La predilezione dei piccoli
Uno dei caratteri tipici della scelta dei poveri da parte di Gesù è l’astensione dal giudizio. Il Regno di Dio non viene perché qualcuno se lo merita: viene per l’azione gratuita a amorosa di Dio che, Padre, interviene per i figli che soffrono. Anche il privilegio dei “piccoli” non è un “merito” da essi acquisito, ma è una precisa scelta di Dio: essa dipende solo dalla “eudokìa” del Padre, dalla sua benevolenza gratuita: “In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te»” (Mt 11,25-26). La beatitudine dei poveri non sta nella loro condizione di oppressione, ma nel fatto che Dio in Cristo si mostra loro come Padre amoroso, che ha ascoltato il pianto dei suoi figli, e che corre in loro soccorso: questa presenza di Dio al loro fianco è il “Regno di Dio” (Lc 6,20): “Il presupposto delle beatitudini di Gesù non è che i poveri siano migliori e più meritevoli degli altri. Rinaldo Fabris diceva molto bene…: se i poveri sono i destinatari della buona novella, non è perché essi rispondono a certe condizioni, ma semplicemente perché Dio è Dio” (J. Dupont). Si deve intervenire per il fratello non perché egli ne sia degno, ma solo perché ne ha bisogno, come Dio “che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45). Come il profeta Osea, che sposa una prostituta, Gomer, senza giudicarla, senza collocarsi al di sopra di lei, senza “innamorarsi per pietà”, ma “fidanzandosi (ndr: in ebraico si usa il verbo «‘rs», che designa una ragazza vergine!) nella giustizia e nella fedeltà, nell’amore e nella tenerezza” (Os 2,21).
Andare da Gesù
“Gesù invita i suoi discepoli a partecipare alla vita divina: si tratta di passare attraverso di lui, via definitiva per accedere al Padre, come dirà nel quarto vangelo (cfr Gv 14,6). Qui lo esprime con parole di grande consolazione, che costituiscono un appello ad aderire con fiducia a lui: «Venite a me, voi tutti affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete riposo per le vostre vite». Al tempo di Gesù i rabbini paragonavano la Torah, la Legge di Dio, a un giogo da portare, riferendosi alla responsabilità affidata a quanti entravano in alleanza con Dio.
Tale giogo era progressivamente diventato sempre più gravoso a causa di interpretazioni rigoriste fornite dalle guide religiose di Israele: i precetti, donati da Dio per l’autentica libertà dell’uomo, si erano trasformati in «pesanti fardelli imposti da scribi e farisei sulle spalle della gente» (cfr Mt 23,2)… Anche Gesù si presenta a quanti lo ascoltano come maestro e guida (cfr Mt 23,10), ma un maestro ben diverso, che interpreta la Torah con la sua vita, facendone una fonte di libertà: egli è mite e paziente con i discepoli, è rispettoso di chi gli sta di fronte, è privo di ogni arroganza, non condanna i peccatori, è umile di cuore nei confronti di Dio perché sottomesso a lui in tutto… Sì, Gesù è un rabbi mite e umile di cuore, capace di dare conforto e pace a quanti si sentono stanchi e oppressi, a quanti si sono smarriti in sentieri tortuosi: il giogo di Gesù, Torah fatta persona, è dolce e il suo carico leggero” (E. Bianchi).
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La prima cosa che dobbiamo fare per essere liberi dal nostro stress e dalle nostre preoccupazioni è andare a Gesù. Senza di lui, la nostra vita non ha un reale fine o spessore. Noi andiamo da un’attività all’altra, cercando di riempire la nostra vita con tante cose, per ottenere pace e felicità: “Tutta la fatica dell’uomo è per la sua bocca, però l’appetito suo non è mai sazio” (Qo 6,7).
Dio però ha creato ciascuno di noi con uno speciale scopo. C’è qualcosa che bisogna che sia fatta su questa terra, che può essere fatta solo da ciascuno di noi. Molta parte dello stress deriva dal fatto che non sappiamo chi siamo o dove stiamo andando. Persino i cristiani che sanno di andare nel Regno di Dio quando moriranno, sono tuttavia ansiosi in questa vita perché non sanno veramente che essi sono in Cristo e che Cristo è in loro.
“Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande” (Lc 6,47-48).
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“Cercate dunque in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato in aggiunta” (Mt 6,33). C’è qui una specie di patto bilaterale: da parte nostra dobbiamo cercare il Regno di Dio; da parte sua, Dio si impegna a sovvenire ai nostri bisogni. Gettiamo dunque le nostre preoccupazioni nel cuore del Maestro; egli manterrà la sua parola, veglierà su di noi e ci darà ristoro. Come ci ammonisce l’Apostolo Pietro: “Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno, riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi” (1 Pt 5,6-7). Ci consola anche il Salmo 55: “Affida al Signore il tuo peso ed egli ti sosterrà, mai permetterà che il giusto vacilli” (Sl 55,23).
Carlo Miglietta
Il commento alle letture di domenica 9 luglio 2023 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.