Carlo Miglietta – Commento alle letture di domenica 30 Aprile 2023

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Nel Vangelo di Giovanni, uno dei simboli della Chiesa è il gregge. Questa immagine è già veterotestamentaria. Dio è il Pastore di Israele (Gen 48,15; Sl 23; 80,2; Is 40,11) , che si serve di uomini, spesso infedeli, per pascere il suo popolo (Ger 23,1-3; Ez 34,1-10). Ma alla fine dei tempi sarebbe giunto il Pastore messianico (Ez 34,23-24), che sarebbe stato colpito e trafitto (Zc 12,10; 13,1.7) . 

Gesù in Giovanni al capitolo 10 si presenta come il pastore kalòs (Gv 10,11), letteralmente “bello”, cioè “ideale”, “modello”, “perfetto”. Il Nazareno si proclama il Dio Pastore, con l’uso per sé del Nome santo di Dio (“Io sono”: Gv 10,9.11): egli dà la sua vita per le pecore (in Gv 10,11-18 lo ripete ben cinque volte), rendendosi cibo per esse, “pane della vita” (Gv 6,35), donandosi totalmente, facendosi spezzare e consumare. Cristo ci salva, ci guida, ci consola, ci protegge, sazia i nostri bisogni più profondi, riempie le nostre attese, scioglie le nostre paure, vince i nostri limiti creaturali. 

“Alcuni hanno obiettato che in questa parabola «gregge» o «gregge di pecore» è menzionato soltanto una volta (Gv 10,16). Ma anche l’immagine dell’ovile che implicitamente la percorre tutta è un simbolo della comunità” (R. E. Brown). “I discepoli di Gesù non sono delle monadi, separati e slegati tra loro, ma costituiscono una comunità, formano un gregge, sono pecore che vivono nello stesso recinto, hanno uno stesso pastore, sono condotte fuori dall’ovile per essere portate al pascolo tutte insieme (Gv 10,1.3). In questo discorso non ricorre il termine «famiglia»: appare però con trasparenza che le pecore simboleggiano i discepoli del Cristo, i quali altrove dal Maestro sono chiamati suoi amici (Gv 11,11; 15,14-27) e fratelli (Gv 20,17), anzi sono affidati alle cure di sua madre (Gv 19,26). Quindi Giovanni insegna con sufficiente chiarezza che i cristiani formano la Chiesa, la famiglia del Figlio di Dio” (S. A. Panimolle).

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Afferma il Concilio Ecumenico Vaticano II: “La Chiesa è un gregge, di cui Dio stesso ha preannunziato che ne sarebbe il pastore (cfr Is 40,11; Ez 34,11ss), e le cui pecore, anche se governate da pastori umani, sono però incessantemente condotte al pascolo e nutrite dallo stesso Cristo, il buon Pastore e principe dei pastori (cfr. Gv 10,11; 1 Pt 5,4), il quale ha dato la vita per le pecore (cfr Gv 10,11-15)” (Lumen gentium, n. 6).

“Chiesa è una deformazione della lingua italiana del termine greco ekklesia che è composto con la preposizione ek che indica il moto da luogo e la radice klesia deriva dal verbo chiamare (kaléo): ek-klesia significa una «chiamata fuori». La Chiesa è la convocazione che il Signore ha fatto portando fuori le persone… La Chiesa è un popolo uscito, non di scappati di casa, ma di persone tirate fuori. Ecco l’immagine del gregge che viene tirato fuori dal recinto (Gv 10,3)… Cristo porta fuori, fa uscire. Che la Chiesa sia in uscita è naturale in base al suo nome; la Chiesa si chiama così, è un gruppo di persone chiamate fuori, uscite, uscite da una struttura opprimente, uscite dall’ambiente negativo del male. È la comunità delle persone estratte dal dominio del male. La parola stessa Chiesa, anche se ormai non dice più niente del genere, ha nella sua etimologia questo riferimento alla liberazione. La Chiesa è la comunità delle persone radunate e portate fuori. Pensate all’immagine dell’esilio: erano in Babilonia prigionieri dei Babilonesi, il Signore è intervenuto e ha portato fuori il resto di Israele dal dominio degli stranieri e li ha riportati sui monti di Israele perché fossero liberi” (C. Doglio).

“Il gregge siamo noi, popolo di Dio, raccolti in unità attorno al Pastore supremo. L’ovile raccoglie, custodisce, preserva dal male, soprattutto nella notte, quando il buio diventa complice di chi vuol fare razzia. Così la Chiesa, vivificata dallo Spirito, contagiata dall’urgenza della stessa carità di Cristo. In unità, nell’unico gregge, per pregustare la mediazione salvifica di Cristo, Pastore buono” (E. Querce).

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Diceva Gregorio di Nissa: “Se davvero l’amore riesce ad eliminare la paura e questa si trasforma in amore, allora si scoprirà che ciò che salva è proprio l’unità. La salvezza sta infatti nel sentirsi tutti fusi nell’amore dell’unico e vero bene”.

Carlo Miglietta


Il commento alle letture di domenica 30 aprile 2023 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.