Da: C. MIGLIETTA, LโEUCARESTIA SECONDO LA BIBBIA. Itinerario biblico-spirituale, Gribaudi, Milano, 2005,ย con presentazione di S. E. Mons. Giacomo Lanzetti
Per capire i testi neotestamentari di istituzione dellโEucarestia bisogna avere ben presente quel genere letterario, cosรฌ frequentemente adoperato nei libri profetici, che รจ il โmimoโ. Nel linguaggio dei profeti, infatti, un posto particolarissimo occupano le azioni simboliche: sono piรน di trenta, e precedono o accompagnano le esposizioni orali. Proprio per significare che la Parola di Dio non รจ puro โafflatus vocisโ, ma fatto che si compie, storia concreta, il profeta, su ordine divino, la incarna in gesti simbolici โ rivelativi. Talora sono vere pantomime, piccole โscenetteโ, brevi โspot pubblicitariโ che devono servire a imprimere bene, nella mente degli astanti, un determinato concetto o una particolare rivelazione.
LโEucarestia โmimoโ profetico
Farsi mangiare dagli uomini
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Quando Gesรน istituisce lโEucarestia, opera anzitutto un mimo profetico. Quanto compie nellโultima cena รจ โlโultima parabola di Gesรนโ (J. Jeremias, citato in X. Lรฉon-Dufour). Porgendo il pane, dice: โQuesto รจ il mio corpo dato per voiโ; offrendo il calice: โQuesto รจ il mio sangue, versato per voiโ (Lc 22,19-20): il primo significato di questa azione รจ che egli si รจ donato totalmente agli uomini, che la sua vita รจ stata oblazione piena per la vita dei fratelli, che si รจ interamente consumato per essi, e che egli รจ diventato, offrendosi per loro come il pane e il vino, il loro sostegno e la loro sopravvivenza. โDistribuendo il pane, Gesรน manifesta con le parole che <<si dร per>>. Facendo circolare il calice, dichiara che <<versa il suo sangue>>. I due gesti di Gesรน ne ricevono un valore simbolico: il dono della propria persona a vantaggio dei discepoli, che giunge fino allo spargimento del sangueโ (X. Lรฉon-Dufour). โDavanti ai suoi discepoli Gesรน fa un mimo della sua morte, rappresentandola davanti a loro; รจ lโatteggiamento di un profeta e di un martire che porta la missione fino al suo compimento, dando alla sua propria morte un significato di amore e di servizioโ (A. Marchadour).
La volontarietร del dono
Due sono le sottolineature che Gesรน vuole dare al suo gesto. La prima รจ lโassoluta volontarietร del suo donarsi: il suo farsi uomo fino alla morte non รจ dato dallโineluttabilitร del caso, ma รจ sua libera scelta dโamore: โLa mia vita, nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, perchรฉ ho il potere di offrirlaโ (Gv 10,18); โOra lโanima mia รจ turbata; e che devo dire? Padre, salvami da questโora? Ma per questo sono giunto a questโora!โ (Gv 12,27). Gli evangelisti sapevano che โil Padre gli aveva dato tutto nelle maniโ (Gv 13,3), e apposta rimarcano che Gesรน prevede il tradimento di Giuda. Tutti i racconti di istituzione eucaristica sono sotto il segno di questa consapevolezza di Gesรน: โIn veritร vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirร โ (Mc 14,18); โLa mano di chi mi tradisce รจ con me, sulla tavolaโ (Lc 22,21); โColui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirร โ (Mt 26,23; cfr Gv 13,26). Gesรน accetta quindi volontariamente fino in fondo la sua condivisione con lโuomo: non si tira indietro, non fugge. Deliberatamente si offre. โPer questo nellโUltima Cena <<se dat suis manibus>>: la sua Passione sarร il Corpo dato e il Sangue versato da luiโ (A. Bozzolo).
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La totalitร del dono
Il secondo aspetto del mimo profetico รจ lโassoluta totalitร del suo donarsi: Cristo, โavendo amato i suoi che erano nel mondo, li amรฒ fino alla fineโ (Gv 13,1), fino al supremo compimento dellโamore, che รจ dare la vita per coloro che si amano (cfr Gv 15,13): il pane mangiato e il vino bevuto sono il segno di questo โconsumarsiโ per i suoi, farsi tutto per essi.
Il comando di imitare Gesรน
Due comandi accompagnano lโazione profetica: il primo รจ: โPrendete, mangiateโฆ; beveteโ (Mc 14,22; Mt 26,26.28): i discepoli non sono solo oggetto passivo di questa autodonazione del Cristo, ma sono invitati a prenderne parte attiva, a partecipare al suo amore, ad accettare la sua vita come dono, a riempirsi consapevolmente e responsabilmente di lui. Da questo nasce il secondo comando: โFate questo in memoria di meโ (Lc 22,19; 1 Cor 11,24): Gesรน ordina che anche i suoi discepoli si facciano pane e bevanda per gli altri, divengano cibo per tutti, si lascino โmangiareโ dai fratelli.
Lโimportanza del mimo eucaristico
Nella lettura biblica del mimo il primo significato รจ quindi lโinvito al dono totale agli altri, sullโesempio del Maestro. Gli altri significati (la presenza reale di Cristo, il sacrificio della Nuova Alleanza, un segno escatologicoโฆ), ci sono certamente, ma sono a questo secondari e da questo traggono luce e comprensione.
Si noti che, nel mimo eucaristico, โil momento centrale รจ dato non dai due elementi significativi del corpo e del sangue, bensรฌ dal dono che Dio fa di Gesรน e che si compie nella sua morte violenta (<<il mio sangue versato>>)โฆ Vuol dire che i discepoli divengono partecipi dellโautodonazione di Gesรน nel momento stesso in cui ricevono il paneโฆ La cena del Signore รจ dunque unโazione โ segno, profetica, cioรจ vera, e non solo simbolica: nel porgere il pane spezzato e il vino rosso, si verifica e si comunica la realtร indicata con lโazione โ segno, la partecipazione dei discepoli allโatto del donare la vita che Gesรน compie donando la propria per i moltiโ (B. Klappert).
โIl pane che io darรฒ รจ la mia carneโ
Tutti sono concordi che la prima parte del capitolo 6 di Giovanni puรฒ essere letta in chiave spiritualista, con qualche allusione allโEucarestia: ma invece i versetti 51-58 sono da intendersi solo in senso sacramentale?
Il primo significato rivelativo anche di questi versetti รจ certamente lโadesione a Cristo. Se nella prima parte del capitolo le parole โ chiave erano โvenire a meโ e โcredereโ (Gv 6,35), ora sono โdareโ e โmangiare โ bereโ: lร si chiedeva fede in Dio che entra nella storia in Gesรน (incarnazione), qui in Dio che si dona fino al sacrificio di sรจ (redenzione).
Le parole โcarne โ sangueโ non indicano semplicemente la persona di Gesรน, ma che egli sta per essere consegnato alla morte. Lโeresia gnostica e docetica, contro i cui influssi giร Giovanni scrive, riteneva impossibile che un Dio potesse patire e morire: Gesรน di Nazareth avrebbe solo ospitato la divinitร dal Battesimo allโinizio della Passione. Giovanni insiste invece sulla realtร dellโincarnazione, sulla completa identificazione del Cristo divino con lโuomo Gesรน di Nazareth, sul fatto che Gesรน รจ il Cristo venuto โnon in acqua soltanto, ma in acqua e sangueโ (1 Gv 5,6): la teofania battesimale รจ inscindibile dalla morte in croce, che per Giovanni รจ il luogo massimo della manifestazione di Dio. Per questo ribadisce la necessitร di unirsi non al โcorpoโ di Cristo, ma alla sua โsarxโ, termine che significa โcarneโ in senso plastico, anatomico, muscolare: e scandalizza usando il verbo quanto mai concreto โtrogheinโ (da cui la parola โtrogoloโโฆ) che non significa tanto โmangiareโ quanto โmasticareโ, โdivorareโ, โbrucareโ. Non bisogna edulcorare questo realismo: รจ il realismo dellโincarnazione.
La celebrazione dellโEucarestia, con la sua concretezza sacramentale, รจ segno della vera umanitร di Cristo: partecipando ad essa, noi โannunciamo la sua morte, proclamiamo la sua resurrezione, nellโattesa della sua venutaโ. โLa comprensione realistica del pasto sacramentale (mangiare la carne, bere il sangue) non ha niente di magico. Attraverso il pasto Gesรน stesso si unisce a quelli che lo ricevono (Gv 6,56); essi vivono attraverso di lui ed egli li risusciterร โฆ (Gv 6, 54). Il nutrimento sacramentale รจ solo un mezzo per raggiungere una comunione personale con luiโ (R. Schnackenburg), vero Dio e vero uomo.
Il testo torna piรน volte sul concetto di โultimo giornoโ (Gv 6,39.40.44.54). โNellโultimo giorno, il grande giorno della Festaโ, Gesรน invita ad abbeverarsi allโacqua viva che sgorgherร dal suo seno, cioรจ dallo Spirito che egli spanderร alla sua glorificazione (Gv 7,37-39): ciรฒ si realizzerร nella sua morte, quando egli sarร glorificato, effonderร il suo Spirito, e dal suo fianco uscirร acqua (Gv 19,33-34). Giovanni รจ lโannunciatore di unโescatologia che giร si compie nel mistero di Cristo: โChi crede in lui non รจ condannato, ma chi non crede in lui รจ giร stato condannatoโ (Gv 3,18); โchi crede ha la vita eternaโ (Gv 3,36; 6,47.54); nella sua morte una volta per tutte sono stati vinti il satana, la sofferenza e la morte.
Mangiando la sua carne ed il suo sangue, partecipando cioรจ al mistero della sua morte, giร ora abbiamo la vita eterna. In realtร questo โgiร โ รจ tale nella fede, perchรจ siamo ancora prigionieri della nostra finitudine creaturale: lโEucarestia ci immerge nellโottimismo di una vittoria giร realizzata, e al contempo ci รจ pegno della nostra resurrezione futura (Gv 6,54), aprendoci a un โnon ancoraโ che si realizzerร alla nostra morte, quando contempleremo faccia a faccia la gloria di Dio (1 Cor 13,12). LโEucarestia, inserendoci nel passato della morte del Signore, ci incardina nel presente di una vita in lui che inabita in noi (Gv 6,56), proiettandoci nella comunione totale con Dio del banchetto messianico futuro.
Parola e Segno
Il rapporto tra Parola ed Eucarestia รจ biblicamente strettissimo. Nei Sinottici, i racconti di istituzione dellโEucarestia avvengono in un contesto interpretativo verbale da parte di Gesรน: ogni suo gesto รจ accompagnato dalla Parola che lo illumina e lo spiega.
In Giovanni, secondo il suo solito, al miracolo della moltiplicazione del pane al capitolo 6 fa seguito il grande discorso esplicativo sullโEucarestia, discorso in cui addirittura gli esegeti faticano a comprendere ciรฒ che Gesรน riferisce alla sua Parola e ciรฒ che riferisce al suo Corpo. Per alcuni โun discorso eucaristico (6,51-58: Gesรน vero nutrimento mediante il suo corpo e il suo sangue) sarebbe stato inserito nel racconto โ discorso seguente: ai giudei che reclamano un <<segno >> analogo a quello della manna (vv. 30-31; cfr 1,21+) Gesรน risponde: <<Con lโinsegnamento del Padre che trasmetto agli uomini (cfr 3,11+) sono io il vero pane, assimilabile mediante la fede (vv. 32s)>>โ (Bibbia di Gerusalemme). Giovanni fa molti riferimenti allโAntico Testamento, dove spesso la Parola era accostata o paragonata al cibo: โTi ha nutrito con la mannaโฆ, per farti capire che lโuomo non vive soltanto di pane, ma che lโuomo vive di quanto esce dalla bocca di Dioโ (Dt 8,3); โLa Sapienzaโฆ ha ucciso gli animali, ha preparato il vino e ha imbandito la tavolaโฆ A chi รจ privo di senno essa dice: <<Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato>>โ (Pr 8,22-24 e 9,1-6); โLa Sapienza loda se stessaโฆ: <<Come una vite ho prodotto germogli graziosi e i miei fiori, frutti di gloria e di ricchezza. Avvicinatevi a meโฆ, e saziatevi dei miei prodottiโฆ Quanti si nutrono di me avranno ancora fame, e quanti bevono di me, avranno ancora sete>>โ (Sir 24,1.17-21). Quindi Giovanni opera, nel capitolo sesto del suo Vangelo, una continua identificazione tra la Parola e il Corpo di Cristo: โIo sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrร in eterno e il pane che io darรฒ รจ la mia carne per la vita del mondoโ (Gv 6,51).
Sempre Giovanni, che non racconta lโistituzione dellโEucarestia nellโultima cena, pone perรฒ nel contesto dellโultimo pasto del Signore il suo piรน lungo discorso, che occupa ben quattro capitoli del Vangelo (Gv 13-17), il cosiddetto โdiscorso di addioโ, nel genere letterario, abbiamo visto, dei colloqui testamentari.
Parola e Segno quindi si rimandano vicendevolmente. Tutta la Messa รจ liturgia della Parola, Parola che ad un certo punto diventa sacramento. E la stessa Scrittura รจ giร sacramento, perchรฉ segno della Parola stessa di Dio. Senza la Parola il sacramento appare muto. Eโ il mistero del โVerbo che si รจ fatto carne ed รจ venuto ad abitare in mezzo a noi, e noi abbiamo visto la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di veritร โ (Gv 1,4).
Buona Misericordia a tutti!
Il commento alle letture della domenica a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito รจ โBuona Bibbia a tuttiโ.