«Io sono il buon Pastore… Ho altre pecore… Bisogna condurle a me… affinché ci siano un solo ovile e un solo Pastore».
Come sei buono, o buon Pastore, a cui è piaciuto designare te stesso con questo nome così tenero e che ti si addice così bene… Come sei buono, tu che sei venuto sulla terra a cercare, da buon Pastore, l’umanità così smarrita!… Come sei buono, tu che cerchi ogni anima con tanta pazienza, tanta costanza, o tenero Pastore!…
Come sei buono, o buon Pastore, tu che hai cercato, trovato la mia anima e l’hai riportata da così lontano!… Come sei buono, o buon Pastore, tu che guidi le tue pecore con le tue parole, con i tuoi esempi, con la tua santa Chiesa, con questi rappresentanti benedetti ai quali hai detto: «Chi ascolta voi, ascolta me», donando loro così il mezzo per non smarrirsi mai!…
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Come sei buono, o buon Pastore, che nutri le tue pecore con le tue sante Scritture, con gli insegnamenti dei dottori della tua Chiesa, con la dottrina sacra, con i sacramenti, infine con il Sacramento dei sacramenti, con il tuo corpo sacro e, inoltre, con la tua grazia che le sostiene in ogni istante!…
Come sei buono, mio Dio, che difendi le tue pecore con tanto amore, che hai dato la tua vita, il tuo sangue per liberarle, e che in ogni momento le difendi con la tua grazia, con i tuoi angeli, con la tua Chiesa!…Imitiamo il buon Pastore, quando ci dà in qualche modo la missione di pascere una o parecchie delle sue pecore. Come lui, guidiamole nel bene con la parola e con l’esempio, nutriamole con buoni insegnamenti, con buone letture, con una buona dottrina; difendiamole da loro stesse, dai demoni e dagli uomini; curiamole, consoliamole quando sono deboli e malate, facciamole prosperare il più possibile, poiché «questa è la gloria di Dio che si divenga i discepoli di Gesù e che si porti molto frutto»…
Cerchiamo di condurre a Nostro Signore, come egli chiede, quelle tra le sue pecore che non sono nel suo ovile, affinché ci siano un solo ovile e un solo pastore… Conduciamo a lui anche secondo la sua domanda, in obbedienza alla sua parola, il più grande numero possibile delle anime che non sono del suo ovile, cattoliche nel peccato, scismatiche, eretiche, infedeli, tutte le anime infine che non sono membra viventi del Corpo della Chiesa…
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Conduciamole a lui con le nostre preghiere, la nostra penitenza, i nostri esempi, la nostra personale santificazione sempre, e inoltre con tutti gli altri mezzi di cui vuole che ci serviamo, secondo la vocazione che ci dona[1].
[1] M/467, su Gv 10,11-16, in C. de Foucauld, L’imitation du Bien-Aimé, Méditations sur les Saints Évangiles (2), Nouvelle Cité, Montrouge 1997, 187-188; tr. it., “Stabilirci nell’amore di Dio…”. Meditazioni sul vangelo di Giovanni, ed. A. Fraccaro, Glossa, Milano 2009, 111-113.
Nota su Charles de Foucauld
La vicenda spirituale di Charles de Foucauld (1858-1916) continua anche oggi ad essere motivo di interesse diffuso tra cristiani e non cristiani, poiché si affida a valori umani sempre più cercati, diventati ormai rari nelle nostre comunità civili: il primato di Dio, le relazioni umane, la cura del prossimo, la qualità della vita ordinaria.Il vangelo rimane la parola più autorevole per introdurre il credente ad una vita autentica. Charles de Foucauld ha sostato a lungo sui testi evangelici, per imparare a vivere in modo fedele un’esistenza degna di essere vissuta: una vita a imitazione di Gesù. Le meditazioni sul vangelo di Giovanni, che egli ha realizzato in Terra santa, possono essere considerate come un insieme di lezioni di vita cristiana, una raccolta di indicazioni pedagogiche per imparare, giorno dopo giorno, a seguire il Signore nella propria condizione di vita, in ascolto delle reali esigenze del mondo d’oggi.
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