gesù!… Avviciniamoci spesso, e non appena ci sentiamo la coscienza turbata, pesante di una colpa considerevole, al sacramento che distrugge i peccati, ci purifica, ci rende di nuovo graditi agli occhi del nostro Sposo…
Siamo profondamente contriti dei nostri peccati con i quali dispiacciamo a lui, lo offendiamo; il nostro dolore di dispiacergli, di essere disapprovati, biasimati da lui, di averlo offeso, di avere contristato il suo Cuore, deve essere tanto più amaro quanto più l’amiamo. La misura della nostra contrizione sarà dunque quella del nostro amore: si ha un tale dolore di avere dispiaciuto, offeso, contristato, per quanto poco sia, l’essere amato, quando si ama!…
Crediamo senza vedere: «Il giusto vive di fede»… Egli [il giusto] ama «per fede» un Dio che non vede e questo amore è la sua vita… Obbedisce «per fede» a un uomo fallibile a causa della parola infallibile di Dio: «Chi ascolta voi ascolta me», parola che non sente, ma che crede «per fede». Egli imita «per fede» Gesù che non vede, per «fede» ai libri santi e alla Chiesa… Contempla «per fede» un Dio che non vede, ma nel quale «ha fede»… Viviamo di fede, è la vita del giusto, la vita soprannaturale, la vita divina quaggiù. Pace a voi… Ci auguri l’amore che solo può darci…[1]. Sì amiamo Gesù. Auguriamo a ogni anima di amare Gesù. È «l’unica cosa necessaria»[2].
[1] Nel manoscritto manca una parola in seguito allo strappo del foglio.
[2] M/522, su Gv 20,19-29, in C. de Foucauld, L’imitation du Bien-Aimé, Méditations sur les Saints Évangiles (2), Nouvelle Cité, Montrouge 1997, 285-287; tr. it., “Stabilirci nell’amore di Dio…”. Meditazioni sul vangelo di Giovanni, ed. A. Fraccaro, Glossa, Milano 2009, 345-351.
Nota su Charles de Foucauld
La vicenda spirituale di Charles de Foucauld (1858-1916) continua anche oggi ad essere motivo di interesse diffuso tra cristiani e non cristiani, poiché si affida a valori umani sempre più cercati, diventati ormai rari nelle nostre comunità civili: il primato di Dio, le relazioni umane, la cura del prossimo, la qualità della vita ordinaria.Il vangelo rimane la parola più autorevole per introdurre il credente ad una vita autentica. Charles de Foucauld ha sostato a lungo sui testi evangelici, per imparare a vivere in modo fedele un’esistenza degna di essere vissuta: una vita a imitazione di Gesù. Le meditazioni sul vangelo di Giovanni, che egli ha realizzato in Terra santa, possono essere considerate come un insieme di lezioni di vita cristiana, una raccolta di indicazioni pedagogiche per imparare, giorno dopo giorno, a seguire il Signore nella propria condizione di vita, in ascolto delle reali esigenze del mondo d’oggi.
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Immagine iniziale (Algeria, Hoggar, Assekrem) by jacqueline macou from Pixabay