Prefazio IV domenica di Quaresima
I frutti del digiuno
Con il digiuno quaresimale
tu vinci le nostre passioni, elevi lo spirito,
infondi la forza e doni il premio,
per Cristo Signore nostro.
Il digiuno è previsto oggi nella quotidianità laica della vita molto più che in passato. I protocolli e le diete, ad esempio che vengono usati nello sport, sono finalizzati alla cura per ottenere una maggiore forza muscolare, corporea, attraverso la purificazione e il nutrimento equilibrato e mirato dell’organismo. Nelle diete alimentari più generiche, poi, vengono imposte rinunce di diverso genere ma soprattutto è consigliato un miglior discernimento e scelta del cibo in vista della salute personale, come anche il raggiungimento di un risultato estetico soddisfacente. Potremmo dire che oggi si moltiplicano indicazioni e consigli di esperti del settore per un benessere da raggiungere, in ragione di uno status fisico che sia adeguato ai livelli standard delle prestazioni che il mondo odierno richiede in diversi ambiti.
Assistiamo invece ad un marcato disinteresse riguardo al digiuno nella pratica della fede. La Scrittura e la tradizione della Chiesa sono chiare nell’evidenziare i frutti benefici del digiuno a partire dalla liturgia del Mercoledì delle Ceneri. I frutti benefici del digiuno, come ad esempio la purificazione interiore e la fortificazione nel combattimento spirituale quotidiano per il dominio di sé, favoriscono la strutturazione di una sensibilità interiore per accrescere il desiderio dei beni eterni, e inoltre configurano l’imitazione di Cristo attraverso un maggior tempo dedicato all’assunzione di un nutrimento particolare: la parola di Dio. Comunque, non bisogna dimenticare che il frutto più importante di questa pratica è rappresentato dalla memoria di Gesù e dei suoi quaranta giorni di digiuno nel deserto: facendo memoria liturgica dell’evento noi siamo posti alla sua sequela concreta e immediata.
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Il digiuno è tratto tipico della persona, della vita di Gesù. Gesù digiuna e prega in solitudine per mettersi in un atteggiamento radicale di ascolto: il digiuno diventa vero culto rivolto a Dio che è Padre. Attraverso l’esperienza quaresimale del digiuno di quaranta giorni, la comunità cristiana si inserisce nello stesso atteggiamento di Gesù. C’è qui un riverbero della sacramentalità della Quaresima. Il cristiano, seguendo Cristo, lo imita anche in questa dimensione concreta, in una dinamica liturgica che coinvolge ogni aspetto della sua vita. Quello che Gesù ha fatto in quel tempo diventa attuale nel nostro tempo; quello che noi realizziamo oggi con il digiuno, nella dinamica liturgica diventa condivisione di ciò che Gesù ha fatto una volta per tutte in quel tempo. Gesù nel deserto ha vinto la forza del male e così facendo ha posto l’uomo in una condizione favorevole riguardo alla liberazione dal male, fino al compimento sul legno della croce, nella sua Pasqua, dove la liberazione è totale e definitiva.
In questo senso la liturgia quaresimale con le sue pratiche penitenziali è tesa alla verità della conversione. L’uomo impara a superare le proprie inclinazioni negative e a fare spazio al Signore Gesù, lasciando che sia Lui ad accompagnare, sostenere e alimentare il nostro sforzo. Il digiuno pone l’uomo nella piena disponibilità all’azione di Dio: il credente rinuncia all’uomo vecchio e abbraccia l’uomo nuovo. La vita cristiana in questo senso acquista le caratteristiche di una lotta contro il male.
Innanzitutto, si lotta contro il male, che è il formalismo, in cui la praticata astensione dai cibi non riflette però l’astensione dal male nelle sue diverse forme e rischia di compromettere la verità del cammino interiore ed esteriore sfumando la conversione del cuore. Per questo è necessario l’atteggiamento della vigilanza. La vigilanza pone il cristiano nell’orizzonte escatologico verso cui è diretto il cammino quaresimale: la Pasqua di Gesù. Il Triduo Pasquale rappresenta allora liturgicamente il punto d’approdo per condividere “la vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana”, nella verità della sua memoria e quindi della sua presenza.
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