Carlo Miglietta – Commento alle letture di domenica 13 Agosto 2023

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Nella XVIII domenica per annum (sulla quale quest’anno ha prevalso la festa della Trasfigurazione del Signore, il 6 agosto) era prevista la lettura del racconto della moltiplicazione dei pani secondo Matteo (Mt 14,13-21). Secondo il quarto vangelo, dopo la moltiplicazione dei pani, la gente vorrebbe proclamare Gesù Re Messia, ma Gesù si ritira sul monte tutto solo a pregare (Gv 6,14-15).

LA PREGHIERA DI GESU’

Ci stupisce sempre che il Figlio di Dio preghi, che invece di predicare il Regno o fare miracoli per tanti poveri sofferenti, resti ore ed ore in colloquio con il Padre. Ma questo è un grande esempio per noi: solo nell’ascolto obbediente della Parola di Dio letta, meditata, pregata noi possiamo cogliere la volontà di Dio su di noi. Tante volte, nelle difficoltà, pensiamo di cavarcela con mille accorgimenti umani, e non ricorriamo a una preghiera costante, incessante, umile e filiale. Qui parrebbe quasi che di fronte alla tentazione di presentarsi come Messia regale e potente, Gesù nella preghiera confermi la sua vocazione di Messia povero e sofferente, chiamato a prendere su di sé tutto il male del mondo.

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SENZA GESU’, LA CHIESA NON ESISTE

La Chiesa è il luogo dove si annuncia Gesù Morto e Risorto, dove ci si può innamorare di Gesù di Nazaret. È questo lo scopo unico della Chiesa. Tante volte lo dimentichiamo: facciamo della Chiesa una struttura mondana, che deve organizzarsi, avere programmi definiti e coinvolgenti, attirare a sé con iniziative trascinanti. E passiamo tanto tempo a definire programmi pastorali, a pensare a una “nuova evangelizzazione”. E ci dimentichiamo del Protagonista, del Soggetto principale: di Gesù.

La Chiesa nei Vangeli è spesso paragonata a una barca. Ma quando in questa barca non c’è Gesù, prevale la tempesta, la burrasca, il rischio di naufragio. L’unica cosa che conta è chiederci: sono io innamorato di Gesù? È lui al centro della mia vita? Vivo per lui e di lui? Se no la mia vita sarà sempre rischio, incertezza, paura. E questo vale anche a livello ecclesiale: una Chiesa innamorata del suo Signore, in intimità con lui, non teme nulla, e può ben cantare il Salmo 131: “Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia” (Sl 131,2). Occorre allora che facciamo affidamento non tanto su sforzi organizzativi, ma su Gesù che, anche quando rischiamo di affondare, ci viene incontro e ci prende per mano (Mt 14,30-31).

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GESU’ È IL SIGNORE

Gli Ebrei sono un popolo di terraferma. Hanno sempre avuto paura del mare. Non ebbero infatti mai una flotta propria: solo Salomone ne organizzò una, usando però marinai fenici, la cui competenza era celebre in tutto il Mediterraneo. Per 582 volte nell’Antico Testamento si parla di “acque”, in ebraico majim, ma solo per 397 volte si accenna al jam, il “mare”. Lo sterminato Grande Lessico del Nuovo Testamento, di una quindicina di volumi, non ha mai il vocabolo thálassa, “mare”, e si accontenta di hydor, “acqua”.

Per Israele il mare è popolato da mostri impressionanti: Leviatan, “serpente tortuoso, guizzante, drago marino”, simile a un enorme coccodrillo (Is 41); Rahab, altro cetaceo mostruoso, Behemot, simile all’ippopotamo (Gb 40,15-24); la Bestia marina dell’Apocalisse (13,1-2) che sale dall’Abisso per distruggere la terra (17,8). Il mare diventa quindi per gli Ebrei simbolo del male. 

Ma Dio vince il male: “È lui che comanda alle acque del mare e le spande sulla terra” (Am 5,8): “Il Signore degli eserciti solleva il mare e ne fa mugghiare le onde” (Ger 31,35). La potenza divina si dispiega dominando il mare. Emblematico è il passaggio del mar Rosso, salvezza per Israele e distruzione per gli Egiziani: “Al soffio della tua ira si accumularono le acque, si alzarono le onde come un argine, si rappresero gli abissi in fondo al mare. Soffiasti col tuo alito: il mare li coprì, sprofondarono come piombo in acque profonde” (Es 15,8.10). 

Nel Nuovo Testamento, Gesù domina il mare in tempesta: “Furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è costui al quale anche il vento e il mare obbediscono?»” (Mc 4,35-41). Inoltre Gesù cammina sulle acque del mare e anche a Pietro permette di camminare verso di lui sulle acque (Mt 14,22-26; Mc 6,45-52; Lc 8,22-25; Gv 6,16-21). E nella Gerusalemme celeste, ci dice l’Apocalisse, il mare, simbolo del male, scomparirà definitivamente: «Vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più» (Ap 21,1).

Forse questi racconti di Gesù che domina il mare sono racconti post-pasquali inseriti all’interno della vita pubblica di Gesù per mostrare subito che egli è il Vincitore di ogni male, e che quindi il suo: “Non temere!” (Mt 14,27) è sicurezza, pace, gioia per chiunque si mette alla sua sequela.

Carlo Miglietta

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Mt 14, 22-33 | Carlo Miglietta 34 kB 1 downloads

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Il commento alle letture di domenica 13 agosto 2023 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.