Carlo Miglietta – Commento alle letture di domenica 4 Dicembre 2022

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La II Domenica di Avvento ci presenta la figura di Giovanni, detto il Battista o il Precursore, nato probabilmente a Ain Karem alla del fine I secolo a. C. e giustiziato da Erode a Macheronte, tra il 29 e il 32 d. C.. E’ tra le personalità più importanti dei Vangeli, venerato da tutte le Chiese cristiane, e anche  menzionato cinque volte nel Corano col nome di Yahyā b. Zakariyyā, come uno dei massimi profeti che precedettero Maometto; nella religione dei Mandei, con il nome di Iahia Iuhana, viene considerato il più grande di tutti i profeti. Giovanni Battista è l’unico santo, insieme alla Vergine Maria, di cui si celebra non solo la morte (il dies natalis, cioè la nascita alla vita eterna), ma anche la nascita terrena. Tutte le Chiese cristiane che ammettono il culto dei santi celebrano la Natività di san Giovanni Battista il 24 giugno, perché il Vangelo ci dice che sua madre Elisabetta era al sesto mese di gravidanza quando incontra Maria (Lc 1,36), e se il Natale di Gesù viene celebrato il 25 dicembre, solstizio d’inverno, la nascita di Giovanni viene commemorata sei mesi prima, il 24 giugno, solstizio d’estate. Probabilmente è il personaggio più rappresentato nell’arte cristiana. Giovanni è il più diffuso nome di persona del mondo. 

Secondo il Vangelo di Luca è genericamente un “parente” (sugghenìs) di Gesù (Lc 1,36). La Chiesa Ortodossa, invece, venera Elisabetta e Maria come figlie di sorelle (Esmerìa ed Anna), e quindi Giovanni Battista come cugino di secondo grado di Gesù.

Giovanni andò a vivere “nel deserto” (Mt 3,1). Per Israele il deserto è il luogo della rivelazione della Parola di Dio, dell’intimità con lui, il tempo del fidanzamento con Dio (Os 2,16-18).

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“Portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico” (Mt 3,4). Siamo sempre nel simbolismo. Giovanni portava una veste di peli di cammello e una cintura ai fianchi, come Elia, considerato il padre dei profeti (2 Re 1,8). La cintura indica anche che egli è pronto per l’esodo (Es 12,11; cfr Lc 12,35). Suo nutrimento sono locuste e miele selvatico, cibi del deserto, dove il popolo visse di quanto usciva dalla bocca di Dio (Dt 8,3). La cavalletta per la legge mosaica era un insetto commestibile (Lv 11,22). Veniva chiamata anche “ofiomaco”, cioè “che combatte il serpente”: i commentatori ebrei la ritenevano simbolo della Parola di Dio vittoriosa sulla menzogna del serpente. Anche il miele richiama la Parola, più dolce del miele al palato (Sl 19,11; 119,103). Giovanni cioè in tutta la sua giovinezza visse nell’ascolto della Parola di Dio, nutrendosi di essa. Ecco perché, nel brano parallelo, Luca afferma: “La Parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto” (Lc 3,2). 

Giovanni inizia la sua predicazione “nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio (28-29 d.C.)” (Lc 3,1). Il Vangelo lo definisce “voce di uno che grida nel deserto” (Mt 3,4). Marco vi premette: “Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via” (Mc 1,2), attribuendo anche questa introduzione al profeta Isaia (Is 40,3), mentre in realtà è una citazione da Malachia (Ml 3,1). Qualche copista, nei primi secoli, tentò di sanare l’incongruenza nel passo del Vangelo secondo Marco, mutando la formula introduttiva da: “Come è scritto nel profeta Isaia”, nella più generica: “Come è scritto nei profeti”. Il Vangelo secondo Matteo – posteriore a quello di Marco, che usò anche come fonte – riporta invece correttamente solo la citazione: “Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!»” (Mt 3,3). Si noti come i sinottici, citando Isaia, seguano il testo greco che congiunge il deserto alla voce, mentre in realtà il testo ebraico afferma: “Voce di uno che grida: «Nel deserto preparate la via del Signore»”.

E’ probabile che il Battista abbia avuto stretti rapporti con le comunità giudaiche degli Esseni, come quella di Qumran che sorgeva a poca distanza da dove Giovanni battezzava: queste comunità aspettavano l’avvento del Messia e praticavano il battesimo come rito di purificazione. La novità del battesimo di Giovanni, rispetto alle abluzioni di tipo rituale che già si conoscevano nella tradizione giudaica, consisteva nel preciso impegno di “conversione(metànoia, cioè: “cambiamento di mentalità”), da parte di coloro che andavano a farsi battezzare da lui. 

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Il Battista era indubbiamente un trascinatore di folle, un leader duro e polemico. Il sunto della sua predicazione che ci lascia Matteo è più un messaggio di sciagure che un annuncio di consolazione. Invece della salvezza, Giovanni prospetta l’imminenza del “giorno del Signore”, giorno di giudizio contro il suo popolo. Soprattutto i due gruppi che rappresentano il giudaismo ufficiale, i farisei e i sadducei, sono stigmatizzati con appellativi come “razza di vipere” (Mt 3,7), figli degeneri di Abramo (Mt 3,9), alberi inariditi (Mt 3,10). La vipera è simbolo della cattiveria, espressa dal suo morso velenoso, ma rimanda al serpente – Satana che ingannò i primi uomini e che continua ad avere una discendenza anche tra gli Israeliti. Giovanni ricorda che Dio può suscitare figli dalle pietre (Mt 3,9): in queste righe si può leggere in filigrana il gioco tra le parole ebraiche abanim-banim, “pietre-figli”. A Dio tutto è possibile: suscitare figli dalle pietre, cioè può cambiare il nostro cuore di pietra in un cuore di figli (Ez 36,26). L’illusione di essere salvati perché figli di Abramo è parallela a quelli di essere salvati perché seguaci di Cristo. Su quanti credono di essere salvati solo perché appartengono a una confessione religiosa viene minacciato il giudizio finale di Dio, espresso con le immagini della scure, del fuoco, e della vagliatura del grano (Mt 3,10.12)

Ma c’è anche una parola di consolazione: per sfuggire all’ira imminente c’è una sola via, quella della conversione, attestata non dalle parole ma da opere di bene concrete. A tutti noi viene richiesta una vera conversione ad una vita di carità e di servizio. 

Ma il “giorno di IHWH” minacciato dal Battista diventa immediatamente il “giorno del Messia”: l’espressione “colui che viene” (ho ercòmenos) (Mt 3,11), è una designazione del Messia regale.

Giovanni si presenta come un suo semplice precursore, cioè come il servo che va avanti al suo Signore per fargli strada. Solo il Cristo, che è “il più forte”, avrà un battesimo non solo di acqua, ma “di Spirito Santo e fuoco” (Mt 3,11).

Gesù dirà del Battista che “fra i nati da donna non è sorto nessuno più grande di lui”, anche se “il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di lui” (Mt 11,11).

Il Battista realizza davvero quello che suo padre Zaccaria, “pieno di Spirito Santo” (Lc 1,67), aveva profetizzato: 

E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati,
grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,
per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge
per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre
e nell’ombra della morte
e dirigere i nostri passi sulla via della pace!” (Lc 1,76-79).

Carlo Miglietta


Il commento alle letture di domenica 4 dicembre 2022 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.