«Dimorate in me… Se rimanete in me e se anche le mie parole rimangono in voi, chiedete ciò che vorrete e vi sarà fatto… Ciò che glorifica mio Padre, è che portiate molto frutto e diveniate miei discepoli».
«Dimorate in me» con l’amore, amatemi[1]. Se mi amate e se mi obbedite, vi accorderò tutte le vostre domande… La gloria di Dio, è che portiate frutti di santità nelle vostre anime e nelle anime del prossimo… che santifichiate sia voi stessi sia il prossimo… e mi seguiate, mi imitiate come fedeli discepoli («Se qualcuno vuole essere mio discepolo, mi segua»)… Come sei buono, mio Dio, e a dimenticare te stesso a questo punto in questa notte funebre! Tra qualche momento agonizzerai, sarai arrestato, tra qualche momento comincerà la tua passione, e tu non hai un ricordo per te, sei tutto [proteso, n.d.t.] a fortificare, a consolare i tuoi discepoli e noi tutti!…
Come sei buono a ripeterci e ripetere senza stancarti, sotto cento forme, gli stessi insegnamenti fondamentali che vuoi imprimere indelebilmente nelle anime!… Come sei buono a darci questi principi così generali, così vasti, che abbracciano tutta la nostra vita e ciascuno dei quali serve da direzione per tutti i momenti dell’esistenza: in poche parole ce ne dai qui sei di cui ciascuno si estende a tutti i nostri istanti e a tutti i nostri atti interiori ed esteriori, a tutti i nostri pensieri, parole e azioni; poiché ci chiami ad amarti, a obbedirti, a pregarti, a cercare la gloria di Dio, a produrre la santificazione di noi stessi e del prossimo, a imitarti: ciascuna di queste cose, dobbiamo farla in tutti i nostri istanti, in tutti i nostri pensieri, parole e azioni!…
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E come sei buono, a darci queste istruzioni con una tenerezza così incomparabile, in termini così trascinanti, che ci sottraggono, ci rapiscono, ci fanno venir meno con la loro soavità affettuosa e la loro dolcezza celeste!… E infine, e soprattutto, se si può dire soprattutto quando si tratta di parole e di opere tutte infinitamente perfette, tutte divine, come sei buono a continuare fino all’ultimo minuto quest’opera che persegui in tutte le tue parole e in tutte le tue azioni riferite dai santi Vangeli, quest’opera piena d’amore che dici di essere venuto a compiere sulla terra, e il cui compimento è, tu dici, il tuo solo desiderio, il solo oggetto della tua volontà: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; che cosa voglio se non che si accenda?».
La tua opera, il tuo scopo, il solo oggetto della tua volontà, è di accendere nei nostri cuori il fuoco dell’amore, dell’amore di Dio in primo luogo, dell’amore degli uomini poi (conseguenza ed effetto dell’amore di Dio); tu fai meravigliosamente quest’opera con queste poche parole così piene: ci ordini di amarti; ci getti nell’amore gettandoci nell’obbedienza che è indissolubilmente unita ad esso; ci getti nell’amore gettandoci nella preghiera e con essa nella contemplazione che è necessariamente unita all’amore; ci getti nell’amore insegnandoci a cercare in tutto la sola gloria di Dio, che è l’effetto del perfetto amore, che, come l’obbedienza, come la contemplazione, come l’imitazione, come la santificazione di sé e degli altri, è nello stesso tempo effetto, causa e compagna dell’amore, che risulta da lui, lo produce, lo accompagna, essendo figlia, madre e sorella; ci getti nell’amore chiamandoci a santificare sia noi stessi sia gli altri, il che non è se non sviluppare in noi e in loro l’amore divino e i suoi frutti, se non provocare in noi e in loro il compimento dei due primi precetti che racchiudono tutti gli altri (il primo solo racchiude sia il secondo sia tutti): «ama Dio, ama il prossimo»; ci getti nell’amore chiamandoci a imitarti, essendo l’imitazione, come l’obbedienza, necessariamente e indissolubilmente legata all’amore!… Come sei divinamente buono! Come ci ami, o Cuore di Gesù! Come ci doni tutta la tua tenerezza, tutto te stesso, tutti i beni, tutti i tuoi tesori, prima di versare per noi tutto il tuo sangue!… O Mio Dio, come il tuo amore mi mostra la mia ingratitudine! Sacro Cuore di Gesù, ti adoro, grazie, perdono, soccorrici affinché siamo riconoscenti e fedeli!
«Dimorate in me (amore)… Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi (obbedienza), chiedete ciò che vorrete (preghiera, contemplazione)… Ciò che glorifica il Padre mio (gloria di Dio), è che portiate molto frutto (santificazione di sé e del prossimo) e che diveniate miei discepoli (imitazione)». Queste parole contengono tutto il fondamento della nostra vita spirituale… Il nostro fine supremo è la manifestazione della gloria di Dio; il nostro mezzo per manifestare la gloria di Dio è la santificazione di noi stessi e del prossimo, la quale costituisce così il nostro fine secondario; il nostro mezzo per santificare sia noi stessi sia il prossimo è di amare Dio perfettamente.
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(Amando Dio perfettamente noi compiamo sia il primo dovere sia tutti gli altri, i quali vi sono compresi, e così ci santifichiamo perfettamente. Amando Dio perfettamente santifichiamo anche il prossimo tanto quanto ci è possibile farlo, poiché, le nostre preghiere per lui, i nostri esempi, le nostre opere di zelo in suo favore, non hanno efficacia se non nella misura del nostro amore per Dio – e della nostra perfezione, che è la stessa cosa –; se vogliamo dunque fargli del bene con le nostre preghiere, le nostre penitenze, i nostri esempi, le nostre parole, le nostre opere, non bisogna affatto metterci in primo luogo a pregare, a parlare, ad agire, ma bisogna metterci all’opera per prima cosa per la nostra stessa conversione, per la nostra stessa santificazione, per la nostra stessa perfezione, cioè per il nostro stesso stabilirci nell’amore divino che contiene ogni perfezione, e quando ci saremo stabiliti, confermati, soltanto allora potremo con frutto, pregare, parlare, agire in vista della santificazione degli altri; allora Dio farà produrre ai nostri minimi sospiri, alle nostre minime parole, ai nostri minimi atti un frutto mirabile, mentre gli sforzi che faremo per fare del bene agli altri, prima di essere noi stessi stabiliti nell’amore divino, saranno senza alcun risultato serio, per quanto grandi siano – «Il frutto delle opere intraprese per il bene delle anime è in ragione diretta dello spirito interiore che le anima», stabilisce san Giovanni della Croce; santa Teresa fa la stessa osservazione e la conferma con la sua stessa storia. – Inoltre bisogna ricordarsi che stabilendo se stessi nella perfezione, nell’amore divino, si fa un bene estremo alle anime con la «comunione dei santi»… Così, amando noi stessi Dio, non soltanto ci santifichiamo perfettamente, ma facciamo per il bene del prossimo tutto quello che ci è possibile… Se una volta che saremo pienamente stabiliti nell’amore divino, Dio vuole che facciamo qualche cosa di particolare per il bene del prossimo, lui stesso ce lo ispirerà, ce lo farà fare in questo stesso amore divino, con questo amore divino. Queste opere saranno allora un frutto dell’amore di Dio veramente piantato e che sboccia in noi; non sarà qualche cosa di diverso da questo albero celeste dell’amore di Dio che riempie da solo tutta la nostra anima, saranno i frutti stessi di questo amore divino).
– Continuiamo dopo questa lunga parentesi –. Il modo di amare Dio perfettamente è obbedirgli, imitarlo e contemplarlo… Tutta la nostra vita spirituale si trova dunque riassunta in queste poche parole di Gesù: il nostro fine supremo, la manifestazione della gloria di Dio; il nostro modo di raggiungerlo, cioè il nostro fine secondario, la santificazione di noi stessi e del prossimo: il nostro modo di compiere questa duplice santificazione, amare Dio; gli atti con i quali noi ci stabiliremo in questo amore, mediante la sua grazia, l’obbedienza a Dio, l’imitazione di Gesù, la contemplazione di Dio…
«Fac hoc et vives[2]!»… Come sei buono, mio Dio, che riduci tutta la nostra vita spirituale, tutta l’opera della nostra santificazione, della nostra salvezza, tutti i nostri doveri al solo amore, al solo amore dell’Essere tutto amabile, dell’Essere tutto bello, tutto perfetto, tutto incantevole… Mio Dio, come sei divinamente buono! È mai possibile che ti siamo infedeli! Eppure, io per primo, ahimè! lo sono tutti i giorni. Soccorrimi, mio Dio, affinché non lo sia più in futuro, che sia d’ora in poi riconoscente e fedele, che entri infine in questa vita d’amore di Dio alla porta della quale resto da così lungo tempo senza entrarvi, per colpa mia… Soccorrimi, soccorrimi… Signore, busso, aprimi! Aprimi la porta del tuo amore! Te lo chiedo in tuo nome, aprimi! Te lo chiedo in tuo nome, o Gesù Beneamato, fa’ che ti ami!… O sacro Cuore di Gesù, fa’ che ti ami!… E ti chiedo, o sacro Cuore di Gesù, questa stessa grazia per tutti gli uomini, per l’intercessione della tua cara Madre, la santissima vergine Maria[3]!
[1] In questo testo è Gesù che parla in prima persona.
[2]Fa’ questo e vivrai.
[3] M/491, su Gv 14,31-15,8, in C. de Foucauld, L’imitation du Bien-Aimé, Méditations sur les Saints Évangiles (2), Nouvelle Cité, Montrouge 1997, 224-228; tr. it., “Stabilirci nell’amore di Dio…”. Meditazioni sul vangelo di Giovanni, ed. A. Fraccaro, Glossa, Milano 2009, 199-209.
Nota su Charles de Foucauld
La vicenda spirituale di Charles de Foucauld (1858-1916) continua anche oggi ad essere motivo di interesse diffuso tra cristiani e non cristiani, poiché si affida a valori umani sempre più cercati, diventati ormai rari nelle nostre comunità civili: il primato di Dio, le relazioni umane, la cura del prossimo, la qualità della vita ordinaria.Il vangelo rimane la parola più autorevole per introdurre il credente ad una vita autentica. Charles de Foucauld ha sostato a lungo sui testi evangelici, per imparare a vivere in modo fedele un’esistenza degna di essere vissuta: una vita a imitazione di Gesù. Le meditazioni sul vangelo di Giovanni, che egli ha realizzato in Terra santa, possono essere considerate come un insieme di lezioni di vita cristiana, una raccolta di indicazioni pedagogiche per imparare, giorno dopo giorno, a seguire il Signore nella propria condizione di vita, in ascolto delle reali esigenze del mondo d’oggi.
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