I Magi, “màgoi”, sono degli astrologi, che scrutano i segni del cielo. Erodoto, un antico scrittore, afferma che essi costituivano una della sei tribù dei Medi in Iran, una casta sacerdotale.
Matteo non dice che i Magi fossero re, né che siano tre. Portano oro, incenso e mirra: Giovenco, il primo poeta latino cristiano. dirà: “al re, al Dio, all’uomo”. Sono i doni per il Messia: “Che egli viva, e gli sia dato oro di Saba” (Sl 72,15); “Tutti verranno da Saba, portando oro e incenso” (Is 60,6).
Ma in questo episodio non c’è solo il significato di Cristo, ma anche quello della Chiesa. La parola “Epifania” significa “manifestazione”: Gesù si rivela alle nazioni. La pagina dei Magi è una solenne dichiarazione di missionarietà e di universalismo. Questo episodio richiama la conclusione dell’intero Vangelo: “Andate e fate mie discepole tutte le genti…” (Mt 28,18). Due pagine missionarie che aprono e chiudono la storia di Cristo, con una differenza: nell’episodio dei Magi sono le genti che arrivano a Gerusalemme, alla fine del vangelo è la Chiesa inviata al mondo. Questo seconda annotazione esprime più profondamente la concezione della missione come servizio, come un uscire da sé per andare alla ricerca degli altri.
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Ciascuno di noi è missionario in virtù del suo Battesimo, e quindi ad ogni età siamo stati scelti dal Signore per annunciare il suo Vangelo a tutti quelli che incontriamo nella quotidianità della nostra vita. Ma Gesù, prima di ascendere al cielo, ci ha dato un altro compito preciso: “Andate e fate mie discepole tutte le nazioni” (Mt 28,18-20); “Voi mi sarete testimoni… fino agli estremi confini della terra” (At 1,8).
Grava quindi su tutti noi anche il compito di portare la Gioiosa Notizia a tutte le genti. Perciò il Concilio Ecumenico Vaticano II ha ribadito: “La Chiesa peregrinante è per sua natura missionaria” (Ad gentes, n. 2); ed ha invitato “ciascuna comunità… ad allargare la vasta trama della sua carità fino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha per coloro che sono i suoi propri membri” (Ad gentes, n. 37).
Parliamo quindi della necessità inderogabile, ad ogni età, di essere missionari “ad gentes”, a quei cinque miliardi di persone che non conoscono Gesù, e di avere “la stessa sollecitudine” per i problemi delle nostre comunità e per quelli delle popolazioni lontane. E qui… casca l’asino! Scrive un anziano missionario, Padre Natale Basso: “L’impegno missionario «ad gentes» non è un qualcosa di più per i cristiani che simpatizzano per le missioni… È molto comune pensare che interessarsi alle missioni sia un’attitudine come le altre, come ad esempio la sensibilità per i poveri, per gli ammalati, per il canto sacro, per cui si sceglie di appartenere al gruppo missionario, al coro, al gruppo liturgico, alle varie forme di volontariato. L’idea che l’impegno missionario «ad gentes»… deve essere quindi vissuto in profondità e con costanza da ciascuno fa fatica a prendere piede, non riesce a sfondare, non convince…
Invece l’animazione missionaria deve coincidere con la formazione cristiana, permeando di spirito missionario tutte le azioni pastorali che sviluppano i germi del battesimo nel singolo e nella comunità: la liturgia, la catechesi, tutto il processo di iniziazione cristiana… Purtroppo non è così. L’animazione missionaria continua ad essere un’attività parallela all’azione pastorale e alla formazione spirituale dei cristiani. Diversi i soggetti responsabili, diversi gli ambiti, diversi spesso anche gli obiettivi e i contenuti… Ma una comunità cristiana non è fedele alla sua vocazione se non è missionaria. O è una comunità missionaria, o non è nemmeno una comunità cristiana. La missionarietà non è affare di specialisti (coloro che partono) ma riguarda tutti.
Chi è chiamato a partire deve andare; ma quanti sono quelli che non rispondono e non vanno! Chi è chiamato a restare deve dare la sua collaborazione; ma quanti sono quelli che pregano poco per chi è partito, o che mandano con il contagocce aiuti materiali, pur convinti di fare chissà che cosa… È urgente andare controcorrente. Se hai capito la missionarietà, non stare a guardare; se non l’hai capita e la consideri un accessorio, datti da fare, perché sei un cristiano o una cristiana che zoppica, a cui manca una mano, o che non vede bene”.
Il monito di Papa Francesco vale per tutti: “Dio è sempre novità, che ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere”.
Quanti, a ogni età, partono per i paesi di Missione, dove profondono tesori di promozione umana e di evangelizzazione! E quanti, pur restando nei paesi di origine, continuano a sostenere la Missione “ad gentes” con la preghiera, con la sensibilizzazione, con iniziative per raccogliere aiuti economici!
Che davvero, facendo obbedienza alla nostra vocazione battesimale, possiamo viverla con il cuore aperto sempre alle dimensioni del mondo, alle urgenze di tutti gli uomini e le donne della terra! “La Vergine Santa, modello di pronta adesione alla volontà di Dio, ci aiuti a sentire il fascino della chiamata del Signore, e ci renda disponibili a collaborare con Lui per diffondere dappertutto la sua parola di salvezza” (Papa Francesco).
Carlo Miglietta
Il commento alle letture di giovedì 6 gennaio 2022 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.