Carlo Miglietta – Commento alle letture di domenica 24 Luglio 2022

387

I discepoli avevano chiesto a Gesù: “Signore, insegnaci a pregare!” (Lc 11,1): e Gesù insegna loro una “preghiera modello”, il “Padre nostro” (Mt 6,9-13; Lc 11,1-4). 

Se le invocazioni della prima parte del “Padre nostro” sono soprattutto una lode per il progetto d’amore di Dio, oltre che un auspicio che tutti gli uomini lo accettino nella propria vita e rispondano nell’amore all’offerta d’amore di Dio, le istanze della seconda parte sono delle vere e proprie richieste. 

La preghiera di domanda

- Pubblicità -

Ma alla luce della rivelazione di Dio in Cristo, che senso ha la preghiera di domanda, se Dio è un Padre buono che a tutti provvede con un piano di infinita misericordia? Infatti Gesù ci dice: “Pregando, poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di essere ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate” (Mt 6,7-8). D’altra parte lo stesso Gesù ci esorta: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto” (Lc 11,9-10); e perciò racconta la parabola dell’amico importuno, che ottiene esaudimento dall’altro, già a letto con i bambini, non “per amicizia, … ma per la sua insistenza” (Lc 11,5-8). Gesù ci invita a “pregare sempre, senza stancarsi” (Lc 18,1), e racconta a proposito la parabola del giudice disonesto che dà udienza alla vedova solo perché questa non smette di importunarlo (Lc 18,2-8). 

Ma allora come conciliare l’invito a non sprecare parole, perché il Padre sa già tutto, con quello di pregare incessantemente? E poi: Dio ha bisogno di essere “stancato” dalle nostre preghiere per esaudirci? E ci esaudirà solo per la nostra cocciutaggine e non per amore? Anzi, è un “disonesto” (Lc 18,6), che ascolta solo chi lo stressa e non per giustizia? Con che criterio allora Dio esaudisce le nostre preghiere? Conta quindi la loro quantità, se non addirittura le “raccomandazioni” di questo o di quel Santo più “potente” degli altri? Anche i rapporti con l’Altissimo viaggiano con la logica perversa delle relazioni umane, spesso improntate solo sulla petulanza quando non addirittura su bustarelle e tangenti?

Una preghiera del tempo irredento

Innanzitutto, mentre la preghiera di lode non cesserà mai, perché farà parte della nostra dimensione paradisiaca (Ap 5,9-10.13; 15,3-4; 9,1-3.6-8…), la supplica fa ancora parte del tempo irredento, nasce dall’uomo non ancora compiuto. È l’uomo che è ancora sotto la minaccia delle tenebre, che ancora non riesce a scorgere il piano di Dio, che porta a lui le sue domande. 

Un dialogo con il Papà

Questo è già un fatto stupendo: Dio è colui che mi ascolta, è l’Amico con cui confidarmi, è il Papà buono a cui posso rivolgermi in ogni circostanza, certo di essere capito. Il nostro Dio non è colui che tace, ma è colui che per noi si è fatto Verbo, Parola incarnata (Gv 1,14), con cui posso avere dialogo. Posso sottoporre a lui ogni mio problema, ogni mia ansia, ogni mia angoscia, certo che saranno compresi nel suo Amore. 

Richiediamo il nostro massimo bene?

Ma perché talora Dio non ci esaudisce? Una delle risposte che ci dà la Scrittura è che spesso ciò che chiediamo non è il bene più grande per noi. Spesso la logica lungimirante di Dio è diversa dalla nostra (Is 55,8-9; Sap 3,1-8; 4,7-17). Solo Dio sa qual è il supremo bene per noi. E la nostra preghiera non cambia il suo parere, nonostante alcuni antropomorfismi dell’Antico Testamento, come in occasione dell’episodio in cui Abramo parrebbe voler distogliere Dio dall’intenzione di distruggere Sodoma (Gn 18,18-32), o quando Mosè fa recedere Dio dal proposito di sopprimere il popolo idolatra (Es 32, 9-14): “Io sono il Signore, non cambio” (Ml 3,6). Inoltre se Dio cambiasse idea per la nostra preghiera, o avrebbe pensato qualcosa di non bene per noi prima della nostra supplica, o avrebbe deciso qualcosa che non è il massimo bene per noi dopo la nostra invocazione: è ciò è impossibile, perché l’Amore non può che volere il massimo bene per l’amato. 

Spesso quindi non siamo esauditi perché non chiediamo a Dio “i beni per noi convenienti” (Rm 8,26; Gc 4,2-6). La fede è proprio credere al suo Amore, che la sua volontà altro non è che il massimo bene per noi: “Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?” (Rm 8,32).

Chiedere il “miracolo”?

Ma anche se Dio ha preparato per noi beni maggiori, ciò spesso non basta a confortarci di fronte al mancato ottenimento di certe sacrosante richieste in ordine alla salute, alla vita, all’onesta prosperità. 

Dio non bara dicendo che la nostra finitudine creaturale è un bene: egli sa che essa è un male, e per questo si pone accanto a noi che soffriamo mandando a noi il suo stesso Figlio che, incarnandosi, morendo e risorgendo, vince per noi malattia e morte e ci fa partecipi della vita divina. Questa è la “volontà di Dio” (Gv 6,38-40.42; 10,17-18; 19,30; Mt 26,39; Eb 10,5-7…), il suo progetto creazionale per noi. Il credente può anche chiedere a Dio il “miracolo”, il suo intervento straordinario sul libero corso della natura e della storia: ma deve credere che il vero “miracolo” che Dio sempre opera per tutti è il dono del Figlio che ci fa risorgere con lui.

Pregare è chiedere: “Non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42)

La vera preghiera del credente è allora di essere incorporato al mistero del Cristo Salvatore, di aderire cioè al progetto di Dio, alla sua “volontà”. Pregare è quindi chiedere a Dio l’accettazione della sua volontà (Mt 6,10). Pregare è quindi chiedere a Dio la conversione, l’accettazione del suo piano su di noi, l’obbedienza alla sua Parola. 

Pregare è chiedere lo Spirito Santo

È per questo che di fronte al brano di Matteo: “Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano” (Mt 7,9-11), Luca, che fa del suo Vangelo un piccolo trattato sulla preghiera, cambia, nel suo testo parallelo, “le cose buone” in “lo Spirito Santo”: “il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono” (Lc 11,11-13); la vera preghiera di domanda è richiedere lo Spirito Santo  che ci trasformi secondo il piano di Dio! Nella preghiera non chiedo a Dio di cambiare i suoi piani, chiedo che Dio mi cambi secondo i suoi piani! La vera preghiera è quindi sempre richiesta dello Spirito Santo perché ci plasmi, ci trasformi secondo il piano di Dio, realizzando in noi “i disegni di Dio” (Rm 8,26-27).

Dio quindi sempre esaudisce la nostra preghiera (1 Gv 5,14-15) dandoci non questo o quel bene, ma il sommo bene, lo Spirito Santo, pienezza di ogni dono, che ci fa comprendere ed amare il mistero di Dio (Gv 14,26). 

Carlo Miglietta


Il commento alle letture di domenica 24 luglio 2022 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.